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A fine giornata chi vede nero più di tutti è il Pd. Nelle chat corre una sola domanda: e adesso che si fa con l’alleanza? È l’esito paradossale della crisi ormai apparentemente irreparabile del Movimento Cinque Stelle. Giuseppe Conte e Beppe Grillo non si parlano più. E il capitan-futuro del Movimento forse è già capitan-passato.

A niente è servita la mediazione in extremis di un drappello di parlamentari a casa dell’ex premier. Ettore Licheri, Paola Taverna e Stefano Patuanelli escono sconsolati. Conte non ha digerito il comizio del “Vate” a Montecitorio, questo giove


dì. Bruciano alcune frasi pronunciate di fronte agli eletti: “Conte deve studiare il Movimento”, “io sono il garante”, “lui ha bisogno di noi, non il contrario”.

Senza contare le distanze sul programma “rifondativo” che ormai sembrano incolmabili, a cominciare dalla regola dei due mandati. Resa dei conti rimandata a dopo il week end: lunedì, dicono fonti all’Adnkronos, Conte farà una conferenza stampa. Intanto nei palazzi romani sibila un dubbio: non è che se passa la linea Grillo salta anche il governo Draghi?

Non è così peregrino, numeri alla mano: i Cinque Stelle hanno ancora più di un terzo dei parlamentari. Se poi a suonare il campanello d’allarme ad Agorà è il sociologo Domenico De Masi, intellettuale prediletto dei grillini, il dubbio diventa un sospetto.

“Comunque vada, il governo reggerà – confida invece a Formiche.net Antonio Polito, vicedirettore del Corriere della Sera – se sarà crisi, non avverrà in sordina, ci sarà una spaccatura del Movimento, e il governo potrebbe perfino rafforzarsi politicamente”. Già, ma come? “Una parte coglierà l’occasione per tornare alle origini, radicalizzarsi, fare opposizione. L’altra continuerà a sostenere Draghi, risparmiandogli lo stop-and-go delle crisi quotidiane”.

Chi paga lo scotto più alto dallo scontro fra Conte e Grillo, dice Polito, è il Pd di Enrico Letta. “Così cade la stella polare del sistema di alleanze disegnato dal tandem Letta-Bettini. Un Movimento privato della guida di Conte non è più un alleato affidabile, può causare grossi guai in prossimità delle urne”. Per i pentastellati è una doccia fredda, ma non del tutto imprevedibile. “Da tempo abbiamo capito che il Movimento Cinque Stelle non può avere un capo politico, ma solo un padrone. Da questo punto di vista è una realtà speculare a Forza Italia, non è scalabile”.

Sul futuro di Conte, ammesso che lo strappo si consumi davvero, si addensa una nebbia fittissima. “Può sempre tentare la via di un partito personale, anche se i precedenti non sono felicissimi – nota Polito – oppure fare la riserva della Repubblica da ex premier, in attesa di una possibilità internazionale o interna. Chissà, magari mettersi in fila per la partita del Quirinale. Dopotutto Conte è entrato in politica per miracolo, potrebbe uscirne da miracolato”.

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