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Il 2024 è stato un anno di sviluppi importanti nel conflitto in Ucraina. E così come in passato, dell’evoluzione di questo conflitto si è parlato anche nell’ultima edizione della Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza. Secondo il documento le forze russe hanno conquistato un netto vantaggio materiale, imponendosi su quasi tutti i settori del fronte. Solo nel 2024, Mosca ha guadagnato sei volte più territorio rispetto all’anno precedente, sebbene al prezzo di perdite umane enormi, stimate in oltre un migliaio di uomini al giorno. L’offensiva russa ha colpito duramente anche le infrastrutture energetiche ucraine, compromettendo la produzione elettrica e mettendo sotto pressione la resistenza di Kyiv. L’Ucraina, pur dimostrando grande resilienza, si trova ad affrontare tre problemi chiave: difficoltà nel reclutamento e nell’addestramento di nuove truppe, una grave carenza di munizioni e la fragilità delle proprie linee difensive, in particolare nel Donbass. Nonostante si registrino ventisette accordi di sicurezza bilaterali con Kyiv, l’occidente non è riuscito a fornire aiuti sufficienti a colmare il gap con Mosca, che invece può contare sul supporto di Corea del Nord e Iran.

A livello intra-occidentale è interessante notare come la collaborazione d’intelligence tra partner “si sia rafforzata” in risposta all’invasione russa dell’Ucraina attraverso l’individuazione di “nuove forme di collaborazione rafforzata”, come afferma il direttore dell’Aise Giovanni Caravelli, che ricorda come la prima riunione tra i cinque principali servizi di intelligence occidentale (Cia, Mi6, Bnd, Dgse più Aise) dopo l’inizio dell’invasione russa si tenne a Roma nell’aprile del 2022.

Con la rielezione di Vladimir Putin nel marzo 2024, la Russia ha intensificato la sua strategia di logoramento, puntando non solo al guadagno territoriale ma anche alla riduzione del sostegno occidentale a Kyiv. Nonostante i costi enormi della guerra, il Cremlino è convinto di poter vincere, e ogni sviluppo sul campo di battaglia è funzionale a una futura trattativa. La Conferenza di pace in Svizzera dello scorso giugno non ha portato risultati significativi, soprattutto a causa dell’assenza della Russia e della Cina, lasciando il conflitto ancora in una fase di stallo violento. Ora tutti gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti: la nuova amministrazione americana ha dichiarato di voler chiudere il conflitto il prima possibile, e secondo il Dis questa prospettiva sta spingendo sia Mosca che Kyiv a consolidare le proprie posizioni in vista di possibili negoziati nel 2025.

Ma la strategia russa non si limita solamente al conflitto in Ucraina, inserendosi invece in una visione geopolitica più ampia. Nel report dell’Intelligence viene sottolineato come il concetto di politica estera del 2023 e il discorso di Putin al Club Valdai del novembre 2024 delineino una narrativa chiara (non troppo distante da quanto espresso già nel lontano 2007 a Monaco): Mosca vede il mondo unipolare a guida statunitense in fase di declino e punta a un sistema multipolare dove nuovi attori regionali e potenze non occidentali assumano un ruolo centrale.

Questo obiettivo si scontra però con una realtà complessa e contraddittoria. Da un lato, la Russia si presenta come promotrice di un ordine più equo e inclusivo, dall’altro, porta avanti una guerra d’invasione contro un vicino che cerca di svincolarsi dalla sua influenza. Il conflitto in Ucraina ha ridimensionato il peso globale di Mosca, costringendola a ripensare la sua politica estera e a fare concessioni in aree ritenute strategiche. In Siria, la sua influenza è in calo e l’equilibrio regionale si sta modificando. Nell’Artico, Pechino ha guadagnato spazio nei domini tradizionali russi, un segnale di come la relazione con la Cina sia sempre più sbilanciata.

“L’obiettivo russo di preservare la propria sfera di sicurezza minima, costituita dallo spazio post-sovietico” rimane una costante, ma anche qui il quadro è cambiato, e non solo in Ucraina. Mentre la Bielorussia resta fedele al Cremlino e la Georgia ha rallentato il suo avvicinamento all’Occidente, altri Paesi si stanno invece allontanando da Mosca. Le repubbliche dell’Asia centrale stanno riducendo la loro dipendenza da Mosca e cercano nuove collaborazioni regionali. Nel Caucaso meridionale, l’Armenia ha preso le distanze dalla Russia, criticando l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva e accettando il ritiro delle forze russe dal Nagorno-Karabakh, segno di un’influenza sempre più fragile. La Moldavia, intanto, ha accelerato il suo percorso verso l’integrazione europea e ha denunciato le ingerenze russe nelle sue elezioni.

Di fronte a queste difficoltà, il Cremlino ha risposto con una serie di contromosse. Sul piano economico, ha rafforzato i rapporti con l’Asia, spostando le esportazioni di gas e petrolio verso Cina, India, Turchia e altri Paesi. Questo ha permesso a Mosca di sostenere lo sforzo bellico, ma ha anche accentuato la sua dipendenza da Pechino, che sta acquisendo un ruolo sempre più dominante. Sul piano diplomatico, la Russia ha puntato sui Brics e sulla Shanghai Cooperation Organization per limitare il proprio isolamento e trovare nuove sponde politiche, anche se, come nota il Dis, all’interno di questi gruppi è la Cina a dettare le regole. Parallelamente, Mosca ha intensificato la guerra ibrida contro l’Occidente, cercando di minare la fiducia nelle istituzioni europee e sostenendo movimenti politici contrari all’integrazione del continente. L’Unione europea ha reagito con nuove sanzioni e ha denunciato un aumento dei tentativi di sabotaggio russi contro infrastrutture civili e militari, segno che il confronto non si gioca solo sul campo di battaglia, ma anche sul piano della destabilizzazione politica e dell’influenza mediatica.

Nonostante tutto, la Russia mantiene un ruolo di primo piano nella politica globale. Oltre al suo seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dispone del più grande arsenale nucleare al mondo, sta ricostruendo le sue forze convenzionali e continua a essere un attore chiave nel mercato energetico. Per il Cremlino, la partita con l’Occidente non è solo militare, ma anche strategica e politica: Putin è convinto che gli Stati Uniti e i loro alleati vogliano infliggere alla Russia una sconfitta irreversibile e qualsiasi tentativo di riaprire il dialogo sarà condizionato dall’evoluzione del conflitto in Ucraina e dalla ridefinizione degli equilibri di sicurezza in Europa.

Il 2025 si preannuncia come un anno cruciale, si legge in chiusura del report, durante il quale i negoziati per una possibile tregua in Ucraina potrebbero cambiare tante cose, dall’architettura di sicurezza europea (come sottolineato dallo stesso direttore del Dis Vittorio Rizzi durante l’evento di presentazione del documento) alle dinamiche politico-economico-militari sul piano globale. Dove la Russia rimarrà, comunque, un attore primario.

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