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Si acuisce sempre di più la crisi politica tunisina, che di conseguenza colpisce anche la già disastrata economia, alla luce dell’ultima decisione del presidente Kais Saied di scogliere definitivamente il Parlamento, da lui stesso sospeso il 25 luglio scorso. In quella data infatti, con la rimozione del premier, Hicham Mechichi, e la sospensione del Parlamento guidato dal principale rivale politico del presidente, il leader di Ennahda, Rached Ghannouchi, ha iniziato l’ultima fase della crisi tunisina.

Questa mossa è l’ultima di una serie di iniziative intraprese a partire dalla scorsa estate e giudicate, da molti politici locali e osservatori internazionali, pericolose per il futuro del Paese, unico uscito dalla cosiddetta primavera araba con una certa tenuta democratica.

Non è un caso che la prima reazione internazionale è arrivata dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite che hanno espresso la loro preoccupazione per la decisione di sciogliere il parlamento, mentre Ennahda e altre forze politiche locali hanno denunciato il provvedimento parlando di una violazione della costituzione, tra le crescenti richieste di elezioni anticipate.

Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price, ha affermato che il suo Paese è profondamente preoccupato per la decisione del presidente tunisino. Price ha aggiunto che Washington ha ripetutamente detto alle autorità tunisine che qualsiasi riforma deve essere trasparente e in consultazione con tutte le forze politiche.

Da New York anche Farhan Haq, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, ha espresso la preoccupazione dell’organizzazione per la decisione del presidente tunisino di sciogliere il Parlamento, invitando tutte le parti ad astenersi da qualsiasi azione che porti a maggiori tensioni politiche.

Per tutta risposta Saied ha condannato l’iniziativa autonoma dei deputati di riunirsi in una seduta in videoconferenza per decidere di annullare le misure eccezionali adottate dal presidente lo scorso 25 luglio. Per Saied la riunione on-line tenuta dai deputati ha rappresentato un tentativo fallito di colpo di stato e una cospirazione contro la sicurezza oltre che un disperato tentativo di minare l’unità nazionale.

Mercoledì sera 30 marzo, subito dopo la riunione dei deputati in videoconferenza, il presidente tunisino ha annunciato lo scioglimento del Parlamento, congelato da oltre 8 mesi, in base all’articolo 72 della costituzione, e ha accusato i deputati riunitisi per annullare le misure eccezionali di cospirazione contro lo Stato.

L’articolo 72 della Costituzione prevede lo svolgimento delle elezioni legislative entro un periodo da 45 a 90 giorni dalla data di entrata in vigore della decisione di scioglimento dell’istituzione legislativa, che è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

La decisione di Saied di sciogliere il Parlamento è arrivata quindi dopo una riunione dei parlamentari in videoconferenza, nella quale hanno votato 116 dei 217 deputati a favore dell’annullamento dei decreti presidenziali eccezionali che conferiscono al presidente poteri quasi assoluti. Nel frattempo, il presidente del Parlamento tunisino, Rashid Ghannouchi, ha annunciato il suo rifiuto di sciogliere l’istituzione legislativa e ha denunciato il fatto che, nel frattempo, decine di deputati erano stati convocati dalla polizia per essere sottoposti ad un interrogatorio da parte delle autorità.

In un’intervista all’emittente televisiva Al-Jazeera, Ghannouchi ha affermato che la decisione di sciogliere il Parlamento rappresenta una minaccia per la Tunisia e la sua sicurezza, e ha promesso che il movimento Ennahda – di cui è a capo – reagirà a questa decisione con mezzi popolari e legali, chiedendo un dialogo che includa tutte le parti.

La squadra antiterrorismo della sicurezza tunisina aveva infatti convocato più di 30 deputati che hanno partecipato alla sessione del parlamento in modalità virtuale di mercoledì.

Ennahda ha inoltre annunciato, dopo una riunione d’urgenza del suo ufficio politico, di non accettare la decisione di sciogliere l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo e ha ritenuto che questo passaggio rappresenti un ulteriore smantellamento dello stato e delle sue istituzioni e una nuova violazione della costituzione. Anche l’ex presidente tunisino, Moncef Marzouki, ha invitato il Parlamento a ignorare la decisione di scioglimento e a cercare di raggiungere il quorum per isolare il presidente Saied. Analoga posizione è stata adottata dal partito Corrente Democratica tunisina.

Questo nuovo passo della crisi politica non fa che acuire la già grave crisi economica che affligge da anni il Paese. Quando il presidente tunisino ha annunciato lo scioglimento del parlamento, la Tunisia era alla ricerca di soluzioni alla sua crisi politica per convincere i suoi partner finanziari e le istituzioni internazionali a continuare a sostenere l’economia, che ha bisogno di finanziamenti esterni per almeno 12 miliardi di dinari (circa 4 miliardi di dollari) in modo da garantire i beni di prima necessità delle importazioni e il pagamento degli stipendi.

Secondo molti osservatori locali, questo passo estenderà le difficoltà economiche e sociali del Paese alla luce delle difficoltà di vita e dal calo del potere d’acquisto e della valuta locale.

La decisione di sciogliere il Parlamento è arrivata poche ore dopo che il ministro delle Finanze, Siham Namsieh, ha annunciato che c’erano indicazioni positive sull’accordo di prestito con il Fondo monetario internazionale. Era arrivato anche l’annuncio da parte dell’Unione Europea dell’intenzione di destinare 4 miliardi di euro in investimenti in Tunisia. La stabilità politica delle istituzioni di governance e il consenso interno sono tra le condizioni fondamentali per i finanziatori esterni, poiché il Fondo monetario internazionale chiede un programma di riforma che goda di un ampio consenso interno.

Anche i partner finanziari della Tunisia, in particolare l’Unione europea, sottolineano l’importanza del ritorno al governo di istituzioni legittime, mentre le rivalità politiche tra il presidente Saied e Ghannouchi hanno aggravato la crisi nelle sue varie forme.

L’ambasciatore dell’Unione europea in Tunisia, Marcos Cornaro, ha affermato che l’Ue continuerà a sostenere la Tunisia, ma chiede il ritorno delle istituzioni legittime, dichiarando la disponibilità dei Paesi europei a fornire 4 miliardi di euro (circa 4,5 miliardi di dollari ) nel finanziamento alla Tunisia, firmando un accordo con Tunisia e Fondo monetario internazionale, tra il 2022 e il 2027.

Il rapporto della banca d’affari Morgan Stanley ha messo in guardia sull’incapacità della Tunisia di adempiere ai propri obblighi nei confronti dei creditori, avvertendo che la Tunisia si avvia al default sui suoi debiti, se l’attuale deterioramento delle finanze pubbliche dello Stato continua. Ritiene che ciò possa accadere l’anno prossimo a meno che il paese non raggiunga rapidamente un programma con l’Fmi e non avvii profondi tagli alla spesa. Ciò arriva dopo un avvertimento simile lanciato dall’agenzia di rating del credito, Fitch, che ha declassato il rating del debito sovrano tunisino a (CCC) da (B-).

La Tunisia verso una crisi senza fine

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