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Da questa mattina un barrage missilistico lanciato dai gruppi palestinesi ha colpito diverse città israeliane, tra cui Tel Aviv (dove un razzo è caduto nelle aree centrali).

Israele ha risposto con una fitta serie di bombardamenti che hanno centrato anche alti ranghi tra i comandanti delle milizie. Colpito anche l’edificio che ospita alcuni media internazionali come al Jazeera, AFP e Associated Press. “Il mondo saprà meno di ciò che sta accadendo a Gaza a causa di ciò che è accaduto oggi”, ha scritto AP in un comunicato. Le forze aeree israeliane hanno chiesto agli occupanti di sgomberarlo prima del bombardamento; i motivi dell’attacco sono che secondo gli israeliani ospitava “military assets” di Hamas.


Al di là dello scontro militare, che è nel centro di un’escalation aspra, l’aspetto preoccupante — come analizzato su queste colonne da Giuseppe Dentice (CeSI) — riguarda il potenziale innesco di una nuova Intifada come deriva delle violenze etniche. Non siamo ancora a quel punto, ma se continua i peggio ancora degenera la situazione è una possibilità che non si può escludere. Anche perché Hamas sta cercando di dipingersi come il difensore della causa palestinese e nella sua narrazione vorrebbe che la violenza jihadista che riversa contro lo stato ebraico possa ampliarsi e generalizzarsi come una rivolta popolare.

La polizia israeliana e le guardie di frontiera hanno arrestato tra venerdì sera e l’alba di sabato almeno 67 giovani. Lo riferisce Nova citando l’agenzia di stampa palestinese Wafa, precisando che 52 giovani sono stati arrestati ad Acri e altri 15 nella città di Lod. Nuovi scontri tra polizia, militanti arabi ed ebrei si sono verificati nella notte in diverse località del nord di Israele e a Gerusalemme est.

Il Times of Israel riferisce di gravi disordini nella città mista arabo-ebraica di Acre, dove è stato dato fuoco a un teatro descritto come “simbolo della convivenza arabo-ebraica”. Gli scontri, spiega Nova, sono scoppiati anche nelle cittadine e nelle città israeliane settentrionali di Baqa al-Gharbiyye, Fureidis, Haifa, Umm al-Fahm, Jisr az-Zarqa e in altre aree del nord. Gli agenti hanno usato mezzi antisommossa (come gas lacrimogeni, idranti, proiettili di gomma e cariche di alleggerimento) mentre i manifestanti hanno lanciato pietre e bombe incendiarie. Saccheggi, incendi a sinagoghe e ristoranti, scontri e aggressioni sono l’elemento realmente nuovo di ciò che sta accadendo.

La situazione è in fase di surriscaldamento, ed è destinata a peggiorare se (come molto possibile) nelle prossime Israele decidesse per un’azione di terra, alla quale Hamas ha già dichiarato di essere pronta. Anche per questo l’inviato degli Stati Uniti in Medioriente, Hady Amr, ha in programma per oggi una serie di incontri con leader israeliani a Gerusalemme per cercare di mediare un accordo sul cessate il fuoco.

Successivamente si recherà in Cisgiordania per incontrare leader palestinesi. Il suo obiettivo è quello di arrivare a una ”calma sostenibile”, come ha annunciato la vice portavoce del Dipartimento di Stato. Intanto a Tel Aviv il ruolo di Benajamin Netanyahu sembra essersi politicamente rafforzato con gli scontri. Come analizzato da Carlo Panella in un’intervista di Gabriele Carrer, ormai è quasi impossibile che la formazione araba Ra’am aderisca a una coalizione di governo alternativa a quella dell’attuale premier.

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