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Questo mese di aprile 2021 sarà certamente memorabile per gli 8 ministri tecnici del Governo Monti, ai quali si aggiunge in parte Renato Brunetta che è in qualche modo il più tecnico dei ministri politici e il più politico dei ministri tecnici. Come è noto infatti il Governo Draghi si è costituito attorno a due cerchi, all’esterno il cerchio dei ministri politici e all’interno il cerchio dei ministri tecnici e al cerchio dei ministri tecnici spetta gestire la funzione del “governo di progetto”, a cominciare dall’assolvere alla messa a terra del Recovery plan, in modo che possano affluire all’Italia i 191,5 miliardi fondi che ad essa spettano.

Ma, come è noto, ai ministri tecnici non spetta solo elaborare progetti e piani per investimenti ma anche progettare e implementare quelle riforme che nella logica del Recovery plan devono essere strettamente connesse agli investimenti, e i giorni e le settimane a disposizione sono pochi, tant’è che forse qualcuno si sta lamentando del fatto che aprile è un mese fatto solo di trenta giorni.

L’attività dei singoli ministri tecnici è in corso alacremente anche se si attengono allo stesso stile del Presidente Draghi, che è quello di non eccedere nella comunicazione e semmai di comunicare i risultati solo quando vengono ottenuti: uno stile opposto a quello che vigeva ai tempi di Casalino e del Governo Conte. Eppure dall’intensa attività di questo scorcio di Aprile dipende il lancio dell’Italia nel futuro con la svolta green, la riforma della giustizia, la transizione verso la digitalizzazione, la transizione ecologica, tutte tematiche su cui sono impegnati i ministri di settore con i loro staff, consapevoli che è entro il 30 aprile che vanno conseguiti i risultati, anche perché poi entro il 30 giugno c’è l’esame da parte della Ue che ne approva i progetti, e ne discende l’anticipazione finanziaria fino al 70% dei finanziamenti che dovrà essere impegnata a fine 2022, ma anche perché non seguire l’obbiettivo dell’approvazione dei progetti significherebbe correre il rischio di uno slittamento una volta per sempre.

Sembra che i ministri politici, anche quelli che avrebbero qualche obiezione, si stiano attenendo al metodo imposto da Draghi e stiano attenti a non intralciare più di tanto l’opera dei ministri tecnici. Tra chi più sta accelerando c’è il ministro dell’Economia Franco, il ministro della Transizione digitale Colao, la ministra della Giustizia Cartabia, il ministro della Transizione ecologica Cingolani i cui staff lavorano ispirati a una parola chiave, quella della fretta per rispettare l’obbiettivo del 30 Aprile.

Né ci sono state fughe in avanti di tipo tecnocratico, anzi, questi ministri hanno mostrato una particolare attenzione verso il Parlamento per evitare eventuali fibrillazioni e hanno voluto riferire nelle commissioni sullo stato di avanzamento delle riforme recependo i rilevi di deputati e senatori e sembra che ora ci sarà un secondo passaggio in cui si mostrerà che sono state accolte le indicazioni di questi ultimi.

Si tratta, per un governo tecnico-politico, e soprattutto da parte di ministri tecnici, di un percorso indubbiamente virtuoso. D’altronde i politici non possono non comprendere la realtà degli impegni che hanno di fronte: dai soli progetti green dipende il 37% dei miliardi destinati all’Italia e i grandi investitori metteranno presto sulla lista nera i paesi che non rispettano impegni di questo tipo. Così come, quanto all’occupazione, se ci potrà essere una breve fase in cui la svolta verde significhi meno posti di lavoro, la sostenibilità creerà poi grandi nuove ulteriori quantità di occupazione. È quindi interesse di tutti che entro il 30 Aprile l’Italia sia in grado di presentare finalmente un Recovery plan adeguato.

La corsa dei ministri tecnici verso il 30 aprile

Entro il 30 aprile bisogna presentare il Recovery plan, entro il 30 giugno c’è l’esame da parte della Ue che ne approva i progetti, e ne discende l’anticipazione finanziaria fino al 70% dei finanziamenti che dovrà essere impegnata entro fine 2022. Una corsa contro il tempo che vede in prima fila i ministri tecnici, che stanno anche ascoltando i suggerimenti del Parlamento

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