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Le leggi devono guidare i processi migratori, non la foga di denaro dei trafficanti di uomini. Questa la sostanza del ragionamento che, da mesi, Giorgia Meloni ha portato all’attenzione dei soggetti europei in tema di lotta all’immigrazione clandestina. Lo ha fatto sin dal suo primo consiglio Ue, quando era salita da pochissmo a Palazzo Chigi.

Nel corso di questi tre anni la percezione comune europea sul tema in questione è mutata, anche grazie all’apporto italiano che progressivamente ha stimolato gli altri stati membri ad impegnarsi fattivamente per non far gravare l’accoglienza sui Paesi di primo sbarco, anche al fine di garantire un ventaglio di sicurezza e di lotta al terrorismo che investa tutta l’Europa. Gli esempi dei viaggi “strutturati” in Tunisia ed Egitto, ad esempio, lo dimostrano quando Meloni, von der Leyen e Rutte si presentarono a quelle latitudini a none dellEuropa con un’unica voce.

Oggi a Roma nella sede del governo si è svolta un’altra fase di quella progettazione: le delegazioni di 27 Stati membri del Consiglio d’Europa hanno partecipato a Palazzo Chigi ad una riunione a livello alti funzionari annunciata dal Presidente del Consiglio a margine dello scorso Consiglio Europeo. Come spiegano fonti italiane, si tratta di uno dei seguiti operativi dell’iniziativa a guida italo-danese, avviata con la lettera di nove Leader europei dello scorso 22 maggio, che intende promuovere un dibattito sulla capacità delle Convenzioni internazionali, e in particolare della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, di affrontare efficacemente le sfide della sicurezza e della moderna migrazione irregolare. La riunione, trapela, è servita a preparare la sessione del Comitato dei ministri di Strasburgo del prossimo 10 dicembre, che dovrebbe avviare, come preannunciato dallo stesso Segretario Generale Berset, il percorso verso una dichiarazione politica in ambito Consiglio d’Europa da adottare nel corso del prossimo anno.

Per cui appare evidente che l’Europa sta rafforzando il suo approccio rigido all’immigrazione, così come tra i singoli Paesi sta facendo la Germania: non a caso il cancelliere federale Friedrich Merz sta aumentando la propria retorica sul tema con due elementi messi in risalto. In primis ha detto che gli europei temono gli “spazi pubblici” a causa dell’immigrazione legata alla criminalità; in secondo luogo chiede che i rifugiati siriani su suolo tedesco tornino a casa dal momento che nel Paese sta tornando la normalità istituzionale. Per questa ragione Merz ha invitato il presidente siriano al-Sharaa a Berlino per una serie di colloqui, tra cui la ripresa economica della Siria e il ritorno dei rifugiati siriani nel loro paese d’origine. In questo senso si pone la comunicazione che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rivolto agli Stati membri chiedendo di accelerare i rimpatri e gli accordi bilaterali. Una sorta di richiamo prima dell’entrata in vigore del Patto su migrazione e asilo.

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Oggi a Roma le delegazioni di 27 Stati membri del Consiglio d’Europa hanno partecipato ad una riunione a livello di alti funzionari annunciata da Meloni a margine dello scorso Consiglio Europeo. Obiettivo, affrontare efficacemente le sfide della sicurezza e della moderna migrazione irregolare. Intanto la Germania chiede un giro di vite sui siriani

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