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Quando si parla di dazi imposti dagli Stati Uniti sull’Europa — e in particolare sull’Italia — emergono timori legittimi, soprattutto per un Paese che basa una parte significativa della sua economia sull’export. Tuttavia, per valutarne la reale portata, dobbiamo riportare queste misure a scala nazionale, usando le proporzioni corrette.

Il Pil italiano in cifre: nel 2024 l’Italia ha registrato un prodotto interno lordo stimato attorno ai 2.350 miliardi di euro (circa 2.550 mld $).

Valore complessivo dell’export italiano: nello stesso periodo, l’Italia ha esportato beni e servizi per circa 575 miliardi di euro (≈ 625 mld $), circa il 24 % del Pil.

Quanto esportiamo verso gli Usa: delle nostre esportazioni totali, circa 60 miliardi di euro (≈ 65 mld $) finiscono negli Stati Uniti, il 10–11 % del totale.

Impatto potenziale dei dazi: ipotizzando un +10 % sui nostri beni venduti negli Usa, l’onere aggiuntivo sarebbe circa 6 miliardi di euro — equivalenti allo 0,25 % del Pil. Un peso concreto, ma che resta relativo rispetto alla dimensione complessiva dell’economia italiana.

Guardiamo al calendario: cosa farà Trump entro il 1º agosto

Il presidente Trump ha già emesso un ordine esecutivo, rimandando fino al 1º agosto 2025 l’applicazione di nuovi dazi su vari Paesi, tra cui l’Ue. Tuttavia, i segnali sono chiari: dazi fino al 30 % su beni europei sono stati minacciati da quella data. Le grandi banche (Goldman Sachs, Deutsche Bank, JP Morgan) avvertono – se i dazi scattano per davvero, il mercato potrebbe reagire con volatilità significativa  .

Il mercato però ritiene che Trump “potrebbe fare retromarcia” — i detrattori lo chiamano “Taco” (“Trump Always Chickens Out”)  — ma è una scommessa: la data fatidica del 1° agosto è vicina e il suo esito sarà cruciale per chi esporta.

Il fronte europeo: mercato interno e dazi impliciti

Se l’onda dazi Usa dovesse colpire davvero, l’Unione Europea ha una potenziale risposta: valorizzare ancora di più il suo mercato interno da 450 milioni di consumatori. All’interno del Single Market, la crescita rimane oggi la prima opportunità — più della via esterna verso mercati esposti alla guerra tariffaria.

In questo contesto, il rapporto Draghi commissionato dalla Commissione Europea traccia una strada. Mario Draghi — ex presidente Bce— ha evidenziato che le barriere interne all’Ue equivalgono a un “dazio implicito” del 45 % sulle merci manifatturiere e addirittura del 110 % su alcune categorie, secondo stime del Fmi

Le raccomandazioni principali di Draghi includono:
– snellire la burocrazia e rimuovere ostacoli interni;
– promuovere filiere europee competitive e coese;
– attuare il Competitiveness Compass, ossia un approccio coordinato per stimoli industriali, innovazione e unione energetica  .

Per Draghi, lo scoglio maggiore non è solo dall’esterno: “L’Europa si sta auto-sabotando” tramite barriere interne troppo alte. Ridurle significherebbe rendere l’Ue più robusta, resiliente e meno vulnerabile a shock esterni — dazi compresi.

Conclusione: tra minacce Usa e opportunità interne

1- Dazi Usa: una possibile scossa entro 1º agosto — con fino al +30 % su beni europei — rende il momento cruciale per esportatori e mercati.

2 – Mercato Ue: un serbatoio interno vasto e potenzialmente più stabile, da valorizzare con strategie comuni.

3 – Spinta Draghi: tagliare barriere interne, puntare su filiere strategiche e agire con coordinamento europeo per difendersi “di molti metri” piuttosto che “di un solo centimetro”.

Alla luce di questi elementi, l’Italia — come l’intera Europa — può ridurre la dipendenza dal mercato americano, sviluppare il proprio mercato interno e neutralizzare l’impatto dei dazi grazie a filiere più snelle, integrate e autonome.

Non dobbiamo nasconderci dietro ai timori: l’onda può incresparci, ma il mare non ci inghiottirà.

Dazi Usa all’Italia. Un vento forte, ma non un uragano. Arditti spiega perché

L’Italia, come l’intera Europa, può ridurre la dipendenza dal mercato americano, sviluppare il proprio mercato interno e neutralizzare l’impatto dei dazi grazie a filiere più snelle, integrate e autonome. Non dobbiamo nasconderci dietro ai timori: l’onda può incresparci, ma il mare non ci inghiottirà. L’analisi di Roberto Arditti

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