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Potere del compromesso. Se gli americani presto o tardi potranno assistere alla messa in opera del più grande investimento in infrastrutture dai tempi del New Deal di Franklin Delano Roosevelt, sarà per merito di un accordo storico tra Repubblicani e Democratici a monte di un piano che vale 1.200 miliardi di dollari. L’intesa, per la verità, è già in essere, anche se fragile. Ora però la Casa Bianca ha deciso di fare del compromesso coi Repubblicani l’ossatura del piano, in attesa del via libera del Congresso.

Di qui, l’annuncio di Joe Biden per il Bif, Bipartisan Infrastructure Framework, “il più grande investimento a lungo termine nelle nostre infrastrutture in quasi un secolo di storia americana”, ha spiegato lo stesso presidente in un comunicato della Casa Bianca. “Un investimento che renderà la nostra economia più sostenibile, resiliente e giusta”.

Di che si tratta? Lo spiega lo stesso presidente. “Il piano effettua investimenti di portata storica in infrastrutture, dal trasporto all’acqua, alla banda larga, all’energia pulita. Siamo a un punto di svolta tra democrazia e autocrazia, in questo momento della nostra storia dobbiamo dimostrare al mondo cosa la democrazia americana può offrire al popolo americano. La democrazia può dare risultati, per i lavoratori americani, gli agricoltori e le imprese – piccole e grandi allo stesso modo – per competere e vincere nel ventunesimo secolo”.

Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare: far crescere l’economia, creare posti di lavoro, migliorare gli standard di vita, ridurre l’inquinamento climatico e garantire che più americani possano partecipare pienamente ed equamente alla crescita. Il presidente Biden si è impegnato a integrare il piano infrastrutturale con l’agenda globale stabilita nell’American Jobs Plan e nell’American Families Plan. Lavorerà con il Congresso per costruire una legislazione uniforme, ed è incoraggiato dal fatto che sia la Camera che il Senato stanno lavorando su piani di bilancio che lo farebbero. Ma, come detto la democrazia per essere tale richiede un compromesso. Per questo Biden ha chiesto “al Congresso di approvare il Bipartisan Infrastructure Framework e inviarlo alla sua scrivania, il prima possibile”.

Biden sa bene che la posta in gioco è alta. L’American Jobs Plan, annunciato a marzo, affrontava infatti tra le altre cose un intero capitolo ambientale. Il piano infatti mira a imprimere slancio alla generazione di energia pulita e alla produzione statunitense di veicoli elettrici, fornendo inoltre un modesto sostegno per la ristrutturazione degli edifici. Il cuore di questo approccio è una lista di proposte da 2.000 miliardi di dollari volta ad avviare gli Stati Uniti su un percorso di azzeramento delle emissioni entro il 2050.

Non è un caso che la proposta infrastrutturale includa la promozione di tecnologie a basse emissioni di carbonio e dei principali obiettivi relativi al cambiamento climatico. Biden ha svelato una vasta serie di proposte di spesa e di incentivi fiscali, ripartite per lo più su un periodo di otto anni e incentrate su infrastrutture, adattamento ai cambiamenti climatici e iniziative sociali. Ma dopo una fase di entusiasmo iniziale, l’amministrazione ha dovuto rinunciare ad alcune delle proposte più coraggiose in termini di transizione ecologica, spostandole nella proposta di budget federale da 3.500 miliardi (per questa al Senato bastano 50 voti favorevoli, mentre per i nuovi bill si rischia il muro dell’ostruzionismo).

Con l’obiettivo di raccogliere consensi e coinvolgere capillarmente politici e cittadini, la Casa Bianca ha lanciato una “sveglia mattutina” legata al Bif: ogni giorno alle 9 un politico locale (sindaco, governatore, parlamentare nelle assemblee degli Stati) spiegherà come il piano infrastrutturale aiuterà il suo territorio. Per uscire dalla palude di Washington e ricordare agli elettori che il rinnovo dei ponti, delle strade e degli snodi cruciali americani non è più rimandabile.

 

Biden punta tutto sul Bif, il New Deal delle infrastrutture. Con una sveglia mattutina

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