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Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti, alcune fregate della Nato hanno cercato di effettuare una ricognizione elettronica delle navi russe impegnate nelle esercitazioni nel Mar Mediterraneo orientale. Ria cita “una fonte ben informata” su questo incidente avvenuto ieri, 15 febbraio, nella porzione orientale del bacino. In risposta alle azioni aggressive della Nato, spiega la fonte, gli equipaggi degli incrociatori missilistici russi hanno rilevato le emissioni radar delle navi dell’Alleanza atlantica, tracciato i parametri dei loro spostamenti e “li hanno presi sotto scorta”, ossia messi sotto tiro.

La notizia diffusa da Ria è subito stata pubblicata da Sputnik, un altro media outlet del Cremlino che diffonde la narrazione putiana in diverse lingue per essere più efficace a livello internazionale. Sputnik cita sulle sue colonne una fonte informata che dice le stesse cose pubblicate da Ria. In questo momento Mosca sta cercando di costruire lo spin per il tema “russofobia”: lo fa il ministero degli Esteri quando attacca gli occidentali per aver creato il panico su un’invasione sempre negata da Mosca, lo fa la Difesa annunciando il rientro alle basi di alcune unità e raccontando incidenti le cui colpe ricadrebbero sulla Nato.

Non ci sono commenti da parte delle unità occidentali presenti nell’area, dove in queste settimane si sono esercitare forze alleate in manovre congiunte che hanno visto impegnata la portaerei americana “Harry Truman”, quella francese “Charles De Gaulle” e l’italiana “Nave Cavour” — insieme ai rispettivi gruppi da battaglia. Elementi delle forze marittime francesi, italiane e statunitensi operano abitualmente insieme, promuovendo un approccio cooperativo verso la sicurezza e la stabilità regionale. Più raro vedere invece un ampio dispiegamento russo nel bacino.

E invece in questi giorni di tensioni innescate dalle esercitazioni russe attorno all’Ucraina, Mosca ha messo in movimento tutti i distretti militari, comprese le varie flotte. Risultato: attualmente 15 navi da guerra e più di 30 aerei stanno prendendo parte alle esercitazioni della marina russa nel Mar Mediterraneo. Wargame che — come quelli di Barents — sono parte del confronto in corso, in cui Mosca vuole marcare il territorio in cui intende proiettare i propri interessi strategici e ancora prima costruire un nuovo meccanismo di coabitazione.

In queste attività un ruolo centrale ce l’ha la Siria, in particolare le basi aeree di Hmeimim e quella navale di Tartus. Recentemente le navi russe entrate nel Mediterraneo sia da Gibilterra che da Suez vi hanno fatto scalo (alcune sono rimaste nel bacino, altre sono nel Mar Nero per altre esercitazioni). Contemporaneamente nella base aerea di proprietà russa nella provincia assadista di Latakia sono arrivati nuovi assetti, tra cui alcuni Mig-31K e i Tu-22M3 armati con i missili ipersonici Kinzhal. Anche questi parteciperanno alle esercitazioni navali in quanto posso essere usati per ingaggi aria-mare.

È questo il compito che Vladimir Putin ha studiato per la Siria sin da quando nel 2015 decise di intervenire per salvare il regime. Contrariamente alla propaganda di Mosca, l’intento russo non è mai stato quello di combattere lo Stato islamico — disarticolato dalla sua forma statuale per opera della Coalizione internazionale a guida statunitense — bensì di salvare il regime di Damasco per poi rendere la Siria una succursale russa da utilizzare come affaccio strategico diretto nel Mediterraneo (la presenza nella Libia orientale ha come intento l’allargamento di questo piano, anche in quel caso al netto della propaganda e della disinformazione che accompagna lo schieramento in Cirenaica della Wagner).

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