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Se qualcuno cercava una prova della lucida follia che ormai attanaglia Vladimir Putin, l’ha certamente trovata nella sua decisione di mettere le forze nucleari russe in uno stato d’allerta. Bene ha fatto il presidente Joe Biden ad aprire il suo State of the Union spiegando come questo folle metta le nostre vite in pericolo. Ci sono ormai prove schiaccianti a dimostrarlo.

Biden ha raccontato la realtà per quella che è: un’invasione dell’Ucraina ingiustificata e ordinata da Putin, un uomo che vuole riscrivere la storia e la geografia russa resuscitando l’Urss di staliniana memoria. Ben altra pasta rispetto a Volodymyr Zelensky, che ha ormai completato la sua transizione da comico di fama a eroe nazionale. A dispetto delle menzogne di Putin, il presidente sotto assedio è riuscito a incarnare la natura indomita della resistenza ucraina.

Ogni giorno che passa questa invasione rende più difficile comprendere come facciano alcuni Repubblicani americani a rimanere nella cerchia degli amici di Putin. O ancora perché un programma televisivo di successo come Fox News continui a raccontare l’invasione alla stregua di un “incidente o una disputa al confine”.

Biden ha cercato di rassicurare un’America sull’orlo di una crisi di nervi che una guerra nucleare non è imminente. L’Ucraina non è Cuba. Allora i missili nucleari russi fecero davvero sfiorare un conflitto. Alcuni di quei missili erano puntati contro città americane dove vivevano le famiglie di quei Repubblicani che oggi fanno gli amici di Putin.

Del discorso presidenziale ho apprezzato il riferimento alla strenua resistenza caratteristica del popolo ucraino. Biden ha giustamente ricordato che oggi il resto del mondo civile è contro questa invasione brutale. Donne e bambini ucraini stanno morendo per strada, vittime inermi dei bombardamenti e degli assalti di artiglieria russi.

La Russia sta pagando a caro prezzo l’invasione, anche in settori non scontati. È stata cacciata dai tornei sportivi internazionali, a partire da quelli previsti sul suo territorio. Ma soprattutto, e questo è un guaio serio per Mosca, la Corte internazionale di Giustizia potrebbe accelerare il calendario per ascoltare le accuse contro l’aggressione russa. Putin, forte di una lunga carriera nel Kgb, non si farebbe problemi a considerare questa condanna come un esito “naturale” e inevitabile del suo piano, anche se non voluto.

Inevitabile però è anche la battaglia delle idee che furoreggia intorno all’invasione in Ucraina, che Putin sta perdendo. Mezzo mondo lo paragona ormai a un novello Adolf Hitler. Gli smartphone e i dispositivi digitali bucano la propaganda, assicurano un’audience internazionale a quel che succede nel Paese martoriato. L’applauso unanime del Congresso a Biden mercoledì sera non è che il riflesso di un moto di condanna globale.

Non ci resta che sperare che vi siano ancora diversi leader russi, di quelli che a differenza di Putin conservano ancora il senno, che inizino a prestare attenzione a questo moto, ad ascoltare il resto del mondo. Che chiede a gran voce la pace, non questa folle guerra. È una semplice verità che tuttavia non riesce ancora a raggiungere Putin e chi al Cremlino ne è responsabile.

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