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No, qualcosa non funziona davvero in Cina. Strano, nel momento in cui il lìder màximo del Dragone, Xi Jinping, continua imperterrito a sfidare l’Occidente. E su diversi fronti: terre rare, manifattura, rinnovabili e l’immancabile debito altamente tossico. Però la Cina non carbura, non come dovrebbe almeno. I consumi sono quasi fermi, il Pil del 2025 difficilmente andrà oltre il 4% e il mattone continua a dare problemi. Allora la domanda è: la politica fin qui messa a terra da Xi Jinping ha funzionato o no? Una risposta c’è.

Negli ultimi mesi Pechino ha assistito a un costante ma verticale calo degli investimenti diminuiti del 6,2% su base annua nel terzo trimestre, il crollo più marcato dall’inizio del 2020, secondo i dati di Bank of America. Un rallentamento che solleva preoccupazioni sull’effettivo stato di salute della interna in un’economia da tempo alimentata dalla sola spesa in capitale, quella cioè destinata agli investimenti e diversa dalla spesa corrente. Insomma, se la Cina punta sugli investimenti, perché il mercato interno non risponde come dovrebbe?

Non è tutto. Sempre secondo Bank of America, la spesa legata alle fabbriche si è contratta dell’1,2% su base annua nel terzo trimestre 2025, un’inversione drastica rispetto all’aumento del 7,5% nella prima metà del 2025 e alla crescita del 9,2% nel 2024. Una drammatica caduta che ha potenziali implicazioni per la crescita cinese. “Parlando con molte aziende cinesi, c’è stata molta cautela sul versante degli investimenti”, ha spiegato Lynn Song, capo economista cinese di Ing.

I dati del governo pubblicati questo mese hanno mostrato che gli investimenti in asset fisso cinesi, cosiddetti immobilizzati, sono diminuiti dell’1,7% a ottobre, dopo un calo dello 0,5% registrato a settembre. E anche altre aree dell’economia stanno vacillando. Le esportazioni cinesi, per esempio, dopo mesi di calo negli Stati Uniti complice la guerra commerciale, a ottobre hanno mostrato un improvviso calo complessivo dei termini in dollari guidato da un rallentamento delle spedizioni verso mercati non statunitensi. Non è un dettaglio, vuol dire che anche senza il muro degli Stati Uniti, qualcosa nell’export cinese si è inceppato. Gli economisti sono abbastanza concordi, i prossimi anni saranno impegnativi per la Cina. Resta da capire se Xi Jinping vorrà continuare a fare la voce grossa con l’Occidente, nonostante tutto.

Uno scenario più che probabile: quando si è deboli in patria, si vuole apparire invincibili all’esterno. Nei primi dieci mesi di quest’anno gli investimenti diretti cinesi finanziari e non finanziari all’estero hanno raggiunto quota 1033,23 miliardi di yuan, con un aumento del 7% su base annua. Nel dettaglio, gli investitori cinesi hanno effettuato investimenti diretti non finanziari in 9.553 imprese estere, distribuite in 152 Paesi e regioni del mondo, per un valore cumulativo di 872,6 miliardi di yuan, segnando una crescita del 6%. Un caso?

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