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La Cnn ha avuto modo di visionare immagini di una struttura al centro della Bielorussia che potrebbe essere usata come centro di detenzione per dissidenti politici. Il compound si trova poche dozzine di chilometri a sud di Minsk, a Novokolosovo, in mezzo alla foresta bielorussa. Tre recinzioni elettrificate, telecamere di sicurezza ovunque (difficile dirlo, ma con ogni probabilità di marca cinese come già usate altrove da Minsk, scelte per l’efficenza e le poche pretese etico-morali da parte dei fornitori), cartelli con scritto “ingresso vietato”, edifici con inferriate e vetri oscurati; le persone del posto ne parlano come “il Campo”.

Secondo le informazioni ottenute, anche attraverso testimoni, si tratta della riqualificazione di un impianto missilistico di epoca sovietica a meno di un’ora di distanza dalla capitale, dove le autorità di Aleksander Lukashenko, potrebbero portare gli oppositori – come le migliaia arrestati durante le proteste che hanno seguito le ultime elezioni, quelle che hanno visto il batka restare al potere. Da tempo gli attivisti politici bielorussi alzano l’allarme su questo rischio: se dovessero finire i posti nelle prigioni dove sono stati rinchiusi finora manifestanti di qualsiasi genere, allora il regime potrebbe ricorrere alla costruzione di campi di detenzione sommaria.

Dopo l’estate del 2020 in cui i disordini sono esplosi legati ai brogli elettorali denunciati dalle opposizioni, anche questa potrebbe essere una stagione calda per Minsk. Il 9 agosto sarà l’anniversario delle proteste, i manifestanti si stanno organizzando e non a caso le attenzioni internazionali stanno crescendo. Attenzioni che si legano inoltre al referendum costituzionale teoricamente in programma per fine anno, potenzialmente altro evento che potrebbe produrre proteste. Le dinamiche bielorusse sono state per lungo tempo sotto i riflettori di media, governi e politici di mezzo mondo anche perché l’asse Usa e Ue le usate per raccontare la forza delle democrazie. Tema che ha riguardato Minsk quanto Mosca, unico alleato del batka.

Il tema della democrazia a Minsk è ormai, dopo un anno di torture e marce, di brutalità e speranza, in cima alla agenda internazionale dei diritti e non solo; internazionale ed europea, anche se con una geometria variabile di interesse che non vede, purtroppo, l’Italia primeggiare per iniziativa e consapevolezza”, ha scritto su queste colonne il parlamentare Pd Filippo Sensi, sempre attento a certi temi e a come l’Unione europea debba dedicargli attenzione. Testimonianza delle parole di Sensi, l’accoglienza ricevuta negli Stati Uniti dalla leader dell’opposizione politica a Minsk, Sviatlana Tsykhanovskaya, che ha avuto un colloquio col presidente Joe Biden e con diverse altri esponenti dell’attuale amministrazione.

Attenzione che fa pensare che le informazioni uscite sulla Cnn non siano troppo una coincidenza. “Non sorprende che [il presidente Lukašenka] stia cercando di costruire qualcosa come un normale campo di prigionia, perché arriverà una nuova ondata di proteste, comunque. Può essere innescata dalle sue dichiarazioni, può essere innescata dalla situazione economica. Ma arriverà. Lo capisce e vuole anche essere preparato più dell’anno scorso”, ha commentato alla rete americana Franak Viacorka, giornalista e senior advisor di Tsykhanovskaya. D’altronde già a ottobre 2020 un gruppo di attivisti ex agenti di sicurezza, ByPol, aveva rilasciato una registrazione rubata in cui il vice ministro degli Interni, Mikalay Karpyankou, parlava della necessità di creare strutture in cui “riformare” gli oppositori (Minsk ha bollato l’audio come “fake news”).

Le informazioni sul Campo arrivano dopo che Minsk ha stretto ancora il controllo contro i pochissimi media indipendenti, e dopo la vicenda dell’atleta olimpica Kristina Timanovskaya (attorno a cui si è creato un caso diplomatico, trattenuta in Giappone per aver criticato la sua federazione e aver subito un tentativo di sequestro simile a quello del giornalista dissidente Roman Protasevich) e il suicidio sospetto dell’attivista l’attivista Vitaly Shishov (trovato impiccato in un parco a Kiev ma con segni di abrasioni sul corpo).

Nel frattempo, un altro allarme arriva dalla Lituania: il leader autoritario bielorusso starebbe incoraggiando attivamente i migranti da Iraq, Siria e Paesi africani ad arrivare nel suo Paese per poi attraversare il confine nell’Ue. Iraqi Airways ha annunciato mercoledì 4 agosto che tutti i suoi voli per Minsk saranno cancellati tra il 5 e il 15 di questo mese. La notizia, diffusa dai media iracheni, potrebbe significare che gli sforzi Ue per convincere Baghdad sulla veridicità di queste dinamiche hanno ricevuto ascolto da parte del governo iracheno. Dei circa 4.000 migranti arrivati ​​nel 2021 in Lituania, quasi 2.800 provengono dall’Iraq: nell’ultimo weekend sono stati 270 i nuovi migranti iracheni registrati da Vilnius, più di tre volte del totale dello scorso anno.

Secondo il ministro degli esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, Lukašenka sta usando “un’arma ibrida, un’arma politica” contro il suo Paese e pensata per “cambiare le attività migratorie in Europa”. Un modo con cui attaccare chi dedica attenzioni a quello che il batka sta facendo in patria. La Lituania è considerata rivale dalla Bielorussia anche per il ruolo che si sta costruendo di avamposto dei valori e delle visioni democratico-occidentali nella regione (vedere le aperture a Taiwan, l’uscita dal “17+1” e il ruolo svolto in ambito Nato). “La Lituania non dovrebbe essere lasciata sola a controllare il confine. L’assistenza tecnica e il personale dovrebbero essere forniti rapidamente”, dice Landsbergis, toccando un punto: la crisi a Minsk non è solo interna, perché il suo riflesso tocca questioni ampie.

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Il batka Lukashenko si sta preparando a una nuova ondata di proteste. Pronto un campo di detenzione per gli oppositori e pronte le misure ibride (come la crisi migratoria innescata in Lituania) per contrastare chi alza l’attenzione contro le continue violazioni dei diritti umani e democratici in Bielorussia

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