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La sfida energetica dell’Europa è senza precedenti e per l’Italia si preannuncia ancora più complessa. La necessità di ridurre le emissioni di gas serra e di raggiungere il Net zero entro il 2050 richiede un ripensamento radicale del nostro mix energetico, attualmente inadeguato.

La realtà è che solo un mix ben bilanciato di fonti energetiche diversificate che includano il nucleare potrà garantire la sostenibilità, la sicurezza e l’indipendenza energetica del nostro Paese. La guerra in Ucraina ha messo in luce la nostra drammatica dipendenza dal gas russo, esponendoci a rischi economici e geopolitici significativi.

Nonostante l’emergenza sembri attenuata, non abbiamo ancora raggiunto una maturità energetica che ci permetta di essere indipendenti e al sicuro da crisi future. E anche se i cantori del “va tutto bene” parlano di cali tendenziali dei prezzi del gas, destinati a diminuire ulteriormente al termine della guerra in Ucraina, non possiamo farci ingannare.

Primo perché a ben guardare il primo aumento del costo è avvenuto con il fallimento dell’eolico nei mari del Nord, assai prima dello scoppio della guerra, in secondo luogo perché la domanda globale di energia è in costante aumento, trainata da Paesi come India e Cina e dall’espansione delle tecnologie energivore come l’intelligenza artificiale.

Davanti a un aumento della richiesta, a parità di offerta, i prezzi dunque continueranno a salire. È questo il momento di correre ai ripari. L’Italia ha il dovere di fare delle scelte oculate, un piano strategico per il futuro. Oggi, grazie ai fondi derivanti dal Pnrr, abbiamo ingenti risorse da investire nella transizione energetica.

Bastano il gas e le rinnovabili? Purtroppo no, è evidente. Sarebbe dunque assurdo non contemplare nel mix energetico anche l’energia nucleare per raggiungere i nostri obiettivi di sostenibilità e sicurezza. Il nostro Paese vanta competenze di primo piano nei progetti internazionali di nuova generazione, dagli impianti di piccola scala (Smr) alla fusione nucleare. Ricercatori e ingegneri italiani sono protagonisti in queste innovazioni e società come Eni, Enel, newcleo, Ansaldo e Fincantieri stanno investendo nello sviluppo tecnologico.

Tuttavia, a causa di una miopia politica e ideologica, tutto questo si ferma fuori dai nostri confini e si sviluppa all’estero. Il retaggio del referendum del 1987 ha creato una resistenza che non tiene conto degli avanzamenti scientifici e tecnologici degli ultimi decenni. È tempo di superare queste barriere ideologiche e riconoscere il valore strategico del nucleare.

Ma guardiamo al resto d’Europa: sono già dodici gli Stati che hanno impianti nucleari operativi. Questo dimostra che il nucleare è una scelta valida per molti Paesi avanzati, ma l’Italia continua a arenarsi su un dibattito focalizzato sulle politiche di gestione dei rifiuti.

E se oltre il 50% degli italiani (soprattutto i più giovani, sempre attenti ai temi ambientali) si è detto a favore del nucleare, di certo resta ancora una sindrome Nimby per quello che riguarda lo smaltimento delle scorie. Basti pensare che in Italia non si è ancora riusciti a individuare il sito unico per i rifiuti radioattivi.

Per comprendere meglio la questione possiamo guardare alla Francia, dove il sito di smaltimento delle scorie è situato nella regione dello Champagne, area celebre per la produzione vitivinicola di eccellenza. Questo dimostra che con le giuste tecnologie e misure di sicurezza è possibile gestire con efficacia i rifiuti nucleari senza compromettere l’ambiente circostante.

È dunque alla politica che spetta il dovere di guidare il dibattito e informare i cittadini, senza rincorrere successi elettorali effimeri. Noi dell’intergruppo parlamentare per l’energia nucleare ci stiamo impegnando da oltre un anno, attraverso tavole rotonde e incontri, per portare alla luce nel dibattito pubblico il rinnovamento sul fronte della tecnologia nucleare affinché sia percepita come energia pulita, e non più attraverso la lente di informazioni ormai stantie. Ma non basta. È necessario uno sforzo anche da parte del governo.

Un primo passo è stato fatto con il Piano nazionale integrato energia e clima, che ha incluso la produzione di energia nucleare da mini reattori Smr, e con la creazione di un gruppo di lavoro all’interno del ministero dell’Ambiente per scambiare buone pratiche e conoscenze. Ora si deve passare dalle belle parole ai fatti. Le scelte che faremo oggi determineranno il nostro futuro energetico e ambientale.

Non possiamo permetterci di contrapporre ancora il nucleare e le energie rinnovabili, in una dicotomia surreale. Solo attraverso un mix energetico diversificato e integrato potremo ridurre le emissioni di gas metano derivanti dalle filiere dei combustibili fossili del 75% entro il 2030 e abbandonare il carbone come fonte di energia elettrica entro il 2035.

La strada verso il Net zero entro il 2050 richiede coraggio, innovazione e una visione chiara del futuro. L’Italia ha le competenze, le risorse e la capacità per essere un leader nella transizione energetica globale. È il momento di agire.

Formiche 205

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