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Il voltafaccia, anche se solo velato, è di quelli che pesano. La Cina, “partner, non alleata” della Russia in guerra contro l’Ucraina e a rischio asfissia dopo la bordata di sanzioni arrivata dall’Occidente, sembra aver preso le distanze dall’ex Urss. Forse c’è di mezzo il timore di rimanere invischiati nella crisi economica e finanziaria in cui stanno sprofondando Mosca e le sue banche (la Borsa russa è ancora chiusa per paura di nuovi crolli azionari). O più semplicemente la voglia di in esporsi troppo con un Paese belligerante e non ancora certo dell’esito della guerra.

Fatto sta che nel giorno in cui il rublo dopo il tonfo (-40%) dovuto alle sanzioni contro l’aggressione di Vladimir Putin in Ucraina, ha recuperato qualche metro di terreno, pur restando in affanno a quota 95 sul dollaro e a 103 sull’euro, arriva la presa di distanza da parte della Cina. Ovvero, la decisione di due delle maggiori banche statali del Dragone di limitare i finanziamenti concessi al governo russo per l’acquisto di materie prime. L’operazione non è banale, perché se è vero che la Russia vende gas a tutta l’Europa e buona parte dell’Oriente allora è anche vero che molte altre materie prima vengono a loro volta acquistate, a cominciare dall’agroalimentare.

E con il cappio delle sanzioni sempre più stretto, i flussi di denaro provenienti dalla Cina sarebbero un aiuto non da poco. Ed ecco che Bank of China ha annunciato, secondo Bloomberg, lo stop alle linee di credito riservate alla Russi, tutte in dollari. Una decisione, dal sapore di voltafaccia, imputabile alla paura che il sostegno finanziario a Mosca potesse essere letto dal mondo come un chiaro e inequivocabile appoggio all’invasione militare dell’Ucraina, rischiando la Cina stessa le sanzioni da parte dell’Occidente.

Anche la Commercial bank of China (Icbc) ha fermato l’erogazione dei finanziamenti alla Russia, mettendosi in scia alla Bank of China. Resta da capire se lo stop ai prestiti possa in qualche modo essere esteso al settore privato, ovvero le aziende. Magari di quegli oligarchi che, ancora sottovoce, manifestano insofferenza davanti alla campagna militare, costata alle loro tasche non meno di 130 miliardi di dollari. Il segnale politico, e anche finanziario, è comunque arrivato.

E pensare che le banche russe non se la passano di certo bene. Anzi. Come raccontato da Formiche.net, l’attacco al cuore finanziario della Russia passa proprio dagli istituti di credito, ovvero dalla pubblicazione dell’elenco ufficiale delle banche russe coinvolte dal provvedimento di espulsione dallo Swift il sistema di messaggistica che collega 11.000 banche e istituzioni globali ed è responsabile dell’esecuzione della stragrande maggioranza delle operazioni finanziarie. Il simbolo della risposta occidentale è Sberbank, il cui titolo quotato a Londra è crollato in pochi minuti del 64%.

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Bank of China e Icbc, due delle maggiori banche statali del Dragone, fermano i finanziamenti in dollari riservati al governo russo per l’acquisto di materie prime. Un segnale che deve preoccupare un Paese che rischia l’asfissia finanziaria

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