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Giorgia Meloni ha fatto chiaramente capire che se in Sicilia dovesse saltare Nello Musimeci, salteranno anche le altre candidature. È un messaggio chiaro e netto agli altri partner della coalizione. In effetti il caso siciliano “sarà un bel laboratorio per capire i nuovi equilibri all’interno del centrodestra”. Ne è convinto Damiano Palano, politologo e direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore che, nella sua conversazione con Formiche.net, legge i riflessi sulla politica italiana alla luce dell’esito che ha nuovamente incoronato Macron all’Eliseo.

Palano, la destra che insegnamento deve trarre dalla conferma del presidente francese?

Secondo me la vittoria di Macron, più di ogni altra cosa, indica che per il centrodestra ci sono delle opportunità da raccogliere e degli spazi da conquistare. Paradossalmente si tratta di opportunità derivanti dal contesto di crisi internazionale che stiamo vivendo.

In Francia però la destra lepenista è stata sconfitta. Ancora una volta.

Sì, è questo può creare un cortocircuito nello scacchiere della coalizione italiana.

In che senso?

La parte di centro della coalizione di destra, che è quella a impronta più macroniana, è anche quella minoritaria. Ergo, per avere qualche chance di vittoria si deve comunque alleare con le componenti della coalizione più euroscettiche. E questo, in termini di proposta politica, è un punto di debolezza per la coalizione.

Meloni tuttavia, stando ai sondaggi, è quella che ha più chance di raccogliere il maggior numero di consensi.

Ed è proprio questo il punto che genera il paradosso. La parte più europeista è minoritaria, mentre quella sovranista ha più consenso. Ma proprio quest’ultima componente è quella che attualmente sta attraversando il periodo peggiore.

Gli screzi hanno origini lontane. 

Neanche troppo, per la verità. A mio modo di vedere il punto di cesura netta è stata l’elezione del Presidente della Repubblica. Da allora, i rapporti in particolare tra Meloni e Salvini non si sono più ricuciti. E il caso siciliano è un buon esempio sotto questo profilo. Va detto comunque che, in passato, la Lega ha imposto candidati per sbarrare la strada a Fratelli d’Italia per evitare che il partito di Meloni acquisisse più peso. Se così dovessero fare in Sicilia, sarebbe politicamente un suicidio.

La crisi della Lega è reversibile?

Salvini in poco tempo ha dilapidato un patrimonio di consensi davvero ampio. Penso che la leadership del centrodestra, nel caso in cui ci fosse un governo di questo segno che uscirà dalle urne, sarà un grosso ostacolo da superare.

Pare che Meloni, proprio per questo, si stia preparando. Anche coinvolgendo figure esterne al partito. 

È un’operazione intelligente, in qualche modo funzionale a “ripulire” il partito di vecchie scorie e a dargli maggior credito, in chiave governativa. D’altra parte, Meloni è consapevole di non avere internamente una classe dirigente all’altezza di governare. Per questo, oltre che per un fattore reputazionale e di credibilità, sta cercando di avvicinare innesti esterni che godano di credito e stima.

Salvini; Meloni

Meloni costruisce la classe dirigente. Salvini crolla. E in Sicilia... Parla Palano

Il politologo e direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: “In passato, la Lega ha imposto candidati per sbarrare la strada a Fratelli d’Italia per evitare che il partito di Meloni acquisisse più peso. Se così dovessero fare in Sicilia, sarebbe politicamente un suicidio”

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