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Tre studiosi cinesi dell’Università del Michigan sono stati incriminati negli Stati Uniti con l’accusa di aver cospirato per introdurre illegalmente materiali biologici nel Paese sotto la copertura di attività di ricerca. Questo è solamente uno dei molti casi che mettono in discussione la permeabilità del sistema accademico occidentale alle ingerenze di attori stranieri, in particolare della Repubblica Popolare Cinese.

Chi, come, cosa e quando?

La vicenda, resa pubblica dal United States Attorney’s Office per il distretto orientale del Michigan, riguarda Xu Bai (28 anni), Fengfan Zhang (27) e Zhiyong Zhang (30), tutti titolari di visti J-1 e ricercatori nel laboratorio di Xianzhong “Shawn” Xu. Secondo il capo d’accusa, i tre avrebbero ricevuto, tra il 2024 e il 2025, diverse spedizioni di materiali biologici occultati provenienti dalla Cina e destinati al laboratorio di Ann Arbor.

Il mittente, Chengxuan Han, dottoranda presso la Huazhong University of Science and Technology di Wuhan, aveva già ammesso di aver spedito campioni legati a studi su nematodi e, dopo un patteggiamento per tre capi d’imputazione di contrabbando e uno di falsa dichiarazione, era stata rimpatriata.

Successivamente al suo arresto, l’ateneo aveva aperto un’indagine interna sul laboratorio di Xu. I tre studiosi si erano rifiutati di collaborare, per poi essere licenziati.

Da lì, il tentativo di lasciare il Paese: biglietti da Detroit per il 20 ottobre 2025, poi un cambio di rotta e un nuovo volo da New York nella notte tra il 15 e il 16 ottobre. All’aeroporto Jfk, durante i controlli doganali, Zhang avrebbe fornito false dichiarazioni agli agenti federali.

Come ricordato dal procuratore generale, Pamela Bondi, introdurre materiali biologici sotto la copertura della ricerca universitaria è un crimine e una minaccia alla sicurezza nazionale e agricola, ha dichiarato il procuratore generale, sottolineando come il caso si inserisca in un pattern di attività illecite da parte di cittadini cinesi collegati ad atenei statunitensi.

I materiali biologici in questione erano, nel caso specifico, vermi da ricerca. Innocui, ma parte di un ecosistema scientifico che include tecniche di ingegneria genetica e dati potenzialmente sensibili, elementi di biotecnologia che si muovono sul crinale tra medicina e difesa. Oltre che parte di un incremento delle operazioni di intelligence economica e scientifica provenienti dalla Cina.

Il precedente

Nel giugno 2025, il Dipartimento di Giustizia aveva incriminato due ricercatori cinesi, Yunqing Jian e Zunyong Liu, per aver cercato di introdurre negli Stati Uniti campioni del fungo Fusarium graminearum, considerato potenzialmente utilizzabile come arma di agro-terrorismo. Anche questa volta, la copertura utilizzata era stata quella della collaborazione accademica con la University of Michigan.

Il crescente uso della rete universitaria e dei programmi di scambio come canale di accesso a risorse sensibili, biologiche o tecnologiche – dunque di spionaggio o di pre posizionamento – evidenzia come la ricerca internazionale sia divenuta a tutti gli effetti un teatro di competizione geopolitica sempre più aggressivo.

L’equilibrio tra apertura e chiusura 

Ogni volta che un nuovo caso emerge, dalle tecniche di Humint allo spionaggio scientifico su biotecnologie o competenza Stem, torna all’interno delle agende politiche e mediatiche un tema che dovrebbe, in realtà, ricevere attenzione primaria: come preservare l’apertura dei sistemi accademici e di ricerca occidentali di fronte alle infiltrazioni strategiche degli attori ostili? Come preservare la collaborazione di ricerca di fronte alla competizione, lo spionaggio e, guardando oltre, l’utilizzo di questa come terreno di sabotaggio? Ancora, di fronte alla complessità delle minacce ibride, l’occhio, l’orecchio ed il pensiero devono volgere alla difesa dell’ordinario. Nessuna attività, dalla ricerca accademica alla coltivazione agricola, dalle infrastrutture digitali a quelle idriche, è oggi estranea alla competizione globale.

Difendere l’ordinario. Il caso dei tre ricercatori cinesi dell’Università del Michigan

Tre ricercatori cinesi dell’Università del Michigan sono accusati di aver introdotto illegalmente materiali biologici negli Stati Uniti sotto copertura accademica. Occorre ripensare alla vulnerabilità dei sistemi universitari occidentali di fronte alle ingerenze straniere, al difficile equilibrio tra apertura scientifica e sicurezza nazionale

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