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Spesso le realtà più virtuose sono anche quelle più periferiche. Nel periodo in cui ci concentriamo sul rilancio nazionale, accompagnandolo con dichiarazioni altisonanti su sostenibilità, inclusione, accesso al lavoro, riduzione dei divari sociali e integrazione, non capita spesso di soffermarsi su come queste idee si siano già concretizzate. L’agricoltura sociale è un esempio eccellente dell’incarnazione di questi obiettivi: un settore emergente, un connubio tra l’impiego delle categorie sociali più fragili e le piccole imprese del primo settore, naturalmente votate alla sostenibilità.

Martedì la Confagricoltura (in collaborazione con JTI Italia) ha presentato il bando per l’edizione 2021 di “Agro-social: seminiamo valore”, un progetto patrocinato dal Ministero delle politiche agricole e pensato, appunto, per promuovere l’agricoltura sociale nel segno della sostenibilità e dell’innovazione. Sul piatto ci sono €120.000 per tre categorie, ha spiegato il direttore generale dell’ente, Francesco Postorino, delineando le tre rispettive direttrici – imprenditorialità femminile, rilancio delle aree rurali interne e sviluppo del Mezzogiorno – su cui si muove l’iniziativa.

Sul podio della prima edizione, tenutasi nel 2020, sono finiti il Progetto Recto Verso, una realtà toscana che ha coinvolto ex detenuti nella produzione di olio d’oliva, e l’Associazione Cenci di Terni, che ha supportato dei portatori di disabilità fisiche e psichiche nel costruire, mantenere e far fruttare (materialmente ed economicamente parlando) un orto. Quest’anno la platea dei partecipanti è stata estesa a tutta Italia e oltre i soggetti organizzati, di modo che qualsiasi realtà interessata (che inoltri la domanda entro il 15 luglio) possa avere modo di contribuire allo sviluppo di questo settore.

Secondo il ministro all’agricoltura Stefano Patuanelli, intervenuto tramite videomessaggio, l’iniziativa “merita di essere adeguatamente sostenuta” per via del “ruolo centrale dell’agricoltura sociale per il welfare del Paese, l’inserimento lavorativo, la valorizzazione e il sostegno del territorio”. Anche Gian Marco Centinaio, sottosegretario al medesimo dicastero, ha voluto evidenziare la necessità di valorizzare il settore dell’agricoltura sociale, capace di accogliere “i cittadini più fragili” (dai portatori delle diverse disabilità agli ex detenuti, arrivando fino agli anziani “dimenticati” nei meandri delle città).

Il risultato a cui mira il progetto è l’espansione di tali realtà, che offrono le risposte giuste a diverse grandi sfide del nostro tempo. Entro il 2050 ci saranno 10 miliardi di esseri umani sul pianeta, ha spiegato il presidente di Confagricoltura Massimo Giansanti, e l’aumento del reddito pro capite si tradurrà nell’impennata di richiesta di cibo di alta qualità, a cui si dovrà far fronte con la cosiddetta “agricoltura 4.0” fondata sulle nuove tecnologie in grado di massimizzare la produzione, ridurre gli sprechi e ottimizzare le operazioni. Perciò l’industria agronoma dovrà farsi sempre più imprenditoriale. Ma tutto questo non potrà prescindere dalle condizionalità sociali in grado di mettere al primo posto le persone, il loro diritto al nutrimento e la promozione del contesto sociale in cui sono immerse.

Oggi l’agricoltura sociale italiana è forte di circa 3.500 aziende e oltre 30.000 addetti ai lavori – una realtà ancora secondaria, ma in forte espansione. E viste le premesse, il settore si allinea perfettamente alla direzione che il governo guidato da Mario Draghi sta imprimendo al Paese attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Perciò si rende necessario il dialogo tra le istituzioni, i territori e le imprese, ha sottolineato Lorenzo Fronteddu, Director of Corporate Affairs e Communications di JTI Italia. Progetti come questo sono la linfa con cui alimentare, concretamente, la transizione ecologica e (socialmente) sostenibile.

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