Skip to main content

Le tensioni internazionali, con la crescente competizione tra le grandi potenze, hanno messo in crisi il sistema che dal 1947 garantisce la regolamentazione degli scambi commerciali, l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc o Wto). Rappresentativa della crisi del multilateralismo è la marginalizzazione di questa istituzione, da tempo criticata per scarsa efficienza (procedure laboriose e lunghe) ed efficacia (attuazione delle decisioni), in riferimento al blocco del suo sistema di risoluzione delle controversie che ne impedisce l’operatività.  

Per reazione, emergono atteggiamenti e iniziative unilaterali o bilaterali tra i Paesi sulle rispettive dispute commerciali che sfruttano la minaccia di ricorrere all’Omc se non si arriva a compromessi diplomatici. L’Omc diventa quindi un’arma da non utilizzare. Ma la questione sostanziale è che l’istituzione soffre per il malfunzionamento dei suoi meccanismi. Si è dunque avviato tra i Paesi membri un ampio quanto lento (forse stanco?) dibattito circa la necessità di una riforma dell’Omc, del suo ruolo e dell’urgenza di una revisione dell’attuale sistema di risoluzione delle controversie. Ma questo è bloccato da alcuni anni dagli Stati Uniti per non aver nominato un giudice, il che non consente il ricorso al giudizio di appello dell’organismo. 

Il 5 novembre l’ambasciatore norvegese Olberg, in qualità di Facilitatore Omc della “comprehensive review” lanciata nel 2022, ha illustrato lo stato dettagliato delle consultazioni che riflette l’attuale valutazione delle delegazioni – in varie configurazioni – sulla riforma dell’istituzione, in preparazione della prossima Conferenza Ministeriale. 

Se si confermano le dichiarazioni sull’impegno a modernizzare preservando alcuni strumenti multilaterali, rimangono tuttavia divergenze di fondo tra i Paesi, e di non poco conto, come la chiarezza degli obiettivi (“reform – to what end?”) e delle interpretazioni. In sostanza, le aree considerate prioritarie riguardano il processo decisionale (rule making, fair competition, state subsidies alle imprese – leggasi Cina – e relativa implementazione) e lo sviluppo (trattamenti preferenziali). Da notare che si è sottolineato che un “trust deficit” deriva da questioni istituzionali e non dalle procedure. Sono emerse anche idee controverse sull’utilizzo del voto (utilizzato una sola volta e considerato un errore) nei casi in cui una “consensus based decision” sia bloccata. 

In pratica, una volta giunti ad un accordo sulla riforma, le nuove misure andrebbero a modificare gli Accordi Omc esistenti, comportando effetti settoriali significativi. Ma anche se alcune differenze vengono ridotte, piccoli progressi rischiano di non incidere sull’obiettivo di una riforma del sistema attuale, e di perdere la fiducia sulla capacità di azione dei membri, la cui attenzione sul tema Commercio non è più a Ginevra. I pragmatici e strutturati lavori tecnici preparatori gestiti da Olberg riusciranno a superare quel diffuso senso di disillusione che aleggia quando si affronta l’argomento della riforma dell’Omc? 

Il Rapporto Olberg riuscirà a sbloccare la crisi dell’Omc? La riflessione di Braghini

Di Fabrizio Braghini

La crisi del sistema multilaterale del commercio riflette la crescente competizione tra le grandi potenze e il progressivo indebolimento dell’Organizzazione mondiale del commercio. Il blocco del meccanismo di risoluzione delle controversie e le divergenze tra i Paesi membri ostacolano il processo di riforma avviato nel 2022. La revisione dell’Omc sarà il banco di prova della capacità delle istituzioni globali di adattarsi a un ordine economico in trasformazione. L’analisi di Fabrizio Braghini

Scudi sovrani e alleanze operative. La difesa di Canberra dalla minaccia ibrida permanente

Di fronte alle minacce ibride e cognitive, Canberra ha adottato un modello di difesa multi dominio fondato su tecnologie e infrastrutture sovrane, integrate con quelle dei Paesi partner. Un approccio organico, che unisce sinergie civile-militari e cooperazione pubblico-privato, pensato per aumentare resilienza, interoperabilità e deterrenza

Perché l'acciaio è il nuovo simbolo del fallimento industriale cinese

La lezione del mattone è servita a poco. Pechino non è stata in grado di capire, o forse non ha voluto, che la siderurgia nazionale produceva più di quello che il mercato riusciva ad assorbire. E alla fine è successo quello che è successo. Ecco cosa dice l’International institute for strategic studies

Cosa aspettarsi dalla Siria di al Sharaa dopo il test-Trump. Conversazione con Carenzi

La visita di Ahmed al-Sharaa alla Casa Bianca segna il ritorno di Damasco sulla scena internazionale dopo decenni di isolamento. Silvia Carenzi (Ispi) sottolinea che il riavvicinamento offre un’occasione per ridefinire la posizione siriana e per testare un nuovo equilibrio tra politica interna, riconciliazione e diplomazia regionale

Un incontro in Ucraina per superare il blocco ungherese. Ecco il piano di Kyiv (e dell'Ue)

L’Ucraina prova a rilanciare il proprio percorso verso l’Unione europea ospitando a Lviv un incontro informale dei ministri per gli Affari europei dell’Ue. Il vertice mira a superare lo stallo creato dal veto ungherese e a mostrare continuità politica nei confronti delle riforme avviate da Kyiv

Perché in India torna il jihadismo. Cosa nasconde l'attacco a Nuova Delhi

Un attentato vicino al Red Fort di Delhi riporta la minaccia terroristica nel cuore dell’India. Le indagini rivelano una rete di radicali “colletti bianchi” collegata a gruppi jihadisti internazionali, segno di un terrorismo sempre più sofisticato e interstatale. Ma per Nuova Delhi ci sono anche questioni legate alle attività ibride, all’interno dei propri confini, organizzate dai rivali strategici

Bruxelles prepara la sua intelligence house. Nasce il servizio della Commissione

Dietro le quinte della Commissione von der Leyen nasce un centro riservato per coordinare le informazioni sensibili. Tra ambizioni geopolitiche, rivalità interne e necessità di unirsi

La nuova intesa di Avio che rafforza il legame tra Roma e Washington

Con due accordi con Lockheed Martin e Raytheon, Avio rafforza la sua posizione nel mercato statunitense della difesa con un nuovo impianto per motori a propellente solido. L’operazione consolida la posizione dell’azienda italiana nella filiera globale della propulsione e rafforza il legame industriale tra Europa e Stati Uniti, in un momento in cui la sicurezza e la sovranità tecnologica tornano al centro delle strategie transatlantiche

Russia a secco. Perché nessuno vuole più il petrolio di Mosca

Continua, inesorabile, la caduta libera delle entrate fiscali derivanti dalla vendita di greggio e gas ai Paesi amici. La Cina ormai compra solo una manciata di barili, mentre le raffinerie indiane si rivolgono a Stati Uniti ed Emirati. Per il Cremlino sono guai grossi

L'altro Venezuela. Quella base militare in Nicaragua finanziata con i soldi del Cremlino

Dalle operazioni americane contro i cartelli al ponte aereo russo verso il Venezuela, il quadro regionale è in rapida evoluzione. Ma Mosca non guarda solo a Caracas. L’inchiesta su una base militare finanziata integralmente dalla Russia in Nicaragua conferma che Mosca sta rafforzando i suoi avamposti nel continente

×

Iscriviti alla newsletter