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La volatilità dei mercati e le fragili condizioni socio-economiche, generate dall’emergenza da Covid-19, hanno indotto l’Ue, l’Italia e diversi Paesi ad ampliare notevolmente la portata della disciplina e il rafforzamento dei poteri pubblici di intervento nell’economia, soprattutto nelle infrastrutture critiche e nei settori ad alta intensità tecnologica.

La pandemia da Covid-19 ha, infatti, evidenziato l’importanza della trasformazione digitale dell’Europa, rendendo ancor più manifesto il ruolo ormai strategico svolto dalla tecnologia per il benessere e la stessa sopravvivenza di individui e comunità.

La grave crisi sistemica, che sta minando il tessuto economico e industriale italiano ed europeo, accresce la minaccia concreta di scalate ostili, soprattutto a causa di una sottocapitalizzazione delle imprese strategiche per l’economia nazionale.

Per tale ragione, nella comunicazione del 13 marzo 2020, la Commissione europea ha invitato gli Stati membri ad “utilizzare tutti gli strumenti disponibili a livello nazionale e unionale per evitare che l’attuale crisi determini una perdita di risorse e tecnologie critiche”.

Già in considerazione dell’importanza di una geopolitica del digitale, incentrata sulla necessità di garantire la sicurezza nazionale, il legislatore, con il d.l. 21 settembre 2019, n. 105, aveva istituito il “perimetro di sicurezza nazionale cibernetica” (art. 1), dove i poteri speciali del Governo (golden power) possono spingersi sino ad imporre la sostituzione di apparati tecnici e di prodotti, ritenuti inadatti sul piano della sicurezza.

E ancora, il legislatore con il d.l. 25 marzo 2019, n. 22 ha modificato la disciplina l’esercizio dei poteri speciali inerenti alle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G in ragione dei rischi connessi a un uso improprio dei dati con ricadute sulla sicurezza nazionale.

In questo quadro, l’impostazione originaria della disciplina del golden power ha subito varie modifiche per adattarsi agli eventi straordinari e alle misure contenute nel regolamento Ue 2019/452 in materia di controllo degli investimenti esteri allo scopo di tutelare la produzione e gli approvvigionamenti nazionali da possibili acquisizioni predatorie da parte di investitori esteri.

È stato così esteso l’ambito di validità territoriale, che ora ricomprende anche gli investimenti effettuati da investitori esteri Ue che acquisiscano il controllo di società attive nei nuovi settori. Per gli investitori extra-Ue si è giunti a controllare persino l’acquisito di esigue partecipazioni di almeno il 10% della società, se il valore dell’investimento supera il milione di euro, o comunque supera il 15%.

Su impulso del Copasir e di nuove linee guida della Commissione europea, il recente Decreto Liquidità (decreto legge 8 aprile 2020, n. 234) ha infatti esteso notevolmente i settori degli asset strategici, giungendo ora ad una tutela generalizzata del fabbisogno produttivo nazionale e delle sue catene di valore.

La legge di conversione del c.d. “decreto Liquidità” (legge n. 40/20) prevede che si potranno controllare operazioni societarie, scalate eventualmente ostili, non solo nei settori tradizionali delle infrastrutture critiche e della difesa, ma anche in quello finanziario, creditizio, assicurativo, energia, acqua, trasporti, salute, sicurezza alimentare, intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cybersecurity.

Da disciplina emergenziale, limitata a specifici casi e a condizioni prefissate, i c.d. poteri speciali assumono una valenza generale e di sistema, a cominciare dai termini amministrativi e processuali dell’esercizio che di volta in volta vengono prorogati dalla decretazione d’urgenza.

Per governare lo stato di eccezione continuo, lo Stato accelera il suo intervento nell’economia dotandosi di poteri che si caratterizzano per un’amplia discrezionalità e che sono sempre di più sganciati da parametri in grado di valutare l’ambito di applicazione delle restrizioni, le quali dovrebbero essere adeguate, necessarie e proporzionate al conseguimento dei legittimi obiettivi di ordine pubblico.

In particolare, il Decreto Liquidità prevede un rafforzamento dell’attività istruttoria, per cui nei casi di violazione degli obblighi di notifica e anche in assenza della notifica, la presidenza del Consiglio dei ministri può attivare d’ufficio un procedimento ai fini dell’eventuale esercizio dei poteri speciali, pur mantenendo invariato l’impianto sanzionatorio in caso di mancata notifica.

In un tempo dove l’emergenza diventa la regola normale di governo dell’economia, la disciplina del golden power diventa un vero e proprio strumento di politica industriale, che non solo salvaguarda la sicurezza e l’ordine pubblico ma promuove anche l’interesse nazionale in una prospettiva di integrazione europea e di competizione globale.

In questo quadro, deve leggersi l’estensione della disciplina ai nuovi settori ad alta tecnologica (5G, biotech, robotica, AI, Cloud, IoT), che hanno un impatto determinante sulla vita quotidiana di individui, imprese e amministrazioni pubbliche, insieme alle linee guida del Next generation Eu e al Pnrr dove gli investimenti nei settori della digitalizzazione e della sostenibilità che sono decisivi per attuare la trasformazione tecnologica e la transizione verde, come fattori determinanti il rilancio del potenziale unico dell’Italia.

Si legge nel documento del Pnrr: “La digitalizzazione e l’innovazione di processi, prodotti e servizi rappresentano un fattore determinante della trasformazione del Paese e devono caratterizzare ogni politica di riforma del Piano. L’Italia ha accumulato un considerevole ritardo in questo campo, sia nelle competenze dei cittadini, sia nell’adozione delle tecnologie digitali nel sistema produttivo e nei servizi pubblici. Recuperare questo deficit e promuovere gli investimenti in tecnologie, infrastrutture e processi digitali, è essenziale per migliorare la competitività italiana ed europea; favorire l’emergere di strategie di diversificazione della produzione; e migliorare l’adattabilità ai cambiamenti dei mercati”.

La normativa del golden power, che richiede ulteriori approfondimenti e modifiche attuative, potrà essere funzionale a realizzare l’interesse nazionale anche attraverso l’affermazione di una sovranità tecnologica in chiave europea, orientata ad una competizione/cooperazione globale con le grandi potenze?

Il dibattito che va emergendo dalle politiche di rilancio economico e sociale dei singoli Paesi, colpiti fortemente dall’emergenza sanitaria, è incentrato sul ruolo dell’intervento dello Stato e sull’affermazione di una c.d. “sovranità tecnologica” dell’Europa allo scopo di riprendere il controllo dei propri interessi strategici rispetto alle grandi potenze (Usa e Cina) e il capitalismo della sorveglianza, come i c.d. Over-the-Top (Ott).

Pertanto, una nuova politica economica e industriale entra a pieno titolo nel dibattito sullo “Stato innovatore” dove la “sovranità tecnologica” e l’interesse nazionale vengono ridefiniti in modo dinamico non solo dal confronto con gli attori statali, ma soprattutto dall’interazione con le grandi multinazionali e i conglomerati finanziari, i cui interessi sono spesso in contrasto con quelli statali, tanto che questi a volte cedono pur di attrarre cospicui investimenti esteri.

In questo complesso scenario mondiale, in cui si contrappongono interessi nazionali e insidiosi poteri economici transnazionali, l’Europa è chiamata urgentemente a definire un modello normativo che, pur salvaguardando i diritti fondamentali e le libertà individuali, sia competitivo in termini di mercato ed attrattivo sul piano degli investimenti.

Non si tratta tanto di cedere alle tendenze protezionistiche e ai processi di de-globalizzazione in atto, contrari ai nostri interessi e valori, quanto piuttosto di compiere scelte essenziali di sistema, sviluppando “tecnologie radicali” sulla base di una politica industriale comune, soprattutto nell’ambito della difesa, salute pubblica e sicurezza.

Si avverte così il bisogno di allineare in un quadro normativo complessivo le esigenze della Comunità europea agli interessi nazionali, potenziando l’autonomia e la discrezionalità dei singoli Stati membri in un quadro di sovranità integrata e condivisa su più livelli.

Solo garantendo che ogni Stato membro sia un vero attore industriale, si può consentire alle aziende tecnologiche nei settori strategici di crescere al di là dei confini nazionali attraverso l’adozione di politiche volte a salvaguardare valori comuni e infrastrutture critiche a favore della competitività industriale del vecchio continente.

In questo quadro, il presidente del Consiglio Mario Draghi, nelle comunicazioni al Senato della Repubblica Prima ha espresso la volontà di imprimere, dopo un lungo periodo, un nuovo slancio alle relazioni fra l’Unione Europea e gli Stati Uniti.

Atlantismo ed europeismo sono i due pilastri della politica estera di questo Governo da perseguire, sia sul piano bilaterale che multilaterale, grazie a linee programmatiche e strategiche che saranno meglio definite in occasione della imminente presidenza italiana del G20.

La cooperazione transatlantica tra Usa e Ue, con un accordo di massima su standard e regole comuni nell’ambito degli investimenti strategici, rappresenta l’unica opzione capace di promuovere i valori occidentali e una visione comune della sovranità tecnologica che consenta di combinare lo sviluppo del commercio internazionale con la tutela dei diritti fondamentali, in un mondo sempre più influenzato da regimi autocratici.

L’Italia può giocare un ruolo strategico di ponte tra le due sponde dell’Atlantico, solo riportando al centro una politica regionale nel Mediterraneo dove costruire un mercato forte e competitivo, che necessitano di condizioni di sviluppo, sicurezza e difesa comuni per raggiungere obiettivi ambiziosi insieme ai partner europei e americani.

Valerio De Luca

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