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La presenza del primo ministro libico, Abdelhamid Dabaiba, in Francia, per incontri con Emmanuel Macron e vari esponenti del suo governo si porta dietro considerazioni di diverso ordine. Anche perché la visita arriva il giorno successivo di una simile a Roma. Prime due tappe europee dei vari viaggi in cui il capo del Governo di unità nazionale s’è trovato impegnato nei primi quattro mesi di mandato — ricevuto sotto egida Onu col compito ad interim per portare il paese a nuove elezioni già fissate per dicembre.

Innanzitutto, il fronte internazionale. Francia e Italia hanno raggiunto un equilibrio nel relazionarsi in ottica Nordafrica e Sahel. L’idea, uscita da quello che fonti diplomatiche descrivono come un “reset” italo-francese, è ambiziosa: costruire una politica estera mediterranea per l’Unione europea. Un modo per rafforzare la presenza, in ottica unitaria, in una regione in cui potenze rivali come Russia e Cina, e competitive come la Turchia, muovono carte importanti.

Poi il quadro regionale appunto: la Francia intende recuperare terreno. Ha sofferto recentemente colpi pensanti con i golpe in Mali e Ciad, e con la sconfitta del cavallo libico (il ribelle Khalifa Haftar che intendeva rovesciare il precedente governo onusiano di Tripoli). Macron vede in questo quadro un riavvicinamento all’Italia come funzionale e un contatto con Dabaiba come necessario. La stabilizzazione libica va protetta, perché è stata già portatrice di dinamiche di appeasement nell’area (vedere i contatti riavviato tra Egitto e Turchia è quello in fase di riavvio negli Emirati Arabi).

Poi c’è il fronte interno alla Libia. Il passaggio Roma-Parigi è stato accompagnato da una doppia intervista (ieri uscito su Repubblica oggi sull’Opinion) di uno egli attori politici libici principali, l’ex ministro dell’Interno Fathi Bashaga, che ha sempre avuto con l’Europa rapporti buoni perché curatore del dossier immigrazione. Certe figure parlano ricordando — più o meno apertamente — i limiti di Dabaiba, ossia il ruolo ad interim. Il suo compito è portare il Paese alle elezioni, i contatti in Francia o in Italia, in Turchia o in Russia, servono per l’intento tattico (di cui gli si riconosce capacità) di ricevere supporto nel processo in corso, ma all’interno della Libia c’è un equilibrio molto delicato e tutto ruota attorno alle elezioni.

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