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Habemus TTC. Un’analisi rapida del primo incontro e alcune considerazioni sul futuro.

Anzitutto, su Pittsburgh: il luogo rappresenta la trasformazione, dal potere basato su “carbone e acciaio” alla tecnologia digitale e a una nuova forma di arte del governo.

Il più grande risultato è stato che la riunione ha avuto luogo. Dopo Aukus, Afghanistan e Nord Stream 2, era in dubbio. La Francia, con un tacito appoggio della Germania, si è affrettata a “mettere in pausa” il lancio del TTC. Rimandarlo avrebbe potuto effettivamente ucciderlo.

Se il TTC decolla, potrebbe essere un complemento euroatlantico al Quad nel Pacifico e la premessa per un nuovo accordo tecnologico tra democrazie. La dichiarazione congiunta fornisce una Stele di Rosetta per l’azione e l’ambizione futura.

Sui semiconduttori, gli accordi iniziali sulla sicurezza e la resilienza della catena di approvvigionamento sono modesti. Ma dato il Chips Act da 52 miliardi di dollari, l’Orizzonte Europa da 93 miliardi di euro e il Recovery Fund da 750 miliardi di euro, una “corsia dedicata ai semiconduttori” nel “medio-lungo termine” rappresenta una possibilità per un programma più ambizioso.

Ciò potrebbe tradursi in consorzi euroamericani su ricerca, progettazione e fabbricazione per raggiungere l’obiettivo, fissato dall’EU Digital Compass, di realizzare (a livello euroopeo, ndr) entro il 2030 il 20% di chip al mondo. Parigi potrebbe sfruttare i suoi punti di forza per realizzare un hub francese per i chip di fascia alta durante il secondo TTC nel primo trimestre del 2022 sotto la sua presidenza del Consiglio dell’Unione europea e prima delle elezioni.

Su accesso e controllo della tecnologia, le parti hanno concordato di approfondire la cooperazione tecnica, la condivisione delle informazioni e il lavoro congiunto con il settore privato sui controlli delle esportazioni dual use e lo screening degli investimenti. Nel medio termine, l’Unione europea e gli Stati Uniti potrebbero coinvolgere la Nato sulla condivisione delle informazioni in singoli casi di esportazione e investimenti; esaminare la protezione della ricerca; creare un’area Schengen euro-atlantica per i ricercatori in scienze e tecnologie; e guardare alla cooperazione sullo screening degli investimenti in uscita e sull’accesso ai dati.

Su intelligenza artificiale e piattaforme, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno concordato di spingere le Big Tech a condividere i dati con il mondo accademico per fornire trasparenza sulla potenziale manipolazione algoritmica degli utenti. Si sono anche trovati d’accordo sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale basata sul rischio e sul social scoring.

La Commissione si è impegnata in un atto molto impegnativo per costruire un progetto strategico che potrebbe avere il consenso degli Stati membri, del Parlamento europeo e dei cittadini. Per farlo, ha delineato quattro “no” (relativi a TTIP, alleanza anti Cina, Privacy Shield 2.0 e Digital Market Act).

Ma naturalmente, la realtà è più complicata. Per esempio, la dichiarazione congiunta è piena espressioni da falco sulla Cina. “Economie non di mercato”, “fusione civile-militare”, uso di “social scoring” da parte di “governi autoritari” sono tutti riferimenti alla Cina.

L’Unione europea vuole evitare una narrazione secondo cui che il TTC avviene “a porte chiuse” come cavallo di Troia per gli interessi di GAFA (Big Tech, ndr).

Le proteste su ACTA (2012), TTIP (2015-6) censura (2018) e referendum olandese sull’Ucraina (2016) offrono un copione che potrebbe essere strumentalizzato da operazioni di influenza/disinformazione dalla Cina, il cui interesse è vedere fallire il TTC.

Infine, senza il pieno sostegno e consenso di Francia e Germania, gli architetti della ricerca di sovranità tecnologica dell’Unione europea, la Commissione non avrà la possibilità di negoziare alla pari con gli Stati Uniti. Su molte questioni, Open RAN, cloud e chip, le due parti non sono completamente d’accordo.

***

Il testo è un adattamento di un thread pubblicato su Twitter da Tyson Barker. L’analisi integrale, in lingua inglese, si può leggere su Internationale Politik Quarterly, magazine del German Council on Foreign Relations

(Foto: Twitter, @SecBlinken)

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