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Regole diverse per uno stesso mercato. Più o meno. Comunque non può funzionare. E allora sarebbe meglio fare un po’ di ordine nel principale e più importante sistema bancario del mondo, quello americano. Jamie Dimon, presidente e ceo di Jp Morgan, prima banca statunitense e volto della finanza a stelle e strisce non deve averci pensato due volte quando ha scritto la lettera annuale agli azionisti (qui il testo integrale). Un’appuntamento molto atteso dalla comunità finanziaria, visto che l’occasione è utile per fare il punto sulla situazione economica del Paese e anche per dare qualche suggerimento al presidente Joe Biden e al Segretario al Tesoro, Janet Yellen.

Dimon ha dedicato più di un passaggio alla competizione in atto tra vecchio e nuovo sistema bancario, ovvero tra banche tradizionali e universo fintech. Due modi di fare credito (allo sportello e per somme più consistenti il primo, interamente online e per micro-prestiti il secondo) diversi anche per quanto riguarda il tipo di regolamentazione alla quale i due sistemi sono sottoposti. Ed è proprio qui che si è concentrata l’attenzione del numero uno di Jp Morgan.

“È del tutto chiaro che, sempre più, molti prodotti bancari, come i pagamenti e alcune forme di deposito stanno uscendo dal sistema bancario tradizionale. Inoltre, il prestito in molte forme – tra cui il mutuo, sta entrando in un nuovo modo di fare banca”. Tutto questo ha ingrossato il mercato fintech, a discapito del sistema tradizionale. “Le nuove banche stanno guadagnando quote sempre maggiori sui conti dei consumatori e anche i pagamenti stanno uscendo dal sistema bancario”. Primo punto, dunque, quelli che fino a ieri erano strumenti propri del sistema bancario tradizionale, oggi non lo sono più, perché condivisi giocoforza con le nuove realtà del fintech.

L’altra questione è se possibile ancora più delicata e chiama direttamente in causa le regole delle autorità statunitensi sui due mercati. Dimon ammette che le fintech sono riuscite nel tempo a risolvere alcune note dolenti (pain points) delle banche tradizionali. Ma il grande successo delle rivali – insieme allo shadow banking (sistema bancario ombra) – è anche merito di “norme e regolamenti imposti alle banche che non sono necessariamente quelli imposte agli altri istituti: anche se non è chiaro se la crescita del sistema bancario ombra abbia raggiunto il punto di rischio sistemico, questa tendenza sta accelerando e deve essere monitorata assiduamente, cosa che facciamo regolarmente come parte della nostra attività”.

C’è un altro aspetto, la grande crescita delle società non quotate e a controllo privato. “Il numero di public companies negli Stati Uniti è diminuito drasticamente negli ultimi due decenni”, ha scritto Dimon, “il che è corrisposto a un aumento ancora maggiore del numero di società private. Dopo il picco di 8 mila nel 1997, il numero di public companies è ora di circa 6 mila e se si escludono le società non operative, come i fondi di investimento e le società fiduciarie, il calo è ancora più drammatico. Le ragioni sono complesse e possono includere fattori quali obblighi di rendicontazione onerosi e maggiori spese di contenzioso, costose normative e un maggiore controllo pubblico. Spetta a noi capire perché così tante società e così tanto capitale vengono trasferiti dai mercati pubblici trasparenti a mercati privati ​​meno trasparenti”.

Facile fare finanza senza le rigide regole bancarie. Jamie Dimon e le rivali fintech

Nella sua annuale lettera agli azionisti il numero uno di Jp Morgan avvisa Joe Biden e Janet Yellen: le società fintech godono di regole decisamente più morbide rispetto a quelle riservate alle banche tradizionali, e anche per questo crescono sempre di più. Il fenomeno dello shadow banking rischia di diventare un rischio sistemico. E il declino parallelo della public company, perno della finanza americana ma ormai troppo imbrigliata per essere un modello attraente

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