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“Essere una democrazia dovrebbe essere premiato”, dice Oleksandr Merezhko, presidente della commissione Esteri del Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, in questa intervista esclusiva. Si avvicina il 24 agosto, giorno in cui nel 1991 l’Ucraina ratificò la sua indipendenza dall’Unione Sovietica ed esattamente sei mesi dall’invasione russa a febbraio di quest’anno. Una data quindi doppiamente simbolica con la quale crescono i timori per un “gesto malvagio” e altrettanto simbolico da parte di un Vladimir Putin intento di vendicarsi degli sviluppi recenti in Crimea.

Inizia così Merezhko per descrivere il clima che da sei mesi vive di giorno in giorno la popolazione ucraina: “Eroi innanzitutto le persone che continuano a tenere vivo il Paese, come le donne che nonostante il pericolo mantengono aperti i negozi o i ristoranti a Kyiv. Questa notte abbiamo avuto solo un allarme antiaereo a Kyiv. Molto peggio la situazione a Kharkiv, la seconda città ed una delle capitali storici del Paese. Ieri notte l’ennesimo crimine di guerra con l’attacco indiscriminato ad un dormitorio per non-udenti. Sette morti il triste bilancio. È questa la nostra “nuova normalità”.

Presidente, torniamo ai crescenti timori per la data del 24 agosto. Impossibile non pensare alle ultime notizie sull’impianto nucleare di Zaporizhzhia.

È così. Conosciamo bene la Russia di Putin, e sappiamo quanto tenga ai simboli. Mi ricorderò sempre il 24 agosto del 2014, quando proprio durante i nostri festeggiamenti la Russia iniziò uno degli attacchi più feroci, portando a quanto era allora la “giornata più sanguinosa” a Ilovaisk. Ci sono una serie di ragioni che fanno pensare che ci dobbiamo di nuovo preparare al peggio, a partire dal fatto che da alcuni giorni i media russi accusano l’Ucraina di voler eseguire delle operazioni di false flag all’impianto. Anche la più recente storia ci insegna che quando Mosca lancia tali accuse, di solito sono un ammonimento chiaro su quali siano i suoi intenti provocatori. In più, oltre al simbolismo e la sete di vendetta per quanto sta accadendo in Crimea, Putin utilizza lo spettro del disastro nucleare come un modo di ricatto nei confronti dell’Europa, “guardate che anche senza lanciare una bomba, posso colpirvi.” Qui molti temono quanto possa accadere a Zaporizhzhia nei prossimi giorni, ma personalmente temo anche la possibilità di un attacco a dei luoghi simbolici dell’Ucraina. Luoghi decisionali proprio come il nostro Parlamento.

In questi giorni fa clamore in Italia, in piena campagna elettorale, l’invito di Dmitry Medvedev all’elettorato europeo di “punire i governi” che hanno sostenuto l’Ucraina. Cosa ne pensa e quale sarebbe invece il suo messaggio all’Italia?

Innanzitutto, occorre sottolineare che Medvedev non parla a nome di sé stesso. L’ex primo ministro è il lapdog di Putin e parla soltanto quando quest’ultimo vuole lanciare un messaggio. In questo caso, è evidente che Putin è molto deluso che i suoi investimenti di lunga data nel cercare di influenzare la politica italiana non abbiano pagato. Tant’è vero che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è stato molto vicino alla causa dell’Ucraina, e posso dire altrettanto dei rapporti regolari che in quanto parlamentari abbiamo avuto con i nostri colleghi italiani. È vero che sembrava esserci un po’ di riluttanza iniziale nella risposta italiana all’invasione, ma ben presto si è aggiustata la rotta e l’aiuto è stato e continua a essere sostanziale, anche in termini militari. Ho parlato ancora di recente con esponenti del nostro esercito e si sono detti molto soddisfatti dagli aiuti militari italiani.

Ovviamente questo fa infuriare il Cremlino. Sono ben note le operazioni di influenza che conducono da molti anni in tutto il mondo, con sostegni dall’estrema sinistra all’estrema destra, o ancora nella coltivazione dell’illusione di “amicizie personali” come con Silvio Berlusconi. È indubbio che continueranno a farlo, con l’obiettivo di creare caos nella politica democratica interna di altri Paesi, un divide et impera che possa favorire politiche più indulgenti nei confronti della Russia. E questi tentativi si intensificano nel quadro di campagna elettorale in un Paese democratico, dove lo spostamento di anche solo l’1 o 2% dell’elettorato può fare la differenza. Tutto questo dimostra che quanto vediamo oggi non è soltanto una guerra convenzionale contro l’Ucraina, ma una guerra ibrida vera e propria contro l’Occidente e i suoi valori, a partire dall’Europa. È questo il messaggio che l’Ucraina e il suo popolo vogliono condividere con gli amici europei, soprattutto in vista di un inverno in arrivo che sarà molto duro per tutti. Siamo molto consapevoli del sacrificio della popolazione europea, soprattutto in termini energetici ed economici. Ma speriamo possano ricordarsi che questa guerra di logoramento per noi Ucraini è letteralmente questione di vita o di morte.

A proposito di guerre ibride, la Russia non è l’unico attore in campo.

Assolutamente. Stiamo vivendo ormai uno scenario di scontro globale lanciato dalle autocrazie contro il mondo libero. È una delle ragioni per cui questa settimana, insieme ad altri 14 colleghi di diversi partiti, abbiamo lanciato un intergruppo parlamentare d’amicizia con Taiwan, per promuovere i legami commerciali e culturali. Una ragione pienamente politica, di solidarietà democratica, perché credo che essere una democrazia dovrebbe essere premiato, oggi più che mai.

Una ragione politica. Quali siano le altre ragioni dietro questa scelta dell’intergruppo per Taiwan e non teme la reazione di Pechino proprio nel momento in cui il suo sostegno implicito a Mosca appare sempre più lampante?

Ce ne sono tre. Innanzitutto, una ragione morale: quando la Russia ha attaccato il 24 febbraio, Taiwan non ha avuto esitazioni nello schierarsi dalla nostra parte sia con le sanzioni contro la Russia che con gli aiuti all’Ucraina. Sappiamo che Pechino segue con attenzione quanto accade in Ucraina per valutare le sue mosse su Taiwan. Oltre alle evidenti ragioni politiche, anche moralmente non possiamo fare a meno che ricambiare il sostegno e la solidarietà. In più, ci sono semplici ragioni diplomatiche: abbiamo dei cittadini ucraini che vivono a Taiwan e viceversa. È evidente che, come tutti gli altri Paesi, dobbiamo essere in grado reciprocamente di prestargli i servizi diplomatici e consolari… Rimane oggetto di discussione interna se il modello dei rapporti diplomatici che vogliamo inseguire sia quello lituano o polacco. Personalmente credo che quest’ultimo sia più adeguato all’Ucraina, anche in termini di esempio economico che è poi la quarta ragione per cui l’intergruppo vuole intensificare i rapporti con Taiwan. Taiwan è un partner commerciale importante e leale per tanti Paesi, perché non dovrebbe esserlo anche per l’Ucraina?

Siamo ovviamente ben consapevoli che Pechino non gradisce e l’ambasciata cinese ha di già cominciato le loro contestazioni, ma prima ancora di essere Deputato sono un esperto di diritto internazionale. E quindi, vorrei chiedere esplicitamente a Pechino quali leggi nazionali ed internazionali un gruppo di parlamentari democraticamente eletti violerebbe nell’allacciare rapporti diretti con Taiwan? Sia ben chiaro, quanto facciamo noi in quanto parlamentari non è un’azione del governo ucraino a nome del quale non possiamo parlare. Ma Pechino dovrebbe capire una volta per tutte che in un Paese democratico l’esecutivo non può controllare il legislatore, così come un Paese non può dettare ai Parlamentari di un altro Paese sovrano dove possono o non possono andare o con chi possono o non possono parlare.

Piuttosto, quindi, di interpellarci su inesistenti violazioni del diritto internazionale, sarebbe ora che Pechino risolva il dubbio che continuo ad avere: quando Xi Jinping ha sottoscritto il patto di amicizia “senza limiti” con Putin a febbraio di quest’anno, era o no a conoscenza del piano di attacco per il 24 febbraio? Perché questa sì che sarebbe una violazione diretta dell’accordo di partenariato con l’Ucraina e del diritto internazionale. D’altronde, come può un Paese che aiuta l’aggressore a evadere le sanzioni e ne propaga i messaggi di propaganda in tutto il mondo, dirsi al contempo partner dell’aggredito? Non ha senso e dobbiamo dirlo con fermezza.

Mosca vi attacca perché ci sostenete. Parla il deputato ucraino Merezhko

“Non è soltanto una guerra convenzionale contro l’Ucraina, ma una guerra ibrida vera e propria contro l’Occidente e i suoi valori, a partire dall’Europa”, dice il presidente della commissione Esteri del Verkhovna Rada

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