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Per capire il nuovo approccio a cui punta l’intelligence israeliana bisogna concentrarsi sulla differenza tra segreto e mistero. Una differenza molto sottile, nel cui spazio è però racchiuso un simbolismo profondo. Le parole di Ofer Guterman, ex-ufficiale dell’intelligence militare e oggi esponente dell’Institute for the Research of the Methodology of Intelligence, riportate da Bloomberg lo spiegano molto bene: nel rivelare un segreto (dove si nasconde un certo leader?) Israele è stato eccellente, come dimostrato tra le altre cose dall’eliminazione della leadership di Hezbollah in Libano lo scorso autunno. Ma nello svelare un mistero (cosa sta tramando quel leader?), ha perso la strada.

Il 7 ottobre lo ha reso tragicamente evidente. L’intelligence israeliana era consapevole dell’addestramento specifico che i miliziani di Hamas stavano conducendo, ed era a conoscenza dei piani della dirigenza dell’organizzazione per attaccare base militari e comunità site nei pressi di Gaza; tuttavia, aveva etichettato tutto ciò come “fantasie”, ritenendo piuttosto che Hamas mirasse a mantenere il suo ruolo di governante della Striscia, le donazioni straniere e le occasioni di lavoro ben retribuito date da Israele ad alcuni degli abitanti. Due anni fa, lo svolgersi degli eventi ha dimostrato che le cose non stavano affatto così.

Ma Tel Aviv non sembra intenzionato a ripetere gli stessi errori, e proprio per questo sono state adottate una serie di iniziative atte a trasformare l’intelligence israeliana del futuro. Ad esempio riportando al centro lo studio della lingua araba, tramite la riattivazione di un programma scolastico (sospeso sei anni fa) che incentiva gli studenti israeliani delle superiori a studiare sia l’arabo classico che i dialetti locali, dallo yemenita all’iracheno e al gazawi, ma anche fornendo un’educazione basilare a tutti gli esponenti delle Israeli Defense Forces.

Un altro netto cambio di rotta sta nel tornare a privilegiare l’intelligence umana rispetto alla tecnologia, la cui “passività” è stata in qualche corresponsabile del 7 ottobre. Israele mira a piantare agenti sotto copertura, potenziate le unità di interrogatorio e rafforzata la presenza di soldati in carne ed ossa lungo i confini, anziché affidarsi soprattutto a sensori e barriere automatizzate. Parallelamente, viene rafforzata un’unità interna da sempre marginale ma ora considerata cruciale: quella incaricata di sfidare le analisi dominanti e promuovere il pensiero laterale e non convenzionale. Il suo nome, Ipcha Mistabra, deriva da un’espressione aramaica del Talmud e significa “anche il contrario può essere ragionevole”.

Che nessun sistema di intelligence sia infallibile è una lezione che gli israeliani hanno imparato a loro spese nel 1973. Ma in quell’occasione, Israele ha dimostrato anche di saper imparare dai propri errori. Come, almeno apparentemente, sta facendo anche adesso.

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