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Cosa spinge l’Unione europea e gli Stati membri ad avere un atteggiamento ondivago e altalenante quando si tratta di concludere accordi di libero scambio? E come si posizionano i partiti rispetto alla liberalizzazione del commercio? Indipendentemente dal loro orientamento politico, i partiti di governo tendono a favorirlo, mentre quelli all’opposizione generalmente vi si oppongono. Epicenter – una coalizione di think tank europei favorevoli al libero mercato – ha analizzato come si comportano i parlamentari dei Paesi del sud Europa (Italia, Spagna e Grecia) in materia di politiche commerciali.

L’opposizione dei parlamentari alla liberalizzazione degli scambi commerciali sarebbe dunque più opportunistica che ideologica. Raising barriers – transforming attitudes to trade in Southern Europe è il titolo dello studio condotto in collaborazione con la Fundaciòn Civismo (Spagna), Kefim (Grecia) e Istituto Bruno Leoni (Italia) al fine di analizzare il processo di ratifica degli Fta (Free Trade Agreements) negoziati dalla Commissione Europea tra il 2012 e il 2019. In questo arco temporale, l’Unione Europea ha concluso 16 accordi di libero scambio pluri- o bi-laterali. Di questi, solo tre non hanno richiesto l’approvazione dei parlamentari nazionali.

All’interno della società, tre sono i gruppi che si oppongono al libero scambio. Il primo gruppo è rappresentato dalle imprese che hanno una presenza consolidata nel mercato e che potrebbero essere danneggiate dalla concorrenza estera. Nel secondo troviamo i lavoratori di queste imprese, specialmente nei casi in cui sono fortemente sindacalizzati. Al terzo gruppo appartengono spesso i movimenti ambientalisti, che non di rado manifestano una opposizione pregiudiziale al libero scambio. I partiti politici sono portati a cavalcare gli argomenti portati avanti da questi gruppi, adottando un comportamento ambiguo a seconda che si trovino dentro o fuori la maggioranza di governo.

Ma a cosa sono quindi dovute le posizioni contrarie dei partiti d’opposizione?  I parlamentari di Italia, Spagna e Grecia, sia nei parlamenti nazionali che in quello europeo, agiscono in maniera simile. Quando sono all’opposizione, per loro sostenere la liberalizzazione del commercio internazionale è un rischio politico troppo grande. Inoltre sono portati a sfruttare le istanze populiste riguardanti l’occupazione, l’ambiente e le pratiche lobbistiche dei portatori di interessi, anche approfittando del fatto che le loro prese di posizione non hanno, nei fatti, conseguenze reali. In tal modo essi possono lucrare sulla rendita dell’opposizione senza assumersi la responsabilità dell’eventuale fallimento del trattato.

Per Carlo Stagnaro e Aina Turillazzi, autori della parte sull’Italia, “sembra che i partiti politici di opposizione vedano gli accordi di libero scambio come una sconfitta politica, per cui tendono a opporsi ad essi, sfidando la maggioranza di governo a fare lo stesso. Ma quando hanno la responsabilità di partecipare al governo, gli stessi partiti, nonostante il disagio che possano avvertire, tendono ad allinearsi con quello che è percepito come un interesse superiore. In una certa misura, ciò può riflettere la generale inclinazione dei partiti di opposizione a biasimare il governo per tutto ciò che non va bene e a usare ogni argomento per criticare le sue decisioni. Tuttavia, in tema di scambi commerciali, i partiti che passano dall’opposizione alla maggioranza di governo tendono a cambiare posizione più prontamente che su quasi qualsiasi altro argomento”.

Il rapporto di Epicenter prova inoltre a illustrare alcune strategie per aggirare la contrarietà al libero scambio di partiti e di una fetta dell’opinione pubblica. Tra le questioni più importanti ci sono le perdite concentrate di breve termine nelle quali incorrono le attività industriali (per esempio la chiusura di una fabbrica a causa dell’aumento della concorrenza). Come far accettare queste “perdite” momentanee? I governi potrebbero intervenire per compensare tali perdite di breve termine causate dalla liberalizzazione del mercato, dal momento che i benefici per l’economia in generale derivanti dal libero scambio superano di gran lunga i costi di una tale operazione. È anche grazie al libero scambio che il benessere si è così diffuso in epoca recente.

Altre proposte ancora, contenute in un secondo Briefing di Epicenter, riguardano l’aumento dei poteri della Commissione in materia di accordi di libero scambio, compensati però da alcune garanzie: anticipare alla fase iniziale della negoziazione la definizione di un set minimo di regole riguardo gli aspetti ambientali; coinvolgere i governi nazionali e locali in modo partecipativo; prevedere forme di dibattito pubblico sui contenuti dei trattati; promuovere una maggiore partecipazione dei parlamentari europei alla discussione anche in ambito nazionale.

Lo scambio è libero, la politica non sempre. Lo studio Epicenter

Di Giorgio Miccoli Minarelli

Come e perché l’Unione europea e gli Stati membri mantengono un atteggiamento ondivago e altalenante quando si tratta di concludere accordi di libero scambio. Lo studio di Epicenter nell’analisi di Giorgio Miccoli Minarelli, collaboratore dell’Istituto Bruno Leoni

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