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La pandemia si sconfigge con la condivisione delle politiche e delle strategie a livello globale, un impegno a cui sono chiamati tutti. Ecco perché il Global health summit è veramente importante. Si tratta di un vertice mondiale sulla salute coorganizzato dall’Italia che quest’anno peraltro presiede il G20, e dalla Commissione europea. Capi di Stato e di governo, responsabili di organizzazioni internazionali e regionali, rappresentanti degli organismi sanitari globali parteciperanno a questa opportunità di incontro e condivisione, ancor più rilevante perché legata alla pandemia da Covid-19. Condividere e analizzare insieme le esperienze maturate nel contrasto alla pandemia per giungere all’approvazione di una Dichiarazione di Roma è l’obiettivo del vertice, che assume forte valenza sia politica sia programmatica.

L’idea è infatti di partire proprio da una consapevolezza condivisa per rafforzare la cooperazione multilaterale e le azioni congiunte per prevenire future crisi sanitarie mondiali. La risposta al Covid-19 sarà centrale e sarà declinata secondo tre cluster concettuali di riferimento: la Coronavirus global response, la maratona di donazioni che lo scorso anno ha raccolto quasi sedici miliardi di euro da donatori di tutto il mondo per l’accesso universale a trattamenti, test e vaccini contro il Coronavirus; l’attuale lavoro delle istituzioni e dei consessi multilaterali, in particolare l’Organizzazione mondiale della sanità e i regolamenti sanitari internazionali; altre iniziative e processi in materia di salute, compresi quelli che si svolgono nell’ambito del G20 e del G7.

L’Italia è stata tra i primi e più attivi Paesi ad aver promosso la costituzione di meccanismi multilaterali di coordinamento e collaborazione globale per la risposta alla pandemia di Covid-19, a partire dalla proposta promossa dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio di costituire un’alleanza internazionale per la ricerca del vaccino e per la risposta sanitaria al Coronavirus. Questo rispecchia il fondamentale principio alla base della politica italiana che crede nel multilateralismo e si adopera per renderlo sempre più efficace.

Il concetto di alleanza costituisce un approccio teorico e pragmatico tanto convincente e opportuno che è stato subito accolto sia all’Assemblea generale delle Nazioni Unite – che ha approvato due risoluzioni in materia di solidarietà globale e di cooperazione internazionale per l’accesso a vaccini, equipaggiamenti medici e altri trattamenti – sia dal vertice straordinario dei capi di Stato e di governo che si era riunito il 26 marzo 2020, in piena pandemia. Per contrastare la pandemia i leader mondiali si sono subito impegnati a finanziare l’Oms, la Coalizione per l’innovazione nella preparazione alle epidemie (Cepi) per la ricerca sul vaccino e l’Alleanza globale per i vaccini e l’immunizzazione (Gavi) per l’equa distribuzione del vaccino nei Paesi in via di sviluppo, ritenuti attori strategici per la risposta globale.

Inoltre, i principali attori della salute globale – tra cui Cepi, Gavi, Fondo globale, Banca mondiale, Unitaid, Fondazione Bill e Melinda Gates, Welcome trust e attori del settore farmaceutico – insieme all’Oms hanno lanciato la piattaforma di collaborazione globale in materia di vaccino e altri trattamenti diagnostici e terapeutici, denominata “Act – Access to Covid-19 tools accelerator”. Si tratta di uno strumento formidabile che numerosi Paesi, tra cui anche l’Italia, hanno approvato formando un’alleanza internazionale proprio a sostegno dell’acceleratore. Siamo attivi e protagonisti in questo percorso virtuoso, e infatti l’Italia è tra i Paesi-guida (coleads) dell’Alleanza, con un ruolo di coordinamento nella governance dell’Accelerator Act.

Il nostro contributo economico alla risposta globale contro il Covid-19, tra risorse di cooperazione internazionale allo sviluppo in ambito sanitario e bandi di ricerca e innovazione delle istituzioni nazionali è significativo (circa 400 milioni di euro). La nostra postura rispetto a queste iniziative nella nostra azione politica sul piano multilaterale globale trasforma la vocazione multilaterale del nostro Paese nella necessità di trasformare l’approccio globale alla pandemia di cui siamo profondamente convinti, in impegno costante e deciso insieme ai nostri Paesi partner per offrire una risposta coerente e unitaria.

Questa interiorizzazione del significato fondamentale della nostra prospettiva viene tradotto forse nel modo più incisivo dal progetto “Team Europe”, un pacchetto di iniziative che combina tra loro e somma le risorse dell’Unione europea, dei suoi Stati membri e delle istituzioni finanziarie, in particolare la Bei e la Bers. L’Italia è partner del progetto e contribuisce al suo finanziamento, in linea anche con il suo tradizionale impegno che la vede tra i primi donatori di Gavi e Global fund per sconfiggere malattie come Aids, tubercolosi e malaria.

L’importanza della nostra adesione a “Team Europe” sta nel fatto che attraverso questo progetto l’Ue sosterrà i Paesi più vulnerabili – dall’Africa ai Balcani, al Medio Oriente all’Asia, ai Caraibi e oltre – nella lotta contro il Covid-19. Il pacchetto di iniziative sarà rivolto principalmente ai gruppi vulnerabili che sono più soggetti agli effetti e alle conseguenze del virus. Il significato politico di tale azione per l’Ue, che è il primo donatore mondiale per lo sviluppo e mantiene il primato di principale fornitore globale di aiuti pubblici a favore dei Paesi fragili, è di evidenziare la sua leadership anche sul piano valoriale e mantenere il ruolo politico acquisito nell’ambito della cooperazione allo sviluppo.

Il vertice sulla salute globale che si terrà a Roma sarà per l’Italia occasione di affermare i valori su cui basa la sua politica interna ed estera, che vedono la solidarietà globale fondamentale, perché costituisce di per sé una enorme conquista socioeconomica e politica, ma è anche e soprattutto un interesse collettivo in questo momento storico, perché i virus non conoscono frontiere. La cooperazione internazionale per il nostro Paese è parte integrante e qualificante della politica estera. Appare oggi chiaro che senza un partenariato alla pari con i Paesi cosiddetti in via di sviluppo, non si possono porre le basi per un equilibrio globale, quanto più necessario proprio per garantire pace e prosperità in un mondo interconnesso e interdipendente.

D’altra parte abbiamo un appuntamento con la storia, che è quello definito dall’Agenda 2030 cui abbiamo aderito convintamente, che ci dice il come, il quando e il dove dobbiamo attuare il progetto: tra le azioni urgenti per l’Italia c’è l’adeguamento della percentuale di Aiuto pubblico allo sviluppo alla richiesta dell’Agenda 2030 raggiungendo lo 0,7%. Bisogna cogliere l’attimo, se vogliamo stare al passo con la contemporaneità. L’appuntamento con il Global health summit è imperdibile perché costituirà la piattaforma per riaffermare la nostra postura internazionale e per sviluppare strategie a lungo termine per cambiare veramente i destini delle persone, a beneficio di una vera comunità globale, ancora tutta da costruire, ma assolutamente necessaria.

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