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Friedrich Merz, 69 anni compiuti lo scorso 11 novembre. Delfino di Wolfgang Schaüble. Professione: avvocato. Tra gli incarichi precedenti: membro del consiglio di amministrazione di Commerzbank e presidente della filiale tedesca di BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo. Da tre anni è presidente dell’Unione cristiano-democratica di Germania. Tra un mese il Paese tornerà alle urne e lui sembra destinato a diventare il nuovo cancelliere, Alternative für Deutschland (secondo partito nei sondaggi) e aritmetica parlamentare permettendo.

In un discorso tenuto ieri a Berlino sulla politica estera tedesca in vista del voto del 23 febbraio, Merz ha promesso di “riorganizzare radicalmente la politica estera e di sicurezza” della Germania.

Grande attenzione è stata posta dagli osservatori sulle sue parole riguardanti il rapporto con la Cina alla luce dei forti legami commerciali ed economici tra i due Paesi.

Ha avvertito che gli investimenti in Cina (verso cui la Germania è il grande Paese più esposto in Europa) come un “grande rischio”. “La Cina non è un Paese dove esiste lo stato di diritto così come lo intendiamo noi. Bisogna pianificare eventuali grandi discontinuità, anche in relazione ai vostri investimenti in Cina”, ha aggiunto. “Se decidete di accettare questo rischio, assicuratevi che, nel caso in cui dobbiate azzerare completamente i vostri investimenti da un anno all’altro, ciò non metta a rischio l’intera azienda”, ha detto agli imprenditori. “E in nessun caso, per favore, dovreste rivolgervi al governo tedesco per chiedere aiuto finanziario in una situazione del genere”.

E ha anche messo in guardia sulla situazione economica in Cina che, ha sostenuto, “è più difficile di quanto ci rendiamo conto dall’esterno. I conflitti interni al Partito comunista cinese non sono stati risolti, ma piuttosto repressi. Il Paese non è nello stato che così spesso ci viene raccontato dai leader cinesi attraverso i media di Stato. Non è un Paese né una leadership esente da preoccupazioni e problemi, né in una posizione di potere incontrastato”, ha aggiunto.

Ha poi parlato della sfida sistemica cinese. “Siamo testimoni dell’erosione dell’ordine liberale internazionale”, ha dichiarato ancora citando la convergenza di Russia, Cina e altre forze mondiali nel confronto conflittuale con l’Occidente. “Negli ultimi dieci anni è emerso un asse delle autocrazie che esercita un’influenza destabilizzante su diverse regioni del mondo, mina l’Occidente politico e sfrutta le crisi a proprio vantaggio. Questo non è né più né meno che un asse revanscista e anti-liberale che abbraccia la competizione sistemica con le democrazie liberali”, ha aggiunto.

Si è soffermato sulla situazione nell’Indo-Pacifico dove, ha spiegato, “la leadership cinese sta lavorando per l’obiettivo della supremazia regionale, che mette fine all’influenza americana”. In questo senso, le mire cinesi su Taiwan (isola che Pechino considera una provincia ribelle da annettere anche con la forza se necessario) rappresentano “uno dei conflitti più pericolosi per la stabilità dell’ordine” mondiale, ha aggiunto. “I nostri partner nell’Indo-Pacifico hanno bisogno di un segnale che la nostra presenza non si limiterà al transito occasionale di una fregata”, ha proseguito citando Giappone, India, Australia e Nuova Zelanda. “I nostri partner in questa regione geo-strategicamente centrale devono sapere che contribuiremo attivamente alla stabilità e alla libertà. Pertanto, invoco una presenza navale permanente europea nell’Indo-Pacifico”, ha continuato.

A poche ore dal discorso di Merz è arrivata la risposta di Pechino. La Germania ”dovrebbe considerare in modo obiettivo e razionale lo sviluppo della Cina, sostenere la tradizione di amicizia tra i due Paesi, riconoscere la natura reciprocamente vantaggiosa della cooperazione bilaterale e fare di più per allinearsi agli interessi di entrambi i Paesi e popoli”. È quanto ha commentato Mao Ning, la portavoce del ministero degli Esteri cinese.

(Foto: X, @_FriedrichMerz)

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