Skip to main content

L’Europa politica che oggi si raduna sotto la bandiera dell’Unione europea sta vivendo, in questi ultimi anni (direi dall’inizio della pandemia a oggi), uno dei momenti più difficili della sua giovane storia. Hanno contribuito a generare questo stato di disagio, politico ed economico, la pandemia, per l’appunto, e la guerra in Ucraina, eventi seguiti da alcune scelte economiche non esattamente degne di un corpo politico unico, come dovrebbe essere l’Unione.

Senza dire oltre su ciò che tutti sappiamo, cerchiamo di capire perché, nel silenzio generale, Mario Draghi abbia, a più riprese, indicato un suo “manifesto” (fondamentalmente con il suo scritto titolato The Future of European Competitiveness ribattezzato “piano Draghi”) per poi tornare, da ultimo, con alcune forti affermazioni circa la necessità di “ritrovare” l’unità e rilanciare la competitività altrimenti “si rischia la solitudine, l’Unione europea agisca come uno Stato”. In sintesi: solo uniti, politicamente ed economicamente, potremo reggere l’impatto della competizione mondiale, dove i principali player (Stati Uniti e Cina, ma anche India e Russia) stanno imponendo il loro passo economico e finanziario.

Perché non piace la ricetta Draghi per l’Europa? E cosa c’entra Niccolò Machiavelli?

Nel 1494, mentre Cristoforo Colombo era già sbarcato nelle Americhe, Carlo VIII scese in Italia per conquistare Napoli. Nella scorribanda travolse un po’ tutti, compresa la famiglia de’ Medici a Firenze. In poche parole, gli equilibri regionali e i rapporti di forza vennero sconvolti (alcuni detrattori di Piero de’ Medici si alleano con l’invasore). In questo scenario, Niccolò Machiavelli, come Draghi un civil servant diremo oggi della municipalità di Firenze, ragionò su questo scenario: gli equilibri geopolitici dall’Italia geografica erano sconvolti dalla discesa dell’esercito di Carlo VIII; si evidenziarono così le debolezze di una divisione del territorio in municipalità indipendenti e  molto deboli, militarmente e politicamente oltre che economicamente (per far le guerre occorrono i denari); i regnanti dell’Italia geografica non dialogavano tra loro, e si arroccavano nei loro possedimenti; non c’era unità d’intenti tra i principi. C’è bisogno di una scossa, pensò Machiavelli all’epoca dei fatti.

Qui il parallelo è facile; tra il 1494 e il 2025 le differenze sono solo storiche, non certo concettuali. Draghi, come Machiavelli vede la mancanza di un indirizzo comune nella politica economica e militare europea, Draghi come Machiavelli scrive il suo trattato, con le debite differenze di tempi ed esigenze ma con il comune spirito di spronare un nuovo modo di intendere il governo del territorio e la gestione del Regno.

Perché, memori della nostra storia, ora come allora la lettera di un illuminato lascia indifferenti i potenti dei governi europei?

Di seguito proverò a esaminare quelli che sono i principali ostacoli, storicamente conclamati, alla realizzazione dell’ambizioso progetto.

Se è vero che la maggiore critica al “piano Draghi” è quella di voler vedere l’Europa come gli Stati Uniti (nella sua accezione politica) e quindi come una federazione di Stati – se pur imperfetta – è altrettanto vero che la storia e gli eventi che hanno attraversato il continente europeo impedisce questa visione collettiva, con buona pace dei fondatori della Comunità Economica Europea del Trattato di Roma del 1957.

La storia d’Europa è costellata da rivalità e guerre, lunghe e cruente, che hanno messo uno contro l’altro i maggiori paesi che la compongono. Siamo storicamente e culturalmente diversi e divisi da secoli. E se dal Rinascimento in poi le guerre condotte sui territori hanno sempre rimarcato queste differenze, portando in auge quel regnante o quel condottiero di turno a imporre il suo sigillo sull’Europa, oggi si continua a combattere, per la dominazione economica e finanziaria. Quando leggiamo sui giornali di operazioni che coinvolgono banche, o grandi gruppi industriali, è impossibile non notare come sia evidente il tentativo di “dominare” quel settore da parte dell’attore statale o nazionale a discapito di un altro attore nazionale. La battaglia che, per esempio, si sta letteralmente combattendo in Italia su alcuni poli bancari e, di rimando, soprattutto su Generali, il colosso assicurativo e finanziario, evidenzia questa belligeranza a oltranza.

Secondo Draghi, stiamo perdendo tempo, in questo “risiko” europeo. Le piccole scaramucce locali ci troveranno impreparati (come trovarono impreparati i regnanti italici alla discesa di Carlo VIII) se e quando il ciclone scatenato dalle super potenze si abbatterà sull’Europa economica e sui relativi deboli equilibri finanziari (e che dire del povero euro? Se si eccettuano due isolati picchi di forza nel 2018 e nel 2021, il valore odierno è pari a quello di 10 anni fa nel cambio con il dollaro). A tale proposito, vorrei solo individuare ed evidenziare due elementi che fanno dell’Europa un polo finanziario debole (pur essendo il continente più ricco): la mancanza di un mercato azionario e di borsa “forte” per le piazze finanziarie (c’era il London Stock Exchange fino a quando la Brexit non ne ha drasticamente ridotto l’importanza) in grado di competere con il New York Stock Exchange e i mercati asiatici; il totale monopolio statunitense nel settore delle Agenzie di rating (Moody’s, Standard and Poor’s, Fitch). Non dimentichiamo che queste agenzie non sono né indipendenti (basti osservare la composizione del loro azionariato di controllo), né obiettive (nel 2008 queste agenzie assegnarono un rating positivo a Lehman Brothers, che di fatto era insolvente).

L’appello di Draghi, come quello che fu di Machiavelli era corretto e mirato, contestualizzato dall’evidenza di una crisi di posizioni in cui il continente Europeo, oggi, rischia di essere il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro. 

Noi italiani abbiamo vissuto così per secoli. Abbiamo combattuto in maniera fratricida, Guelfi contro Ghibellini, per poi dissolverci come neve al sole alle ondate e alle invasioni degli Stati che, molto prima di noi, si erano organizzati come stato unitario. Per non ripetere questa storia, ora a livello europeo si invoca un esercito unico Europeo affinché l’idea originale torni a prendere forma, affinché l’Europa di oggi non sia come l’Italia di ieri, divisa, frammentata e isolazionista, tanto da ispirare il buon Machiavelli nella sua opera letteraria. In fin dei conti, Draghi ci parla della nostra storia, e ci sta dicendo che, su scala Europea, non dobbiamo più commettere quegli errori.

Tutto questo, però, non piace. Non piace ai sovranisti, agli assolutisti, agli indipendentisti. Non piace ai nazionalisti, che non sempre coincidono con idee politiche di destra (vedasi la Francia, per l’appunto). Non piacciono ai protezionisti. Non piace a chi vuole tutelare quanto di buono (secondo loro) è stato fatto nel passato nel proprio paese, rivendicando la titolarità di modelli di Stato a loro detta “perfetti” (vedasi Viktor Orbán in Ungheria).

E mentre Paesi come la Germania si interrogano su “dove abbiamo sbagliato”, mentre gli inglesi si mordono la lingua per non dire che la Brexit è stato il più grande errore che la loro storia ricordi, mentre la Spagna litiga perennemente sul separatismo economico della Catalogna, mentre la Francia spera di annettere l’economia italiana “che conta” al suo controllo, Draghi dice: basta competizione all’interno dell’Unione, la divisione nazionalistica degli asset e delle strategie economiche (soprattutto) ci annienterà nella competizione globale.

Draghi dice una cosa assolutamente vera, che la nostra storia e la nostra politica di breve visione (altro limite strutturale della politica) ci impedisce di accogliere. L’ultimo esempio lo abbiamo avuto dalla riunione convocata dal presidente francese Emmanuel Macron e rivolta ad “alcuni” leader politici europei (perché solo alcuni e perché convocata da Macron con anche la presidente della Commission europea Ursula von der Leyen, e non il contrario?).

E che dire dei cosiddetti Paesi frugali dell’Unione europea? Ma cosa significa Paesi frugali? Cosa dicono i Paesi frugali? Sono governati da teorie calviniste? Se Draghi propone un debito pubblico comune loro che fanno, si astengono?

Draghi sta tenendo una lectio magistralis, ripercorrendo concetti antichi di 600 anni (con i dovuti accorgimenti) mentre i suoi alunni continuano a tirarsi chicchi di riso con la penna bic. Ma gli esami di giugno sono prossimi.

Cosa c'entra Machiavelli nella ricetta Draghi per l’Europa. L’opinione del gen. Costantini

Di Paolo Costantini

Draghi sta tenendo una lectio magistralis, ripercorrendo concetti antichi di 600 anni (con i dovuti accorgimenti) mentre i suoi alunni continuano a tirarsi chicchi di riso con la penna bic. Ma gli esami di giugno sono prossimi. L’opinione di Paolo Costantini, generale di brigata in congedo della Guardia di Finanza, già funzionario dei servizi di intelligence 

Nella guerra ibrida contro le democrazie si gioca il futuro dell'Occidente. Il libro di Molinari

I conflitti in Israele e Ucraina mettono l’Europa di fronte a una sfida che ha a che fare con la sopravvivenza dell’Occidente. Le autocrazie minacciano l’ordine globale e la risposta deve essere unitaria in particolare sulla costruzione di una Difesa comune. A maggior ragione di fronte a un’America che considera l’Ue non più un alleato ma un partner. Il convegno di Centro Popolare sull’ultimo libro di Maurizio Molinari, La nuova guerra contro le democrazie (Rizzoli)

Bene le politiche di Trump. I nostri modelli in Ue? Meloni sulla buona strada. Parla Marion Maréchal

Intervista all’eurodeputata Marion Maréchal, già volto del Front national, fondatrice del nuovo movimento politico, Identité-Libertés: “Le politiche di Trump sono in linea con ciò che speriamo di ottenere in Francia. E per fortuna abbiamo anche i nostri modelli in Europa: l’Italia con Giorgia Meloni è già sulla buona strada con notevole successo. Rafforziamo le nostre capacità di difesa nazionali, investiamo di più in questo settore e togliamolo dal calcolo del 3% del deficit, diamo priorità agli acquisti militari-industriali europei”

I muri sugli investimenti cinesi nella nuova politica di Trump spiegati dall’avv. Picotti

Di Luca Picotti

Favorire gli investimenti negli Usa e tracciare confini netti in nome della sicurezza nazionale. Ecco gli obiettivi del memorandum “America First Investment Policy”. Il commento dell’avvocato Luca Picotti

Le vie del mare. Geopolitica e sicurezza nell'Indo-Pacifico nelle parole di Elia Valori

Tra nuove (e vecchie) strategie militari, le potenze globali si sfidano su un terreno dalle specifiche caratteristiche geografiche che potrebbe essere decisivo per gli equilibri del XXI secolo

Dalla comicità alla cura. La Fondazione Guido Carli lancia la giornata del buonumore

In vista della lezione agli studenti che Carlo Verdone terrà nell’Aula Magna Mario Arcelli della Luiss mercoledì 11 marzo 2025 alle ore 17.30 la Fondazione Guido Carli propone l’istituzione di una Giornata nazionale del Buonumore, coinvolgendo comici italiani per portare sollievo a chi soffre. “Celebrare il merito del sorriso sarebbe piaciuto a Guido Carli, convinto fautore della virtù benefica della speranza e del suo potere etico”, ha commentato la presidente Romana Liuzzo

Perché il ritorno alla crescita economica non è in vista. Scrive Zecchini

Gli indici Pmi in Germania e Francia non migliorano e restano in bilico tra decrescita e stagnazione. I consumi e più in generale la domanda interna non tira ma rimane debole, come ha sottolineato per l’Italia il governatore  di bankitalia, Fabio Panetta nell’ultimo incontro all’Abi. E le erogazioni di credito languono. L’analisi di Salvatore Zecchini

marshal shaposnikov nave russa

Cosa fa la flotta russa nel Mediterraneo

Un report del Ndc evidenzia come la marina russa operi con una presenza limitata, senza rappresentare una minaccia diretta alla Nato. Tuttavia, le sue attività nel Mediterraneo mandano segnali chiari sulla volontà del Cremlino di restare un attore rilevante nella regione

Spazio, underwater e droni. Quanto conta la Difesa negli accordi tra Roma e Abu Dhabi

Il Forum dell’imprenditorialità è stato più di un semplice incontro di rito e ha segnato importanti novità per i rapporti tra Italia ed Emirati Arabi Uniti. Non solo economia però. Una parte consistente degli accordi rafforza i legami tra Roma e Abu Dhabi nel settore della Difesa e rilancia il ruolo dell’Italia come punto di riferimento per i partner in Medio Oriente. Su tutti, si distingue l’accordo sulla subacquea, settore in ascesa su cui l’Italia può fare la differenza

Cosa cambierà dopo le nozze tra Saipem e Subsea7

La società frutto delle nozze, denominata Saipem7, avrà un portafoglio ordini aggregato di 43 miliardi di euro, ricavi per circa 20 miliardi di euro e un Ebitda di oltre 2 miliardi di euro. Tutti i dettagli

×

Iscriviti alla newsletter