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Tre recenti mosse della Commissione europea si inseriscono all’interno di due scenari che l’esecutivo comunitario cerca, non senza fatiche, di fare coesistere: il rilancio delle relazioni transatlantiche dopo l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca (esempio più recente: la proposta europea di regolamentazione dell’intelligenza artificiale) e l’accordo sugli investimenti con la Cina (Cai) firmato negli ultimi giorni del 2020 dopo 7 anni di trattative e ben 35 round negoziali grazie a una forte spinta tedesca.

Ecco le tre mosse.

Prima: pochi giorni dopo la presentazione della strategica europea per l’Indo-Pacifico e ad altrettanti dal vertice con tra Unione europea e India (in cui dovrebbe essere annunciata una sorta di “Via della Seta alternativa” a quella cinese), il portavoce dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha diffuso una nota di condanna dell’assertività cinese nel Mar Cinese Meridionale sottolineando che “l’Unione europea ribadisce la sua ferma opposizione a qualsiasi azione unilaterale (terminologia che nel recente passato è stata adottata più nei confronti degli Stati Uniti di Donald Trump che verso la Cina di Xi Jinping) “che potrebbe minare la stabilità regionale e l’ordine internazionale”.

Seconda: in una lettera del 21 aprile, rivelata da Politico, inviata ai leader dei 27, a corredo del report per il Consiglio europeo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l’Alto rappresentante Josep Borrell scrive che Pechino “ha proseguito la svolta autoritaria” (e citano “la repressione nello Xinjiang e in Tibet” oltre alla repressione delle “libertà fondamentali a Hong Kong”) e fatto “pochi progressi” rispetto alle promesse economiche: questo “può solo avere un impatto negativo sulle relazioni fra Unione europea e Cina”, avvertono. Gli Stati Uniti, invece, “hanno confermato l’intenzione di impegnarsi di nuovo nelle istituzioni multilaterali e lavorare da vicino con alleati e partner, anche riguardo la Cina”, proseguono. “Quella mano tesa va raccolta”, aggiungono.

Terza: Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea con delega all’economia, ha annunciato, parlando con Politico che la prossima settimana l’esecutivo proporrà un nuovo regolante sui sussidi e sugli investimenti esteri “per controllare ed escludere società straniere indebitamente sovvenzionate dagli appalti pubblici nell’Unione europea, per esempio”. E ha aggiunto: “L’Unione europea si è impegnata a rafforzare la nostra toolbox per proteggerci quando i nostri partner globali non rispettano le regole”. Un messaggio chiaro alla Cina che fa il paio con un precedente annuncio del vicepresidente, quello di una nuova politica commerciale che prevede un forte impegno contro il lavoro forzato.

Commentando con Formiche.net quella proposta, Francesca Ghiretti, ricercatrice nell’ambito degli studi sull’Asia presso l’Istituto Affari Internazionali, notava: “Il tempismo dell’annuncio della nuova politica commerciale è ottimo e il discorso del commissario Dombrovskis sembra voler fornire una velata apologia della decisione di concludere il Cai e dimostrare che effettivamente esiste una strategia più ampia che tutela gli interessi, ma soprattutto i valori europei”.

Parole che suonano attuali anche dopo l’annuncio reso nelle ultime ore a Politico. Lo stesso si può dire delle conclusioni a cui arrivava Ghiretti: “In tutta onestà, dubito però che questo basti a rassicurare chi il Cai non lo vuole vedere finalizzato e quindi ad assicurarne un indisturbato passaggio al Parlamento europeo”. Ci sono, infatti, diversi settori economici in cui manca reciprocità, senza dimenticare le formulazioni vaghe (“sforzi continuati e sostenuti, di propria iniziativa”) circa l’impegno della Cina a rendere illegale il lavoro forzato.

Temi – raccontati su Formiche.net e sottolineati recentemente anche dal senatore Lucio Malan in occasione dell’audizione dell’ambasciatore cinese in Italia Li Junhua – che mettono a dura prova la compatibilità tra il rilancio delle relazioni transatlantiche dopo l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca e la visione della Cina come un mercato ricco di opportunità piuttosto che come un rivale strategico ancora molto diffusa in molti Paesi europei – come ben sa Mark Gitenstein, prossimo ambasciatore statunitense all’Unione europea.

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