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La decisione degli Stati Uniti di aumentare drasticamente i dazi sulle esportazioni indiane ha innescato effetti a catena in un panorama geopolitico sudasiatico già fragile. La mossa del presidente Donald Trump, presentata come una sanzione attraverso un incremento tariffario del 50 per cento, ha spinto Nuova Delhi a rafforzare i legami con Mosca e Pechino, rilanciando almeno superficialmente il vecchio formato Russia-India-Cina (Ric). Eppure, al di là dell’immagine, i tre Paesi faticano a tenere il passo con le dinamiche globali in mutamento, mentre l’equilibrio regionale resta instabile.

Per l’India, la Cina rimane un partner difficile. I rapporti stretti di Pechino con il Pakistan – inclusa la sua responsabilità nel sostenere gli attacchi che hanno portato all’Operazione Sindoor indiana – hanno a lungo limitato le prospettive di distensione. Allo stesso tempo, il rinnovato corteggiamento di Islamabad da parte di Washington complica ulteriormente lo scenario. Trump sembra convinto che il Pakistan disponga di riserve non sfruttate di petrolio e terre rare, mentre i suoi investimenti personali in criptovalute sollevano dubbi sulla qualità delle informazioni che riceve. Seppure esistano depositi limitati di petrolio, la maggior parte delle terre rare si trova in Khyber Pakhtunkhwa, Baluchistan e Waziristan: territori ostili sia alle forze pakistane sia a quelle cinesi, e profondamente resistenti all’influenza americana—con estrazione complessa e costosa.

Mentre la Cina deve affrontare scadenze imminenti per il rimborso dei prestiti concessi al Pakistan, cresce anche l’interesse statunitense nel Paese, costringendo Islamabad a un difficile equilibrio tra i suoi due principali sostenitori. Resta da vedere se la Casa Bianca di Trump sarà disposta a salvare ripetutamente il Pakistan dalla sua trappola del debito.

In questo contesto, i dazi di Trump potrebbero accelerare involontariamente un riavvicinamento tra India e Cina. Resta aperta la domanda se Pechino sceglierà davvero di cogliere l’occasione per abbracciare l’India prima che Washington ricalibri la sua strategia sudasiatica. Tuttavia, questioni esistenziali come la successione del Dalai Lama, un confine terrestre a lungo conteso e la competizione per l’influenza in Asia rendono qualsiasi accordo superficiale e opportunistico, con entrambe le parti intenzionate più che altro a resistere insieme fino alla fine del mandato di Trump o a un cambio di strategia—qualunque arrivi prima.

Sul piano economico, l’India sta approfondendo la cooperazione con la Russia in aperta sfida alle pressioni di Trump. Si tratta di una necessità per l’elettorato indiano, che non tollera alcuna capitolazione verso l’occidente, soprattutto dopo 200 anni di colonizzazione. Se fosse al potere l’opposizione dell’Upa, si sarebbe mossa in modo simile, poiché cedere agli ordini di un leader occidentale significa automaticamente perdere consenso elettorale in India.

Questo mese la Reserve Bank of India ha allentato le regole per i conti di regolamento in rupie, consentendo alle banche estere di aprire Special Rupee Vostro Account senza previa approvazione e permettendo che i saldi in eccesso vengano investiti in titoli di Stato e buoni del Tesoro indiani. Le misure puntano a sostenere l’aumento del commercio in rupie con la Russia. Secondo le stime, il 90 per cento del commercio bilaterale di petrolio è ormai regolato in rupie, percentuale destinata a crescere grazie a un ulteriore sconto del 5 per cento sul greggio russo.

Restano però criticità sul fronte energetico. Le importazioni indiane dalla Russia superano di gran lunga le esportazioni, lasciando i fornitori russi con grandi surplus in rupie difficili da rimpatriare. Alcuni pagamenti sono stati effettuati anche in dirham degli Emirati per attenuare lo squilibrio. Sebbene le nuove regole offrano alle controparti russe un canale per utilizzare le rupie accumulate, sarebbero necessarie riforme più ampie—come sistemi di messaggistica alternativi a Swift e meccanismi bilaterali di cambio—prima che la rupia possa diventare una valuta di regolamento pienamente convertibile. L’affermazione di Trump secondo cui l’India starebbe finanziando la guerra russa in Ucraina non tiene conto di questa realtà: gran parte del denaro resta nei conti indiani, mentre le transazioni cinesi con Mosca sono molto più dirette.

La Cina, infatti, ha creato un sistema di compensazione (“China Track”) con le banche russe, progettato per evitare controlli occidentali e ridurre l’esposizione alle sanzioni secondarie. Secondo l’intelligence ucraina, la rete utilizza agenti di pagamento a Hong Kong, Kirghizistan, Kazakistan ed Emirati per bypassare Swift e le banche occidentali. I dati commerciali confermano l’approfondimento del legame. Merics segnala che il commercio sino-russo ha raggiunto i 245 miliardi di dollari nel 2024, più del doppio rispetto al 2020, con esportazioni di energia e materie prime da un lato e prodotti manifatturieri—dalle auto ai trattori fino all’elettronica—dall’altro. Il saldo è relativamente equilibrato in termini di valore, ma strutturalmente sbilanciato: la Russia esporta energia e greggio, la Cina agisce come fornitore industriale chiave di Mosca.

L’escalation tariffaria di Trump con l’India sembra volta a costringere il presidente Vladimir Putin al tavolo dei negoziati. Ma la strategia rischia di produrre conseguenze inattese. Spingendo l’India verso Russia e Cina, Washington potrebbe indebolire la propria posizione nell’Indo-Pacifico e alienarsi il sud globale. L’India, sentendosi accerchiata, ha riaffermato la propria autonomia strategica e difficilmente vi rinuncerà. Inoltre incoraggerà il sud globale, attraverso i Brics o altri formati, a ridurre la propria dipendenza dall’occidente. Le mosse di Trump hanno accelerato questo processo di almeno cinque anni.

Nuove dinamiche tra Russia, India e Cina dopo i dazi di Trump. Scrive Shenoy

Di Vas Shenoy

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