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La Germania si chiede se è diventata un Paese popolato da incapaci e guidato da una classe dirigente inadeguata a fronteggiare la crisi epidemica. Stritolata da un inefficiente piano vaccinale e da rivolte popolari contro il lungo lockdown imposto dal governo, sembra che abbia smarrito la strada di nazione-guida dell’Europa, se mai lo è stata, capace di imporre la sua voce, il più delle volte inopportuna, sulle politiche dell’Unione.

La situazione non brillante in cui versa la Germania, governata ancora per poco dalla Cancelliera, è stata stigmatizzata in maniera violenta dall’autorevole settimanale Der Spiegel che ha messo in risalto le incongruenze della campagna vaccinale accusando le autorità tedesche di non essere state all’altezza del compito.

“Nel sedicesimo anno di governo della cancelliera Merkel, – si legge nel settimanale – si ha a volte la nauseante sensazione di vivere in un Paese rotto. Il maestro di scuola tedesco di una volta, che in tutti i suoi quaderni faceva stampare il marchio di qualità made in Germany, è diventato nei confronti internazionali un pigro ritardatario che insegue”.

Ma è davvero un Paese “rotto”? Se, come ha scritto il corrispondente del Corriere della sera a Berlino Paolo Valentino, domenica scorsa, “la lista delle recriminazioni è lunga” qualcosa di vero c’è. E il giornalista ne cita le più clamorose che fanno discutere in Germania e tengono in apprensione i cittadini che hanno voltato, anche nelle ultime elezioni locali, le spalle alla Merkel, non certo una buonuscita come la Cancelleria si attendeva.

“Non c’è stata alcuna prevenzione, la deregulation della sanità ha deresponsabilizzato la mano pubblica, che non ha mai pensato a creare scorte di materiali necessari in casi di emergenze sanitarie. Giudicate inutili all’inizio, non c’erano riserve di mascherine quando si è scoperto che erano indispensabili. Per avarizia e grettezza di vedute, Berlino non ha spinto in modo energico a livello europeo perché fossero prenotati più vaccini, tanto più che il primo di questi era stato sviluppato in Germania. Con grande ritardo il governo federale ha preso in considerazione i test rapidi, che già nella primavera del 2020 erano stati indicati dagli esperti come un mezzo efficace per facilitare le riaperture”. Ecco il quadro fornito dal giornale di via Solferino che motiva il malessere tedesco a cui ha dato voce Der Spiegel.

Ed è comunque singolare che mentre ci si attendeva dalla Germania, che condivide con gli Stati Uniti la produzione del vaccino Pfizer-Biontech, un passo adeguato alla sua fama nel porsi alla testa della campagna di vaccinazioni e di contrasto del coronavirus, si è dovuto constatare un sorprendente arretramento rispetto ad altri Paesi europei insieme con i contraccolpi sociali che ne sono derivati.

Eppure la campagna di vaccinazione era iniziata alquanto bene prima di Natale, stranamente si è infranta contro la scarsità delle dosi, ma anche di una inspiegabile incapacità organizzativa che ha del clamoroso: dalla distribuzione alla programmazione degli appuntamenti, all’amministrazione digitale.

E Spiegel, sconcertato, scrive: “Se c’era una cosa che questa cancelliera sa fare è gestire le crisi. Non vale più. Dalla seconda ondata, la politica del governo è una cronaca delle promesse infrante”. E ancora: la Merkel che sembra maneggiare la politica come nessun altro in Europa, si è scoperta improvvisamente fragile davanti ad una crisi che è di gestione delle risorse e di contrapposizione di interessi con i partner dell’Unione. Ci si attendeva perciò che battesse i pugni sul tavolo e facesse sentire il suo peso nell’approvvigionarsi di vaccini. Cosa che non ha fatto. “I suoi discorsi puntuali ma melodrammatici al Bundestag — secondo der Spiegel—, i suoi appelli preoccupati sembrano a volte quelli di una nonna che chiede ai nipoti se abbiano indosso vestiti abbastanza caldi”.

La Germania, dunque non è più un modello da seguire, come sembrava nei primi mesi della pandemia. All’epoca il tasso di mortalità era tra i più bassi d’Occidente, le terapie intensive non erano intasate, come in Italia, in Gran Bretagna, Regno Unito e in Francia. Poi tutto è precipitato improvvisamente tra la fine 2020 e l’inizio di quest’anno. La mortalità è salita a oltre 1.000 unità al giorno nel gennaio 2021. Ed il lockdown più lungo che sia stato programmato ha innescato proteste assai vivaci quando non violente, spesso incontrollabili. Dai principi di novembre le restrizioni non sono mai state allentate. Si pensa di procrastinarle almeno fino alla fine di aprile. Bar, ristoranti, luoghi di intrattenimento sono chiusi ermeticamente. La vita di relazione, svago e divertimento nelle grandi città, come nei più minuscoli borghi, non esiste più. Molti locali sono falliti. I consumi dimezzati. La crisi economica sta facendo collassare innumerevoli imprese. Un fallimento su tutta la linea, al quale il governo della Merkel non riesce a mettere riparo.

È inevitabile che lo sfacelo tedesco ha delle ripercussioni politiche evidenti. L’agonia della sua pur forte economia statale alimenta la rabbia ed il disagio dei meno protetti e delle categorie più fragili. La transizione imminente ai vertici del potere si annuncia ricca di incognite. Perfino l’asse franco-tedesco vacilla come nessuno si aspettava al punto che Mario Draghi ha stabilito un rapporto privilegiato con Macron nella prospettiva di sostituire la Germania nella coppia che guida l’Europa.

Comunque ce n’è per tutti. Der Spiegel dopo aver massacrato la Germania, nel numero oggi in edicola, anticipato ieri, se la prende con l’Italia e la gestione del Covid da parte del governo Conte. Il titolo dice tutto: “Ha insabbiato la verità sui morti da Coronavirus”. Non è una rivelazione dal momento che le procure da tempo si sono mosse dopo le denunce dei familiari delle vittime del virus.

L’atto d’accusa riguarda il passato. E per il presente? Il caos nella campagna vaccinale è tale da non riuscire a prevedere quando finirà. Ed ogni regione, tanto per accentuare la confusione, si comporta come vuole per ciò che riguarda prenotazioni, tempi, categorie.

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