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Il Sudan ha chiesto alla Russia di interrompere il progetto di costruzione di una base navale che avrebbe permesso a Mosca di avere un accesso diretto nel Mar Rosso (da Port Sudan, appunto). Mercoledì 28 aprile il governo di Khartoum ha inviato una comunicazione ufficiale a Mosca sulle volontà di rescindere un accordo raggiunto nel 2017, epoca-Bashir (nello stesso anno la Russia ha prolungato per 49 anni l’uso della base siriana di Tartus, sup Mediterraneo).

Giovedì 29 aprile la Russia, attraverso l’ambasciata sudanese, cercava ancora di smentire i rumors, confermando che la pianificazione sta andando avanti. Il Cremlino ha investito molto interesse sul corridoio talassocratico che unisce il Mediterraneo all’Indo Pacifico e che rappresenta uno dei centri nevralgici del traffico commerciale mondiale e snodo di molti cavi internet sottomarini.

La base sudanese, che secondo i russi avrebbe dovuto contribuire alla “pace e stabilità” dell’area, doveva ospitare fino a quattro navi, comprese sottomarini a propulsione nucleare, e un massimo di 300 membri del personale. In cambio dell’uso dello scalo di Port Sudan (previsto per 25 anni e poi secondo rinnovi decennali), la Russia avrebbe fornito al Sudan armi e attrezzature militari, compreso un sistema di difesa aerea che coprisse la regione costiera e la base.

Mosca già da anni sta cercando uno sbocco sul Mar Rosso, ma senza successo. Nel 2014 Gibuti ha respinto una richiesta di una base – dopo aver accettato quelle americana, cinese, emiratina, francese, italiana e giapponese. Poi i russi ci avevano provato con l’Eritrea, altro flop, e infine erano circolate informazioni su un tentativo di aggancio al Somaliland (ma poi si erano rivelata poco più che voci).

In Sudan la situazione è complessa. Se il lato militare supporta il progetto russo, quello civile lo vede negativamente; in quella regione ci sono altre potenze che hanno molto peso (come la Turchia per esempio) e nello specifico sudanese le due componenti sopra citate sono rispettivamente vicine agli egiziani e ai turchi.

Non solo: con la riapertura delle relazioni con Israele a seguito degli Accordi di Abramo, anche gli Stati Uniti hanno recuperato contatti con Khartoum, e recentemente questo interesse russo-americano per il paese è stato dimostrato da un faccia-a-faccia tra due navi da guerrache si sono incrociate a fare scalo nei porti sudanesi.

L’interesse principale russo sul Sudan è stato conseguente uno shift rispetto ai potenziali scali a Gibuti e in Eritrea. E soprattutto rispetto ad Aden, porto yemenita su cui però Mosca ha dovuto togliere molti pensieri a causa della guerra civile. Ora, se anche l’affare di Port Sudan dovesse saltare, l’attenzione del Cremlino dovrebbero tornare a concentrarsi altrove.

Forse quell’interesse potrebbero spostarsi sullo Yemen, con la Russia che potrebbe muoversi come player per stabilizzare l’enorme crisi prodotta dall’avanzata degli Houthi. Ma Mosca ha interesse e capacità nell’intestarsi certi ruoli?

Resta comunque da capire come procederanno le cose, su cui pesa il perché sia stata fatta uscire la notizia e la successiva smentita. Questione molto scomoda per il Cremlino, stando alle volontà con cui il presidente Vladimir Putin intende dipingersi come una potenza globale. Aspetti che non escludono un’operazione di infowar.

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