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Lo stravolgimento globale causato dalla pandemia ci stava confinando nella parola incertezza. Ma ora ci ha restituito una parola essenziale, attorno alla quale tutte le altre gravitano: credibilità.

Pur con le differenze da Paese a Paese, da tema a tema, la credibilità è tornata a farla da padrona, probabilmente perché la scienza è tornata al centro. Secondo l’annuale Trust Barometer di Edelman (un’indagine globale in 28 Paesi con oltre 33 mila intervistati, 1.150 per Paese), per il 74% degli intervistati la gestione di questa fase di crisi andrebbe affidata agli amministratori delegati. Una dichiarazione di fiducia nei confronti delle aziende che comporta una fortissima responsabilità da parte delle stesse, sempre più protagoniste del cambiamento e con impatti sociali, ambientali ed economici. Questa fiducia, unitamente ai cambiamenti accelerati dal Covid-19 ci impongono un percorso di trasformazione che ci condurrà verso una società sempre più digitale.

Negli ultimi mesi abbiamo tutti potuto verificare come la tecnologia sia in grado di abilitare soluzioni e applicazioni, realizzate a partire dai nostri fabbisogni e necessità, che riescono a facilitare l’organizzazione delle nostre attività quotidiane, basti pensare allo smart working e alla Dad. Ma anche la possibilità di far rivivere luoghi bellissimi, ma magari isolati, dove grazie al digitale possiamo fruire di servizi e opportunità come fossimo in presenza.

Ora la nuova sfida si chiama Next Generation Eu, un piano che non deve essere di puro supporto alle attività che più hanno subito l’emergenza sanitaria, ma che deve rivelarsi un fattore abilitante del cambiamento e dello sviluppo. Non solo investimenti, sicuramente necessari, ma, forse, soprattutto, riforme strutturali e forte cambio di mentalità.

In primo luogo, lo sviluppo deve riguardare ogni aspetto della vita. Quello economico non può più essere scisso da quello ambientale e quello sociale. Poi, andrebbero rimossi gli ostacoli che rallentano, quando non bloccano, questo sviluppo. Oggi tutto è veloce, velocissimo. Così come si propaga velocemente un virus da una parte all’altra del mondo, altrettanto velocemente è necessario che venga trovato un “vaccino” e una risposta all’emergenza sanitaria.

Se un sistema così veloce incontra lentezze, il risultato sarà devastante. Mi riferisco alla burocrazia, agli iter autorizzativi: secondo Asstel, per ottenere le autorizzazioni necessarie per realizzare una rete mobile occorrono in media 210 giorni. Così diventa difficile stare al passo e le imprese faticano a mantenere il ruolo di leadership che imprese e cittadini richiedono. E imprese e cittadini stessi non riescono a beneficiare dello sviluppo atteso. Il tema diventa ancora più pressante visto che i fondi di Next Generation Eu prevedono scadenze certe e milestone, cioè traguardi intermedi, che se non raggiunti rischiano di vanificare tutto il piano.

La pandemia ha portato però anche alla luce i ritardi e i gap strutturali che ancora oggi scontiamo rispetto a molti partner europei e internazionali. Come emerge dagli ultimi dati del Desi Index 2020 (l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione Europea), l’Italia è ancora al venticinquesimo posto tra i Paesi Ue come livello complessivo di digitalizzazione.

In questo contesto il combinato disposto dei fondi del Recovery Plan e dei vantaggi tecnologici del 5G risulta fondamentale per assicurare una ripresa diffusa e guidare il processo di cambiamento. È ormai patrimonio comune il fatto che, a differenza delle generazioni precedenti e grazie alla sua velocità, capacità di connessione e bassa latenza, il 5G permetta di agire come un’autostrada che può essere attraversata da moltissimi nuovi scenari d’uso con impatti significativi in ogni settore: dall’energia al turismo, dalle smart city alla manifattura, dalla logistica all’agricoltura, dai trasporti alla sanità, solo per citarne alcuni, con potenziali benefici per cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni e ricadute positive sull’ambiente e sulla stessa ripresa economica del Paese.

L’enorme impatto economico è stato misurato da numerosi studi ma mi limito qui a riportare una recente indagine di Analysis Mason, secondo cui l’adozione di casi d’uso “full 5G” porterà benefici sul Pil europeo di circa 210 miliardi di euro e di oltre 14,2 miliardi di euro solo per l’Italia.

La piena e integrata trasformazione del Paese sarà veramente possibile se, parallelamente all’implementazione delle infrastrutture, si punterà sulla diffusione della cultura digitale all’interno della popolazione, in particolare tra gli imprenditori e i manager, altro versante sul quale il nostro Paese è ancora molto indietro.

Da questo punto di vista, è un segnale significativo il fatto che, secondo i dati del rapporto dell’Osservatorio “5G & Beyond” del Politecnico di Milano – presentato a novembre 2020 – l’80% delle aziende che potrebbero sfruttare il 5G nei propri processi produttivi ancora non ne conosce le potenzialità.

Dunque, è fondamentale che il nostro Paese, e il governo che sta per nascere con la guida preziosa e sapiente di Mario Draghi, sfrutti a pieno la grande opportunità offerta dalle risorse del Next Generation EU per accelerare lo sviluppo delle reti 5G su tutto il territorio nazionale, supportando insieme la diffusione di conoscenze, competenze e cultura delle tecnologie emergenti.

Solamente così la parola credibilità potrà tornare ad avere un sinonimo: Italia.

Dall’incertezza alla credibilità. Investimenti, riforme e cambio di mentalità per ripartire

È fondamentale che il nostro Paese, e il governo che sta per nascere con la guida preziosa e sapiente di Mario Draghi, sfrutti a pieno la grande opportunità offerta dalle risorse del Next Generation EU per accelerare lo sviluppo delle reti 5G su tutto il territorio nazionale, supportando insieme la diffusione di conoscenze, competenze e cultura delle tecnologie emergenti. L’analisi di Michelangelo Suigo, direttore external relations & communication Inwit

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