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C’è vita oltre il Quirinale. La politica estera italiana ed europea si preparano a un banco di prova senza precedenti. Difficile ricordare a memoria d’uomo, almeno negli ultimi anni, un’Europa alle corde su così tanti fronti. La pandemia, le manovre militari russe e i venti di guerra al confine con l’Ucraina, una bolla di instabilità pronta a scoppiare in Nord Africa, in Libia e non solo.

Un rumore di fondo nei palazzi romani impegnati ad arrovellarsi sul toto-nomi per il Colle. Quasi tutti. Fa eccezione la Farnesina, il quartier generale della diplomazia italiana. Il giorno in cui Joe Biden ha chiamato a raccolta un “Summit per le democrazie” – messaggio in bottiglia per le autocrazie russa e cinese –  il ministero ha voluto ricordare con un evento i “punti cardinali” della postura italiana nel mondo.

Lo ha fatto il ministro Luigi Di Maio in occasione del lancio di Decode39, il portale di politica internazionale in inglese e in arabo nato come spin-off di Formiche e presentato insieme alla direttrice Valeria Covato, il presidente di Med-Or Marco Minniti e la direttrice di Formiche Flavia Giacobbe.

E allora eccoli i punti cardinali, repetita juvant. Il summit di Biden, dice Di Maio, “ha confermato il capitale di autorevolezza che deriva dal nostro ancoraggio transatlantico e dalla nostra indiscussa affidabilità di alleato”. Indiscussa: può sembrare un cliché, e invece è un segno dei tempi. Tanto più se letto insieme al “dialogo franco”, ma “sempre fermo sui principi” con Cina e Russia. Alleati e partner, amici e rivali.

Il pragmatismo dell’era Draghi – di cui Di Maio loda l’intervento al summit americano, confermando un’intesa solida con il timoniere di Palazzo Chigi – trova espressione anche in questa definitiva schiarita di idee sulla politica internazionale. E l’evento alla Farnesina diventa così il naturale riflesso della kermesse di Biden.

Con le autocrazie di Mosca e Pechino, che pure l’Italia ha il merito di “mettere intorno a un tavolo”, si deve cooperare quando non c’è altra scelta, spiega il ministro. Dunque le sfide globali, “dal cambiamento climatico alla soluzione alle crisi regionali”, ma sempre con “un atteggiamento pragmatico” e “in coordinamento con i nostri partner europei, atlantici e del G7”.

Altrove, invece, è giusto prendere le distanze. A partire dalle ingerenze esterne. Nella Sala delle conferenze internazionali risuona un monito al Cremlino: Italia e Francia sono al lavoro per “scongiurare” l’accordo tra governo del Mali e il Wagner group, che consegnerebbe a un gruppo di mercenari agli ordini del governo russo il timone di un Paese-chiave per la stabilità del Sahel. Lo stesso gruppo oggi detta regole in Libia, il Paese nordafricano martoriato dalla guerra, e dalla guerra mai davvero uscito.

Minniti, che del dossier si è occupato in prima persona da ministro dell’Interno, smonta subito il wishful thinking. Sulle elezioni, previste per Natale e ancora in bilico, “si addensano nubi”. A seguire le cronache dall’altra parte del Mediterraneo, c’è poco da essere ottimisti: più che una corsa alle urne, sembra andare in scena una (nuova) corsa alle armi. “Dobbiamo spingere perché le elezioni si facciano, è una partita che si gioca sul filo del rasoio”. Una partita europea, prima ancora che italiana. “L’Italia sta facendo la sua parte. Ma da quando sono entrate in scena Russia e Turchia, solo l’Europa ha le dimensioni per rispondere alla sfida”.

In questa direzione, dice Di Maio, va il Trattato del Quirinale firmato due settimane fa a Roma. Lo definisce “un pilastro per consolidare la leadership europea”. Ma aggiunge subito dopo che da solo non basta. Gli uffici della Farnesina, spiega il ministro, sono già al lavoro per tessere “un dialogo rafforzato con la Germania”.

Foto: Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

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