Skip to main content

La punizione è stata sorprendente, sia per la dimensione che per il luogo in cui è stata imposta. A dicembre il garante della concorrenza italiano ha inflitto una multa ad Amazon da 1,13 miliardi di euro per aver presumibilmente privilegiato i venditori che utilizzano i servizi di logistica della società. Poco tempo prima, i regolatori italiani avevano emesso una serie di multe multimilionarie contro Apple, Google e Facebook.

Il messaggio era chiaro: non è solo Bruxelles che sta dando un giro di vite alle Big Tech americane. Ci sono anche Roma, Berlino e Parigi. In parte i regolatori nazionali europei sembrano motivati da un sincero desiderio di prevenire gli abusi nei loro mercati. In parte stanno dicendo a Bruxelles che vogliono continuare a giocare un ruolo chiave, mentre l’Unione europea si appresta a rendere legge il nuovo Digital Markets Act.

La possibilità di una tenaglia

Anche se i leader europei hanno concordato un quadro generale per il Dma, spetta ora a loro, al Parlamento europeo e alla Commissione europea definire i dettagli. In particolare, rimane da vedere come l’onere dell’applicazione del del regolamento sarà suddiviso tra la Commissione europea e i regolatori nazionali.

Le aziende temono di diventare soggette a 27 diverse interpretazioni delle nuove regole. I sostenitori di Bruxelles insistono sul fatto che possono fornire un’unica applicazione, coerente e consistente, e possono evitare i problemi emersi negli ultimi anni con il GDPR. Il regolamento sulla protezione dei dati ha dato all’Irlanda e al Lussemburgo, sede dei quartieri generali europei di Google, Facebook, Microsoft, Apple e Amazon, la responsabilità dell’applicazione; ma finora le indagini sono state poche.

Le authority nazionali dei grandi Paesi europei rispondono che la stessa Bruxelles spesso è stata troppo lenta: per esempio, l’indagine antitrust su Google partita nel 2009 è ancora in corso nei tribunali europei. In più, i funzionari nazionali credono di avere le competenze necessarie per imporre una punizione efficace. Ma che succede se sia Bruxelles che i singoli Paesi procedono come se avessero entrambi ragione?

Il caso Amazon

In Italia, la multa di Amazon rappresenta uno spartiacque. C’è l’importo, 1,13 miliardi di euro.  E c’è il precedente, che prende di mira per la prima volta il modello di business di Amazon: unire la sua vasta rete logistica e il mercato online per ottenere un vantaggio sui concorrenti.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, o AGCM, ha accusato Amazon di fornire vantaggi non autorizzati ai venditori che utilizzavano la piattaforma Amazon Logistics. Questi avrebbero ricevuto vantaggi sleali come una migliore visibilità, un posizionamento di ricerca più alto, un migliore accesso ai consumatori attraverso il programma Amazon Prime e l’ambita “Buy Box”.

Oltre a pagare la multa, Amazon deve definire e pubblicare una serie di standard che rendono un venditore idoneo per Amazon Prime. L’azienda deve poi “estendere ogni privilegio in termini di vendite e visibilità sulla piattaforma a tutti i venditori terzi che rispettano gli standard”, ha detto l’AGCM.

Circa un anno dopo che l’Italia ha annunciato la sua indagine sulle pratiche logistiche di Amazon, la Commissione europea ha informato l’azienda di aver raggiunto anch’essa una conclusione preliminare: il “Buy Box” e l’etichetta Prime hanno violato le norme antitrust dell’Ue distorcendo la concorrenza nel commercio elettronico. Ma Bruxelles non ha ancora annunciato una sentenza finale, né una sanzione.

Amazon ha fatto ricorso per cercare di fermare le indagini parallele, ma a ottobre la Corte di giustizia europea ha stabilito che entrambe possono continuare. A ogni modo, l’azienda intende ricorrere contro la multa italiana. Un portavoce dell’azienda ha dichiarato che “la multa e i rimedi proposti sono ingiustificati e sproporzionati”.

L’intenzione dell’Europa di imporre una regolamentazione rigorosa sulla Big Tech statunitense è chiara da tempo. Ma ciò che rimane incerto è se imporrà un unico meccanismo di applicazione a livello continentale, o se le aziende dovranno gestire il rischio Paese per Paese. È una domanda gigantesca. La risposta sarà determinante per le possibilità del continente di creare un mercato digitale unico.

Janna Brancolini è una giornalista e avvocato statunitense che vive a Milano, dove si occupa di politica ambientale e finanziaria in Europa per Bloomberg e degli affari italiani per il Los Angeles Times. Il suo articolo originale è apparso su CEPA.

Amazon

La tenaglia Italia-Ue su Amazon è un assaggio dei rischi del Dma

Di Janna Brancolini

Le autorità garanti italiane (e non solo) stanno aumentando le multe alle Big Tech per violazioni dell’antitrust e della privacy, prima che la prossima legge europea sui mercati digitali metta in pericolo la loro competenza. Ma così si rischia di moltiplicare per 27 le indagini per la stessa condotta

Le aziende cinesi non abbandonano la Russia. Su ordine di Pechino

Didi Chuxing, l’Uber cinese, aveva annunciato l’addio alla Russia per paura di rimanere impantanata in un mercato fortemente sanzionato. Poi il dietrofront dopo soli cinque giorni, probabilmente su indicazione di Pechino. Che continua a ribadire l’importanza della pace, ma nel frattempo sfrutta l’occasione per inserirsi e cogliere le opportunità che arriveranno

No, Telegram non è veramente sicuro. Ecco perché

Ecco perché Telegram non è davvero sicuro, né criptato

L’app (nata) russa gode della fama immeritata di essere un baluardo della libertà d’espressione e un servizio più privato delle alternative. Ma non si deve confondere il lassismo nella moderazione con la privacy, che nel caso di Telegram è ben più scarsa di quanto si creda. E anche il fondatore non si azzarda a garantire

L'intelligence russa rivela i buchi di Putin

Finiremo com Hitler. C’è un report analitico dell’intelligence russa che critica l’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin. Che secondo il capo della Cia a questo punto non ha una soluzione politica per uscire dal pantano in cui si è infilato

Mosca e la minaccia nucleare. Gilli e Dall’Arche fanno il punto

Ma quanto è reale il pericolo atomico? Putin ha una valigetta nucleare come il presidente degli Stati Uniti? Come si attiva il protocollo di attacco atomico di Mosca? Andrea Gilli e Federica Dall’Arche hanno risposto, a queste e ad altre domande, in diretta su Formiche.net

Biscotto cinese. Così Xi prepara lo shopping in Russia

Pechino è pronta a infilarsi nel capitale dei giganti dell’energia russi, fiaccati dalle sanzioni e dal rublo ai minimi storici. Sarebbe un altro biscotto dopo la sospensione dei finanziamenti di Bank of China. E nel mirino c’è anche la tecnologia

Petrocelli salva la poltrona ma l’accordo con i russi è saltato

Il presidente della commissione Esteri del Senato non lascia ma riconosce che “non ci sono più le condizioni” per portare avanti l’intesa con la controparte di Mosca. Basterà questo a evitare nuove richieste di dimissioni? Lo diranno i prossimi appuntamenti, spiegano i partiti

Leadership femminile. Enav e la ministra Bonetti nella torre di controllo

L’inclusività di genere e la leadership femminile sono i temi al centro della visita della ministra Elena Bonetti presso la torre di controllo Enav nell’aeroporto di Fiumicino. Con lei anche la presidente Francesca Isgrò e l’ad Paolo Simioni, nel giorno della Festa della donna

Joe Biden ordine esecutivo

Una No-fly zone ucraina. L'appello a Biden (con firme "pesanti")

Mentre l’esercito russo prosegue nella sua campagna d’invasione dell’Ucraina, l’Occidente si ricompatta. In una lettera indirizzata al presidente Usa, Biden, trenta esperti sollecitano la creazione di una No-fly zone sopra l’Ucraina. Intanto, cresce anche l’Europa della Difesa con il referendum danese

Dal 9 marzo l’Ambiente “entra” in Costituzione. Cosa cambia

Il 9 marzo entra in vigore la modifica costituzionale. Come è cambiata la carta? Tutti i dettagli nella riflessione di Massimo Medugno

×

Iscriviti alla newsletter