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Donald Trump lo affossò. O meglio, lo lasciò in sospeso, su un binario morto. Ma ora il Ttip, meglio conosciuto come trattato transatlantico di libero scambio tra Europa e Stati Uniti, potrebbe tornare all’ordine del giorno dell’agenda atlantica. C’è una guerra in Ucraina che impone delle scelte, a cominciare dall’energia. E c’è da rendere un intero Continente, l’Europa, sganciato dalla Russia. Ma, soprattutto, alla Casa Bianca c’è un altro inquilino, Joe Biden.

Il là lo ha dato il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, che in un’intervista a Handelsblatt ha chiesto di resuscitare l’accordo, auspicando nuovi colloqui su un trattato fermo dal 2016, in gran parte a causa dell’elezione dell’allora presidente degli Stati Uniti Trump. “Dovremmo riprendere i negoziati su un accordo transatlantico di libero scambio. Soprattutto ora, la crisi in corso mostra quanto sia importante il libero scambio con i partner nel mondo che condividono i nostri valori”, ha detto Lindner, secondo cui l’invasione russa dell’Ucraina ha compattato le due sponde dell’Atlantico. “Dovremmo imparare dalle esperienze dei colloqui sul Ttip”, ha aggiunto il ministro tedesco.

In effetti gli ultimi round negoziali sul Ttip sono falliti nel 2016, soprattutto a causa delle reticenze della Germania. L’accordo transatlantico di libero scambio sarebbe servito ad allineare le economie europea e statunitense, riducendo i dazi, omologando gli standard normativi e favorendo gli scambi commerciali. Il Ttip è stato tuttavia osteggiato in Europa, da parte di Paesi quali l’Irlanda, i cui produttori hanno più volte sollevato dubbi sulla qualità dei prodotti e i prezzi, in seguito a una possibile entrata in vigore dell’accordo.

Formiche.net ne ha parlato con l’economista Carlo Pelanda. “La mossa tedesca ci può stare, anzi mi pare ovvia. Nel momento in cui si creano due blocchi nel sistema globale, Cina e Russia, è naturale spostare il baricentro dell’export verso gli Stati Uniti. E poi c’è la necessità di costruire un mercato integrato in seno alla nato, collateralmente all’alleanza militare. Io questa cosa la dico da venti anni”, spiega Pelanda.

Non è tutto. “Il governo di Angela Merkel silenziò il Ttip, per dare spazio all’altro accordo, il Cai, ovvero il Comprehensive Agreement of investement. Ma ora è tempo di spostarsi verso gli Usa, perché le imprese tedesche, ma più in generale quelle europee, hanno bisogno di uno sbocco, visto che la guerra in Ucraina ne ha chiusi due, la Russia e la Cina”.

Secondo Pelanda, dunque, la ripresa dei negoziati sul Ttip sarebbe la naturale evoluzione di un sistema industriale che volge a Occidente, visti gli sbarramenti a est. L’economista si sofferma poi sull’atteggiamento della Cina verso la Russia e la guerra scatenata in Ucraina. “Pechino ha appoggiato Mosca fin da subito, ma quando sono scattate le sanzioni, ha cominciato ad avere paura. La Russia è solo un vassallo, il pezzo grosso è la Cina, che per gli Usa è una priorità sistemica. L’obiettivo è trasformarla in un potere regionale, questo è lo scopo degli Stati Uniti”. E comunque, “la Cina vuole evitare guai economici restando però con Putin: per questo fargli fare l’arbitro sarebbe un enorme autogol per l’Occidente”.

La Germania resuscita il Ttip. La (saggia) mossa secondo Pelanda

Il ministro delle Finanze tedesco Lindner rispolvera il trattato finito su un binario morto con l’avvento dell’amministrazione Trump e per le resistenze di Berlino. Ma ora, secondo l’economista e docente, la guerra in Ucraina richiede nuove scelte e uno spostamento del baricentro a Occidente. La Cina? Ha paura delle sanzioni

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