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“Così com’è, la norma non circoscrive sufficientemente l’ambito di utilizzo dei pass, con il rischio di interpretazioni, magari in buona fede, che però abbiano l’effetto di estenderne indebitamente il perimetro. Non vi è una chiara definizione dei protagonisti del trattamento (titolare e responsabile in particolare) necessaria invece, a tacer d’altro, per l’esercizio, da parte degli interessati, dei diritti loro riconosciuti dalla disciplina privacy”. Pasquale Stanzione, presidente dell’Autority per la protezione dei dati personali, affida a La Stampa i suoi dubbi sul provvedimento che il governo intende adottare per far avere un lasciapassare agli italiani in questo momento di riaperture, il cosiddetto green pass o certificazione verde.

La norma del governo contenuta nel decreto Covid, entrato in vigore dal 26 aprile, secondo il garante andrebbe modificata perché “la previsione di due modelli diversi di pass a seconda che siano tampone negativo o da guarigione o, invece, da vaccino andrebbe sostituita dall’indicazione della sola scadenza temporale del certificato. Vanno poi introdotte garanzie adeguate alla natura dei dati trattati, che sono sensibili”.

IL GREEN PASS IN ITALIA

Ma come si ottiene oggi il green pass? La norma prevede che in Italia possano richiederlo coloro che hanno completato il ciclo vaccinale, tutti quelli che sono guariti dal contagio e coloro che, non vaccinati, si sottopongano a un tampone nelle 48 ore precedenti allo spostamento.

Riguardo al completamento del ciclo vaccinale, nel Lazio è già possibile scaricare una certificazione che attesta la vaccinazione. Lo ha annunciato questa mattina il governatore Nicola Zingaretti, ammettendo altresì che “quello che è più complesso è capire a quale uso serve”. Ne sono stati registrati oltre 500mila e circa 170mila sono stati già scaricati, fa sapere Zingaretti. Ma per il medico di base non c’è obbligo di scaricare il pass degli assistiti.

IL DIGITAL GREEN PASS EUROPEO

Quella italiana è una certificazione che precede il passaporto vaccinale che in questi giorni stanno discutendo in Europa e che non sarà operativo prima di giugno-luglio. Il fine è naturalmente allentare le restrizioni alla mobilità, ma il Garante Stanzione guarda con lungimiranza a quelli che possono essere problemi a livello di privacy anche nel passaporto europeo. “Il draft di regolamento, pur con qualche modifica che il Garante europeo per la privacy e il Board hanno richiesto, sottende un equilibrio ponderato tra privacy, esigenze sanitarie e libertà di circolazione, in quanto contempla garanzie adeguate per evitare trattamenti indebiti dei dati e, tramite essi, discriminazioni nei confronti di quanti non vogliano o non possano vaccinarsi”, ha detto il presidente a La Stampa.

Il pass vaccinale europeo quindi prevede le stesse opzioni del green pass italiano e può essere in formato digitale o cartaceo. Sui dati personali il Parlamento Ue sostiene che non è concepito come documento di viaggio, che dovrà essere sempre compatibile con le altre iniziative nazionali, che avrà una firma elettronica per evitare falsificazioni e che tutti i dati sensibili non potranno essere conservati nel Paese di destinazione, e non sarà previsto un database centralizzato, come scriveva ieri il Corriere.

Mercoledì il Parlamento europeo, che deve trovare l’accordo con il Consiglio, ha approvato le modifiche alla proposta della Commissione. Il pass dovrebbe chiamarsi “certificato Eu Covid-19” e dovrebbe essere esteso fino a un anno.

Un esempio di quello che sarà lo dà su Twitter il giornalista David Carretta.

LE CRITICITÀ OLTRE LA PRIVACY

I problemi nell’istituire un documento che vada bene per tutti quanti a livello europeo però si riscontrano sui tamponi, che dovrebbero essere “universali, accessibili, tempestivi e gratuiti”, e sull’ipotesi che non dovrebbero essere aggiunte, rispetto al pass, misure restrittive dai Paesi membri. Però qui si rientra nella sfera di competenza esclusiva degli Stati membri in materia di salute.

A questo proposito è intervenuta la Commissione Ue la quale con il suo portavoce, Eric Mamer, ha precisato che “nella proposta legislativa non c’è scritto che chi possiede un certificato digitale potrà spostarsi in Europa senza mai fare tamponi o quarantena. Quello che c’è scritto è che se nonostante il pass vaccinale Covid uno Stato ritiene necessario introdurre misure, lo notificherà” e che queste misure non dovranno essere discriminatorie ma proporzionali.

POTREMMO TORNARE A VIAGGIARE?

Se le misure che certificano il Covid-free della persona sono comunque un ottimo incentivo per il rilancio della economia, dall’altra parte per tornare realmente a viaggiare in libertà per il mondo si stanno scontrando con una serie di complicate questioni.

La prima domanda da porsi, e che si fa il Financial Times in un suo articolo a proposito del mosaico dei vari pass vaccinali, è: quali vaccini conteranno? Quante dosi? Akbar Al Baker, amministratore delegato di Qatar Airways, sentito proprio dal giornale ha detto: “Se ogni Paese ha un protocollo diverso, ogni Paese ha un sistema diverso, ogni Paese ha un requisito diverso si confondono i passeggeri e si confondono le compagnie aeree”.

UN SISTEMA UNIFICATO È ANCORA LONTANO?

Nei fatti un sistema globale unificato purtroppo sembra molto lontano. Prendiamo il punto nodale del turismo estivo. Alcuni Paesi europei stanno prendendo già provvedimenti differenti. La Grecia ha deciso di togliere la quarantena anche ai vaccinati con Sputnik e quelli con il vaccino cinese. Ancora cauta la Spagna per l’apertura ai turisti, che avverrà a giugno col pass vaccinale.

In realtà però anche gli stessi pass vaccinali interni sono diversi fra loro. Mentre in Danimarca fa fede anche il tampone fatto 72 ore prima, in Francia si sta pensando di usarlo solo per grandi raduni come i concerti, in aggiunta a tamponi, vaccinazioni e alla app di tracciamento che verrà ampliata per facilitare i viaggi internazionali (già sperimentata questa settimana per i viaggi verso la Corsica).

La diversità è prevedibile, ma poi il problema da superare è far “parlare” fra loro i vari sistemi nazionali. Per questo la Commissione europea ha già incaricato la tedesca Deutsche Telekom e Sap di pianificare un progetto che possa far dialogare fra loro i sistemi nazionali, così da avere attraverso un Qr code la possibilità di avere un “lasciapassare” istantaneo per il Paese di destinazione, ferma restando la certificazione nazionale, quando si viaggia.

GLI USA

In una intervista al New York Times Ursula von der Leyen ha fatto sapere che “i 27 Stati membri accetteranno in maniera incondizionata chi ha ricevuto vaccini approvati dall’Ema”. “Gli americani utilizzano vaccini approvati dall’Agenzia europea del farmaco. Questo consentirà libertà di movimento e di viaggiare nell’Unione Europea”, ha detto.

E anche se tra Ue e Stati Uniti sono in corso contatti sui pass vaccinali, gli Stati Uniti non hanno ancora preso una decisione definitiva sul tema al livello interno. Tanto che c’è una corsa fra privati ad approntare dei passaporti vaccinali, ma la Casa Bianca ad ora diffida di questa “confusione” che lascia perplessi sull’affidabilità.

UNA POSSIBILE SOLUZIONE

Proprio perché le compagnie aeree sono tra le più colpite dalla crisi della pandemia, arriva sempre dal Ft e da Akbar Al Baker di Qatar Airways una possibile soluzione, ovvero un ritorno al passato e cioè indicare la vaccinazione contro il Covid nei passaporti come già da anni si fa per la febbre gialla, richiesta da molti Paesi africani e latinoamericani.

Come funziona il pass vaccinale tra tamponi, quarantene e viaggi

Non solo problemi di privacy. Il pass vaccinale ha molti punti ancora da migliorare. Dalla competenza esclusiva delle nazioni in materia di salute, alla possibilità di far “parlare” fra loro i sistemi nazionali europei per snellire le procedure di viaggio. I pro e i contro del green pass nel mondo

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