Skip to main content

Che la Cina fosse interessata all’Afghanistan in maniera totalmente concentrata sulla sicurezza regionale è stato più volte detto: ed è altrettanto chiaro che questa sia un’esigenza tattico-strategica per evitare problemi in casa propria, ma anche da sfruttare per consolidarsi nella regione centro-asiatica. L’Afghanistan d’altronde (al di fuori di una certa superficiale narrazione che ha seguito istintivamente la ricaduta di Kabul in mano talebana) ha poco da offrire e molto da preoccupare, ma l’area in cui è inserito è ghiotto. Pechino ha un timore su tutti: l’incapacità dei nuovi governanti afghani di controllare la grande quantità di gruppi jihadisti che si muovono sul territorio afghano, su tutti lo Stato islamico nel Khorasan (Iskp).

Vero che la potenzialità è drammatica. Se quelle organizzazioni riescono ad aumentare i contatti con i movimenti dello Xinjiang; se il contesto interno all’Afghanistan dovesse favorire il proselitismo; se certe dinamiche dovessero allargarsi ai Paesi confinanti; si verificherebbero condizioni per cui il Partito/Stato si troverebbe un bubbone radicale proprio ai suoi confini e all’interno di un’area che fa da inevitabile ponte geografico (dunque geopolitico) tra Europea e Asia – ossia all’interno della Belt and Road Initiative (Bri).

Recentemente l’Iskp ha diffuso uno dei vari video propagandistici in cui dichiarava apertamente di cercare proseliti tra le minoranze islamiche della regione per combattere i cinesi – che sono individuati come degli imperialisti che cercano di sfruttare i territori centro-asiatici. Certamente non è un messaggio rassicurante per la Cina, che ha già subito attacchi terroristici diretti contro i propri cittadini che lavorano nelle infrastrutture del Corridoio pakistano, che dovrà collegare la Bri con l’Indo Pacifico.

Il timore di Pechino è che queste istanze e queste attività possano arrivare a contaminarsi, o meglio coordinarsi, con il Movimento islamico del Turkestan orientale, che il governo cinese accusa di destabilizzare lo Xinjiang – la provincia occidentale dove vivono diverse minoranze musulmane e in cui il Partito/stato ha creato dei campi di rieducazione per evitare l’allargamento della per-ora-minima base radicale.

Davanti a questa situazione complessa, la Cina ha cercato appoggio tra i propri partner regionali – perché chiaramente non si fida delle capacità dei Talebani di amministrare il territorio che vorrebbero governare. Il Tagikistan ha fatto un passo in avanti rispetto ai propri vicini: il parlamento di Dashenbe ha approvato la licenza di costruzione per una base di polizia cinese nella città di Vakhon, che si trova sul confine afghano. Di più: il governo tagiko ha anche proposto di cedere a Pechino la totale sovranità sulla base di regione di Murghab, costruita dai cinesi nel 2016 (nella base ci sono già unità dell’Esercito popolare che operano per attività di training e anti-terrorismo e sono parte del comando presente nello Xinjiang).

Il Tagikistan in cambio di queste concessioni ha chiesto l’aiuto del Partito/Stato per costruire nuove basi frontaliere – e questo sottintende che i cinesi potrebbero avere controllo parziale anche di quelle. Questo rafforzamento ha un obiettivo tattico e strategico: tattico perché servono come attività anti-terrorismo lungo il corridoio di Wakhan (che interseca Afghanistan, Tagikistan e Cina), strategico perché sfruttando la minaccia (esasperata e probabilmente esagerata dello Xinjiang) Pechino riesce ad aumentare la propria capacità militare nell’Asia centrale.

Perché la Cina cerca basi in Asia Centrale

Pechino vuole evitare problemi dall’Afghanistan. Il timore è che le dinamiche jihadiste possano toccare lo Xinjiang, ma allo stesso tempo questa è anche una scusa per rafforzare la propria presenza strategica nell’Asia Centrale

Nucleare, ecco il convitato di pietra al G20 e alla Cop26

L’Italia ha presieduto il G20 ed è co-presidente, con il Regno Unito, della COP26. Ed è, nelle vesti di presidente e co-presidente, in una difficile posizione per essere lo Stato che pone sul tappeto un tema che è divisivo. Si può veramente pensare di risolvere i problemi del clima, strettamente legati a quelli dell’energia, senza ricorrere al nucleare utilizzato a fini pacifici di sviluppo?

Ddl Zan e non solo, il Pd nel solco tra palazzi e piazza. Scrive Nicodemo

Sul Ddl Zan il Pd ha avuto una posizione nettissima, niente compromessi sulla vita e sui diritti delle persone. Lo ha fatto alla Camera, lo ha fatto prima della pausa estiva al Senato. Le sue scelte sono state coerenti. Anche a rischio di perdere, come è successo questa settimana. Ma se ha perso nelle dinamiche parlamentari, ha sicuramente vinto la fiducia delle piazze

Zeta come Zan, ma soprattutto Zan come Twitter

È Twitter la piattaforma che riesce a monopolizzare una quota elevata del dibattito sviluppatosi subito dopo il voto in Aula di mercoledì 27 ottobre, riuscendo a prendersi poco meno del 75% del parlato complessivo che ha generato la keyword #ddlZan. L’analisi di Domenico Giordano, Arcadia, sui numeri generati dal social network

Il clima e quel filo rosso di Biden che lega la politica estera a quella interna

La fragilità del sistema politico americano rappresenta una sfida decisiva per l’amministrazione e l’America. Il commento post G20 di Brian Katulis, senior fellow del Center for American Progress

Salviamo il dialogo con Varsavia, whatever it takes

Secondo l’establishment europeo la Polonia merita una punizione esemplare, ma al contempo risulta impossibile tagliare i ponti con Varsavia. Far saltare in aria il rapporto con l’alleato polacco, equivale a rinunciare ad un satellite strategico nel confronto con le potenze dell’est, e ad indebolire il fronte atlantico

Cercasi Europa per la geopolitica araba. Il punto dell'amb. Minuto Rizzo

A dieci anni dalla Primavere arabe, la regione mediorientale continua a vivere di grande fluidità. Potrebbe però essere il momento giusto per cambiare la situazione. Conversazione con Alessandro Minuto Rizzo, presidente della Nato Defense College Foundation, che la scorsa settimana ha organizzato il convegno Arab Geopolitics

Vi racconto il minimalismo musicale

Congrua rappresentazione del tessuto sociale moderno, la musica classica diviene contemporanea. Ecco gli esempi di Nyman e di Glass nell’analisi di Claudio Mattia Serafin

Legge di bilancio, disegno razionale o esercizio di buon senso?

La manovra 2021 è sì ecumenica, ma interlocutoria, scritta con il fiato sospeso, per così dire, sulla pandemia, la ripresa economica e il loro incerto decorso. L’analisi di Pasquale Lucio Scandizzo

Usa-Francia. Dopo l’intesa al G20, ora si guarda alla Nato?

Di Federiga Bindi

Per Macron un segretario generale dell’Alleanza scelto da Parigi sarebbe una vittoria. E l’incontro a Roma con Biden… L’analisi di Federiga Bindi, professoressa dell’Università di Roma Tor Vergata e della University of Colorado

×

Iscriviti alla newsletter