Skip to main content

Il Rapporto Draghi mira a rilanciare la produttività del Vecchio Continente e, per farlo, una delle aree chiave nelle quali si propone di investire è la Difesa. Non solo perché il settore è ad alta tecnologia e conduttore di innovazioni nel civile, ma perché, soprattutto, “la sicurezza è un presupposto per la crescita sostenibile”. La sezione del Rapporto dedicata all’industria della Difesa articola i canonici problemi – frammentazione, sottoinvestimento – e ben argomenta le strade da percorrere – consolidamento industriale, ordini comuni, maggiore interoperabilità, più fondi. Airpress ha intervistato sul tema Antonino Minardo (gruppo misto, eletto in lista Lega), presidente della commissione Difesa (IV) alla Camera dei deputati. 

Il Rapporto Draghi presenta convincenti argomentazioni a favore dell’integrazione dell’industria della difesa europea. Cosa crede che succederà adesso? 

Mi auguro francamente che si apra un dibattito serio e rigoroso sui dati e i temi posti dal Rapporto Draghi. Per troppo tempo la discussione sulla Difesa europea si è mantenuta sui “massimi sistemi” ora invece c’è una sollecitazione concreta, basata su numeri inoppugnabili, focalizzata sullo sforzo industriale e strategico che l’Europa e l’Italia devono fare al più presto. La palla adesso passa alla Politica, che a Roma come a Bruxelles è chiamata a maturare scelte sui dati offerti dal Rapporto Draghi e non a discutere genericamente di Esercito europeo.

Tra le proposte istituzionali, Commissario per l’Industria della Difesa e Alta Autorità per l’Industria della Difesa. Crede che sarebbero efficaci?

E’ una prospettiva interessante e in linea con il percorso iniziato dalla Commissione europea che, nel 2019 ha creato una direzione dedicata all’industria della difesa e allo spazio, la DG DEFIS. Focalizzarsi sull’industria della Difesa inoltre potrebbe aiutare a superare le incertezze e diffidenze di 27 Stati, ciascuno con una sua storia, una sua sovranità e una sua politica di sicurezza nazionale, su un generico Commissario europeo alla Difesa.

Il Rapporto Draghi sembra argomentare a favore di creare giganti europei indipendentemente dalla loro localizzazione geografica. Come vedrebbe questa soluzione, alla luce dell’interesse dell’Italia e della sua industria?

Partiamo da un dato certo che anche il Rapporto Draghi mette nero su bianco: nessuna azienda nazionale, anche se di grandi dimensioni, può competere da sola con i giganti americani e cinesi. Detto questo, la prospettiva lanciata da Draghi non si realizza dall’oggi al domani, ma è un processo che richiede gradualità. Si può sicuramente cominciare progressivamente facendo joint venture, però serve un disegno. Io sono profondamente convinto che soprattutto su questi temi pubblico e privato si debbano parlare per trovare la strategia giusta.  

“Un numero di sistemi della Difesa nuovi o molto complessi (i.e., droni, missili ipersonici, armi a energia diretta, IA per la Difesa, domini underwater e spazio) reclamano un approccio strategico comune pan-Europeo”. Come la pensa in proposito? 

Guardi, questo è già un tema per un’alleanza come la Nato, figuriamoci se non possa esserlo per la Difesa europea, a maggior ragione poiché abbiamo visto un gran numero di nuovi sistemi di difesa  sperimentati a pochi chilometri dai confini dell’Unione.  

Riferendomi a condizioni necessarie indicate dal Rapporto, in che misura l’Italia è pronta a dare pieno supporto politico ed a accettare più interdipendenza per l’integrazione dell’industria della Difesa?

Il nostro Paese ha una tradizione consolidata e generosa di partecipazione ai  programmi europei di Difesa, una partecipazione spesso da capofila come dimostrano gli otto progetti a guida italiana nell’ambito dell’European Defence Fund. 

L’impegno a costruire un’Europa forte politicamente e militarmente per non venir stritolati nel nuovo mondo multipolare. Se non siamo tutti – in Europa, non solo in Italia – convinti di questa necessità sarà veramente difficile andare avanti.  

Draghi, l’Europa forte e la Difesa. Parla Minardo

Rapporto Draghi vuol dire anche Difesa. Per andare a  fondo della questione, Airpress ha intervistato l’on. Antonino Minardo presidente della commissione Difesa alla Camera. “Se non siamo tutti convinti della necessità di costruire un’Europa forte politicamente e militarmente sarà veramente difficile andare avanti”

Mezzo drone, mezzo missile. L'Ucraina svela l'ultima arma del suo arsenale

Il presidente ucraino annuncia a fine agosto l’impiego sul campo di una nuova arma. Le cui caratteristiche ibride portano a commenti diversi da parte degli esperti. Che però concordano su alcuni punti

Capire Draghi leggendo Bergoglio. La riflessione di Cristiano

Il discorso dell’ex premier sembra un tentativo alto e importante di superare l’idea che i conflitti vanno superati. Come ha accennato anni fa papa Francesco in un’intervista concessa a padre Antonio Spadaro

Luci e ombre del Rapporto Draghi sulla Difesa. L’analisi di Marrone

Di Alessandro Marrone

Il responsabile del programma Difesa dell’Istituto affari internazionali fa il punto su quanto emerge dal Rapporto Draghi per la Difesa. Bene sui finanziamenti (della Bei in particolare), meno positive le proposte originali, poco pragmatiche e attinenti alla specificità della Difesa

Un antitodo per la responsabilità etica nell'IA

Di Alessandro Della Rocca

In definitiva l’IA produce delle scelte algoritmiche. L’uomo, invece, non solo sceglie, ma è capace di decidere. Pertanto la radice etica che dovrebbe guidare le scelte relative all’AI è quella di non privare mai l’uomo della capacità di decidere, delegando alle macchine tale facoltà. L’intervento di Alessandro Della Rocca (System Management)

Dall’utopia alla politica, la complessità del Piano Draghi secondo Cangini

Il rapporto sulla competitività presentato ieri a Bruxelles da Mario Draghi rappresenta il primo tentativo concreto di uscire dal dogmatismo per passare ad un approccio realista e pragmatico. Un approccio, detto con una parola antica oggi piuttosto screditata, “politico”. Senza un diretto coinvolgimento di Draghi il piano non si realizzerà. E non si vede quale carica europea potrebbe essere conferita all’ex governatore della Bce per renderlo istituzionalmente responsabile della realizzazione del proprio progetto di sviluppo. Chissà che la possibile vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, con le conseguenti ricadute commerciali e militari, non possa rappresentare lo choc di cui l’Europa ha bisogno per ripensare se stessa. Il corsivo di Cangini

Cresce il ruolo dell'Italia nell'eolico galleggiante. Il traguando di Eni Plenitude per il parco GreenVolt

Ci sarà anche un po’ di tricolore nel progetto eolico offshore galleggiante GreenVolt, che si appresta a diventare il più grande parco eolico, con questa tecnologia

Lezioni neozelandesi contro l'ascesa cinese. Scrive Harth

Come dice il nuovo rapporto annuale dell’intelligence neozelandese, “siamo entrati in una nuova era di competizione strategica” in cui le linee tra le minacce di interferenza straniera, spionaggio ed estremismo violento “sempre più si stanno confondendo”. È ora che anche l’Italia ne tragga le conseguenze. Il commento di Laura Harth, campaign director di Safeguard Defenders

India e Medio Oriente pronti, l'Europa (a guida italiana) può fare la differenza. Un anno di Imec

Di Kaush Arha, Giulio Terzi di Sant’Agata e Francesco Maria Talò

In occasione del suo primo anniversario, ecco il bilancio di quanto fatto finora. I progressi dell’India e del Medio Oriente (Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita) sono promettenti. L’Europa e gli Stati Uniti, invece, sono distratti dalle guerre in Ucraina e a Gaza. L’Italia, non solo geograficamente ma anche politicamente, è pronta per essere il Paese leader nell’attuazione del Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa. L’intervento di Kaush Arha, Giulio Terzi di Sant’Agata e Francesco Maria Talò

Il centro non esiste nel campo largo. Renzi e Calenda nel Pd? Risponde Merlo

La possibile e prossima confluenza dei partiti di Renzi e di Calenda nel Pd può rappresentare un elemento di chiarezza e di trasparenza non solo per il futuro del Centro e della “politica di centro” nel nostro Paese, ma anche un momento importante che aiuta il confronto tra le rispettive coalizioni. Il commento di Giorgio Merlo

×

Iscriviti alla newsletter