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Nel 2020 la Cina ha superato gli Usa ed è diventata il primo partner commerciale dell’Unione europea e  della Germania, con un volume di scambi sino-tedeschi di quasi 212 miliardi di euro. La pandemia ha dunque incrementato ulteriormente il commercio tra i due Paesi. Anche per questo la politica estera tedesca del post-Merkel dovrà gioco-forza passare attraverso la Cina, qualsiasi sia il colore del governo che succederà a Merkel.

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I settori che stanno beneficiando maggiormente dell’incremento di scambi tra Cina e Germania sono le aziende tedesche di ingegneria meccanica, i produttori di automobili e le aziende chimiche. Secondo alcuni dati preliminari nel 2020 l’export tedesco verso la Cina ha prodotto beni per un valore di circa 96 miliardi di euro. Per ora la cancelliera Angela Merkel ha sviluppato alla perfezione la strategia del suo predecessore Gerhard Schröder: “Wandel durch Handel” (il cambiamento attraverso il commercio). Secondo questa dottrina, a un aumento della prosperità cinese sarebbe seguita una svolta democratica a lungo termine. Ma la realtà è diversa: l’economia cinese è più forte che mai ma la sua politica sta diventando sempre più autoritaria.

LA (NON) LIBERTA’

Da quando Xi Jinping è entrato in carica nel 2013 la situazione di controllo dentro e fuori il Paese si è indurita notevolmente. La Cina ha più volte minacciato di intraprendere una guerra con la vicina Taiwan. Nel Mar Cinese Meridionale la leadership comunista ignora il diritto marittimo internazionale. A Hong Kong la vita democratica sta spaventosamente regredendo. Circa un milione di cittadini musulmani cinesi sono chiusi in campi di internamento e rieducazione nella regione dello Xinjiang. In patria, Xi ha imposto che il Partito Comunista possa controllare ancor di più la vita dei cittadini.

E LA GERMANIA?

Finora, però, il comportamento sempre più aggressivo della leadership comunista non ha apparentemente danneggiato le relazioni economiche sino-tedesche. Gli scambi commerciali sempre crescenti hanno portato a trascurare gli sviluppi politici cinesi. Gli affari sono sempre stati in primo piano. La Germania, dal canto suo, gode ancora oggi di uno status speciale a Pechino. L’immensa domanda di prodotti di qualità Made in Germany, soprattutto auto, macchine e componenti speciali, rende l’economia tedesca sempre più importante per quella cinese e viceversa. Ma adesso le cose stanno cambiando.

IL NUOVO GOVERNO

L’Spd, lo stesso partito di cui faceva parte Schröder ed attuale alleato del governo Merkel, vuole che la politica tedesca si riposizioni nei confronti della Cina. Nils Schmid, portavoce della politica estera per l’Spd al Bundestag, parla di una “chiara disillusione tedesca nei confronti della Cina”. E lo stesso scetticismo è presente tra i Verdi, partito particolarmente sensibile al tema dei diritti civili. Per questo Ye Jiang, politologo all’Istituto statale di studi internazionali di Shanghai, spera che Armin Laschet sia il prossimo cancelliere.

“Se i Verdi andranno al potere e guideranno il nuovo governo – ha chiosato Jiang – le relazioni sino-tedesche attraverseranno un momento difficile”. Ma il politologo è convinto che, alla fine, anche un governo guidato dai Verdi nel lungo termine allenterebbe la presa nei confronti della Cina per gli enormi interessi che le aziende tedesche hanno nella Terra di Mezzo. “Spesso accade che si parli male della Cina ma tutte le aziende vogliono stare qui per partecipare al mercato cinese e perché vedono  un enorme potenziale per le loro aziende”, spiega Jiang.

Il chiaro fallimento della dottrina “Wandel durch Handel” (il cambiamento grazie al commercio) porterà a importanti ripercussioni nella prossima legislatura? Un quesito aperto, che pesa come un macigno sui rapporti bilaterali.

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Merkel ha sempre pensato che ad un aumento della prosperità cinese sarebbe seguita una svolta democratica a lungo termine. Ma non è stato così. Quale sarà l’atteggiamento del prossimo governo tedesco nei confronti della Cina? Gli scenari potrebbero cambiare così tanto?

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