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Come può Vladimir Putin uscire dall’Ucraina senza perdere completamente la faccia ora che l’ha raccontata al mondo come una minaccia esistenziale (con fantasiose armi di distruzione di massa comprese) per la Russia? Come può pensare di costruire un cambio di regime ora che le vittime aumentano e i soldati russi diventato detestati da tutti? Come può giustificare le perdite tra i suoi cittadini? Non solo l’operazione militare sta diventando sempre più violenta, ma la narrazione anche sta uscendo dal controllo del Cremlino.

In attesa che la mostruosa colonna di unità meccanizzate piombi su Kiev, i russi continuano a non riuscire a prendere Kharkiv, seconda città più grande dell’Ucraina e snodo tattico importante nel nord-est accerchiato dalla 1º e dalla 4º Divisione corazzata. È lì che si sono accaniti i combattimenti. La violenza russa sta crescendo, gli attacchi stanno colpendo i civili, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha accusato Putin di crimini di guerra, violenze “contro ogni diritto internazionale”, ha detto collegandosi ieri, primo marzo, con la seduta plenaria straordinaria del Parlamento europeo: “Putin parla di operazioni contro le infrastrutture militari, ma si tratta di bambini, ieri ne ha uccisi 16 con i suoi missili”.

Kharkiv è piuttosto rappresentativa del procedere della guerra: gli ufficiali americani prevedevano la sua caduta in un giorno, ma l’insieme di scarse capacità russe e valore ucraino ha prodotto la resistenza. E ora aumenta la violenza anche per la frustrazione: Putin voleva essere veloce, non ci sta riuscendo. Anche più a sud, sul Mar D’Azov, i russi comunicano di aver completamente circondato Mariupol, ma si tratta di informazioni difficilmente verificabili e in parte coperte dal fumo della guerra. Tant’è che la Difesa ucraina dichiara che l’8° Armata Interforze russa ha subito pesanti perdite ed è stata respinta.

Insieme alle vittime civili e agli effetti pesantissimi sull‘economia russa, le perdite sono la questione poi delicata per Putin. Espongono una (potenzialmente devastante) debolezza del presidente russo in un momento in cui il Cremlino sta ancora sostenendo pubblicamente che non si tratta di un’invasione, ma un’operazione militare limitata a proteggere i russi dell’est separatista dai “nazisti” che governano l’Ucraina.

E anche sulle vittime c’è ovviamente disinformazione: Mosca ha per la prima volta riconosciuto “morti e feriti” in un comunicato di domenica 27 febbraio che ha cercato di tenere in sordina. Kiev dice che oltre 5mila soldati russi sono stati uccisi nell’invasione. Il numero sembra spropositato, ma funzionari americani ed europei fanno sapere ai media che un dato credibile può aggirarsi attorno ai duemila. Comunque tanti se si pensa che in ognuno dei cinque giorni di offensiva Putin avrebbe perso un numero di soldati pari a quelli subiti in un mese di occupazione prima dell’annessione della Crimea. Morti che il Cremlino aveva fatto di tutto per tenere nascoste. Per confronto, in venti anni di guerra in Afghanistan gli Stati Uniti hanno perso 2500 uomini e l’Afghanistan è stato fattore determinante di molto consenso negli Usa (che certo sono un luogo diverso dalla Russia, ma anche a Mosca è il 2022).

I dati stimati dal Pentagono sono frutto di osservazioni di fonti aperte, analisi satellitari e intelligence incrociate dal posto con gli ucraini e con gli alleati. La credibilità è buona non solo perché fin qui le informazioni dei servizi occidentali sono state in generale più che verificate, ma anche perché hanno raggiunto dettagli estremi: basta pensare che sul sito della Pravda ucraina è uscito un pdf contenente i nomi di tutti i 120mila militari russi che partecipano all’invasione. Un lavoro che non può essere giornalistico o analitico (i dati arriverebbero dal Center for Defence Strategies, un think tank di Kiev), ma “aiutato” da qualche servizio segreto.

Per Putin, il crescente numero di morti potrebbe danneggiare qualsiasi genere di supporto interno rimasto alla sua campagna ucraina. Sul campo la diffusione di certe notizie potrebbe abbassare il morale già non eccezionale. Sono uscite notizie, veicolate da funzionari americani forse anche come infowar, di fughe dal fronte, soldati russi che simulavano di essere colpiti per potersi arrendere. Si parla di soldati russi lasciati a terra dai loro giovani commilitoni pur di fuggire dai combattimenti.

E Kiev, che ormai controlla l’ambiente informatico dei combattimenti, ha sfruttato anche questo spazio: le autorità ucraine hanno aperto un sito web destinato ad aiutare le famiglie russe a rintracciare informazioni sui soldati che possono essere stati uccisi o catturati. Il sito è gestito dal ministero degli Affari Interni, mentre la presidenza ucraina ha già chiesto al Comitato Internazionale della Croce Rossa di aiutare a evacuare i corpi dei soldati “invasori” morti e rimasti sui vari campi di battaglia.

Il sito si chiama www.200rf.com, è un triste richiamo a “Cargo 200” che in codice militare veniva usato dall’Unione Sovietica per riferirsi ai corpi dei soldati messi in bare rivestite di zinco per il trasporto lontano dal campo di battaglia. Una comunicazione questa dal profondo valore strategico, che dimostra la solidarietà di Kiev nei confronti del nemico mentre lancia un colpo contro uno dei punti deboli di Putin — i morti, e i morti lasciati sul campo.

Due giorni fa, l’ambasciatore dell’Ucraina alle Nazioni Unite, Sergiy Kyslytsya, ha letto davanti all’Assemblea Generale quelli che ha detto essere gli ultimi messaggi inviati da un giovane soldato russo a sua madre. Sono stati ottenuti, ha detto, dalle forze ucraine dopo che il soldato è stato ucciso (i russi non usano solo comunicazioni criptate, ma spesso anche telefoni personali e per questo sono più facili da intercettare). “Ci hanno detto che ci avrebbero accolto ma si stanno buttando sotto i nostri veicoli blindati, gettandosi sotto le ruote per non farci passare”, ha scritto quel soldato: “Ci chiamano fascisti. Mamma, è così difficile”.

Storie come queste minano rapidamente la narrazione putiniana costruita in anni, alterano la percezione a favore di Kiev. La decisione di leggere quei testi è un promemoria non così velato a Putin sul ruolo che le madri russe hanno avuto nel portare l’attenzione sulle perdite militari che il governo ha cercato di tenere segrete. Infatti, un gruppo ora chiamato Unione dei Comitati delle Madri dei Soldati della Russia ha attirato negli anni molta attenzione nell’aprire l’esercito al controllo pubblico e nell’influenzare le percezioni del servizio militare, ha scritto Julie Elkner, uno storico della Russia, nel Journal of Power Institutions in Post-Soviet Societies.

Le immagini sui social media delle vittime russe sono usate anche per cercare di abbassare il morale degli invasori. Lunedì, il ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, ha offerto ai soldati russi denaro e amnistia se si fossero arresi: “Soldato russo! Sei stato portato nella nostra terra per uccidere e morire. Non eseguire ordini criminali. Ti garantiamo un’amnistia completa e 5 milioni di rubli (circa 40mila euro, ndr) se deponi le armi. Per chi continua a comportarsi come un occupante non ci sarà pietà”.

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