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“L’era del Dipartimento della Difesa è finita. Benvenuti al Dipartimento della Guerra”, ha esordito Hegseth davanti a un’aula che, come ha poi scherzato Trump, era “il pubblico più silenzioso che abbia mai avuto”. Il Segretario non ha usato mezzi termini nell’accusare i presenti: “Per troppo tempo, abbiamo promosso troppi leader in uniforme per le ragioni sbagliate, basandoci sulla loro razza, su quote di genere, su cosiddetti primi storici”.

La brutalità del linguaggio ha raggiunto livelli inusuali per un discorso istituzionale: “Francamente, è stancante guardare le formazioni da combattimento, o qualsiasi formazione, e vedere soldati grassi. Allo stesso modo, è completamente inaccettabile vedere generali e ammiragli grassi nei corridoi del Pentagono”. E ancora: “Abbiamo finito con queste stronzate” (riferendosi alle politiche DEI e ai programmi sulla diversità).

I punti chiave della riforma

Hegseth ha annunciato dieci direttive immediate che entreranno in vigore in tutte le forze armate. Standard fisici uniformi: “Quando si tratta di unità da combattimento, l’era della leadership politicamente corretta, eccessivamente sensibile e attenta a non ferire i sentimenti di nessuno finisce proprio ora. A tutti i livelli: o puoi soddisfare lo standard, o puoi fare il lavoro, o sei disciplinato, in forma e addestrato, oppure sei fuori”. Test fisici obbligatori: due volte l’anno per ogni grado, dal soldato semplice al generale quattro stelle. Addestramento fisico quotidiano: allenamento obbligatorio ogni giorno di servizio, “e non stiamo parlando di yoga e stretching, vero allenamento duro”. Standard di grooming: “Niente più barbuti. L’era dei profili di rasatura ridicoli e rampanti è finita. Se vuoi una barba, non puoi unirti alle Forze Speciali. Se no, allora rasati”. Promozioni basate sul merito: “Fuori con i Chiarelli, i McKenzie e i Milley, dentro con gli Stockdale, gli Schwarzkopf e i Patton”.

Il contesto geopolitico

Hegseth ha inquadrato queste riforme dichiarando: “Questo è un momento di urgenza, urgenza crescente. I nemici si raccolgono. Le minacce crescono”. Il riferimento implicito è chiaro: l’esercito russo, impegnato da quasi quattro anni in Ucraina, ha accumulato un’esperienza operativa continua che pochi altri eserciti possono vantare. La recente parata militare cinese a Pechino ha mostrato disciplina e forza morale delle forze armate di Pechino che non possono essere ignorate.

La spaccatura con i vertici militari

I leader militari hanno espresso serie preoccupazioni sulla nuova strategia, esponendo una divisione ormai evidente tra la leadership politica e quella in uniforme del Pentagono. Per diversi alti ufficiali, l’approccio di Trump è “miope e potenzialmente irrilevante, dato il criterio altamente personale e talvolta contraddittorio del presidente sulla politica estera”.

Le critiche principali riguardano tre aspetti. In primis il focus strategico errato: mentre Hegseth enfatizza le “minacce interne” e la sicurezza del suolo americano (“basta costose guerre straniere”), i vertici militari sono preoccupati soprattutto dall’espansione della Cina, oltre a un ridimensionamento del ruolo degli Usa in Europa e Africa. Successivamente i timori organizzativi: i vertici militari temono licenziamenti di massa al Pentagono o una drastica riorganizzazione della struttura di comando e delle gerarchie militari. Infine, il malcontento preventivo: i:l Washington Post aveva già raccolto le lamentele dei vertici militari prima ancora che andasse in scena l’insolita mega riunione a Quantico.

Un messaggio senza filtri

Hegseth non ha lasciato spazio a interpretazioni: “Se le parole che sto pronunciando oggi vi facessero sprofondare il cuore, allora dovreste fare la cosa onorevole e rassegnare le dimissioni. Vi ringrazieremmo per il servizio”. Poi ha aggiunto: “Ma sospetto, anzi so, che la stragrande maggioranza di voi prova il contrario. Queste parole riempiono i vostri cuori. Siete qui liberati per essere leader costituzionali apolitici, aggressivi e senza fronzoli”.

Il Segretario ha anche affrontato direttamente i licenziamenti già effettuati: “È quasi impossibile cambiare una cultura con le stesse persone che hanno contribuito a creare quella cultura. Un’intera generazione di generali e ammiragli è stata costretta a pappagallare la folle fallacia che ‘la nostra diversità è la nostra forza’. Naturalmente, sappiamo che la nostra unità è la nostra forza”.

La dottrina della guerra totale

La filosofia espressa da Hegseth è chiara: “Siamo guerrieri. Siamo stati costruiti per non avere bel tempo, cieli azzurri o mari calmi. Siamo stati costruiti per caricarci sul retro di elicotteri, camion da cinque tonnellate o gommoni nel cuore della notte, con qualsiasi tempo, per andare in luoghi pericolosi a trovare coloro che vorrebbero fare del male alla nostra nazione e consegnare giustizia per conto del popolo americano in combattimenti ravvicinati e brutali, se necessario”.

Sul piano operativo: “Niente più regole di ingaggio politicamente corrette e opprimenti. Slegheremo le mani dei nostri combattenti per intimidire, demoralizzare, cacciare e uccidere i nemici del nostro paese”.

Il contesto dell’incontro

La partecipazione di Trump non faceva parte del piano originale dell’incontro, ma il presidente ha deciso che voleva andare. Quando i giornalisti gli avevano chiesto dell’evento giorni prima, Trump aveva risposto: “Sarò lì se lo vorranno, ma perché è una cosa così importante?”.

Il Presidente ha poi parlato di deterrenza nucleare: “Se si arriva al punto di usarle [le armi nucleari], noi ne abbiamo più di chiunque altro, migliori, più nuove, ma è qualcosa a cui non voglio neanche pensare”. E ha aggiunto riferendosi alla Russia: “Siamo stati minacciati un pochino dalla Russia recentemente e io ho inviato un sottomarino nucleare, l’arma più letale che sia mai stata fatta”.

Reazioni politiche contrastanti

Non tutti nel Partito Repubblicano hanno accolto con favore il cambio di denominazione. L’ex leader repubblicano del Senato Mitch McConnell, che attualmente presiede la Sottocommissione per gli Stanziamenti della Difesa, ha espresso scetticismo sulla decisione di rinominare il Dipartimento della Difesa in Dipartimento della Guerra, sostenendo che il Pentagono ha bisogno di “investimenti, non solo di rebranding”. McConnell ha scritto: “Se lo chiamiamo Dipartimento della Guerra, è meglio che equipaggiamo i militari per prevenire e vincere effettivamente le guerre. Non possiamo preservare il primato americano se non siamo disposti a spendere sostanzialmente di più per i nostri militari”.

Tra retorica e realtà

L’evento di Quantico non è stato certamente il solito “Gran Rapporto”, ma piuttosto un momento di rottura dove la leadership politica ha imposto una visione che molti leader militari professionisti considerano strategicamente problematica. La retorica aggressiva, le critiche dirette a “decenni di decadenza” sotto la guida dei generali presenti in sala, e l’enfasi su minacce interne mentre Cina e Russia si rafforzano, hanno creato un clima di tensione palpabile.

Come ha concluso Hegseth: “Muovetevi e attirate il fuoco, perché noi siamo il Dipartimento della Guerra”. Resta da vedere se questa trasformazione porterà alla rinascita dello “spirito guerriero” auspicata da Hegseth e Trump, o se le preoccupazioni dei vertici militari su priorità strategiche mal calibrate si riveleranno fondate. In un mondo dove l’esperienza operativa dell’esercito russo in Ucraina e la crescente assertività militare cinese definiscono il panorama delle minacce, la posta in gioco non potrebbe essere più alta.

Retorica da guerra e tensioni con i vertici militari. Il "Gran Rapporto" di Hegseth letto da Caruso

Di Ivan Caruso

Martedì 30 settembre 2025, alla Marine Corps Base di Quantico, Virginia, si è tenuto uno degli incontri più tesi per le Forze Armate statunitensi degli ultimi decenni. Il Segretario alla Guerra Pete Hegseth ha riunito centinaia di generali e ammiragli da tutto il mondo per delineare la trasformazione che attende il nuovo Dipartimento della Guerra, in un discorso dalla retorica durissima che ha esposto profonde divisioni tra leadership politica e militare. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi

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