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Due fantasmi aleggiavano sulla Corte di Cassazione durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario: quelli di Mario Draghi e di Luca Palamara. L’ex presidente della Banca centrale europea (il cui nome ricorre spessissimo in questa fase, chissà perché) è stato citato nel passaggio più politico della relazione del Primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, con riferimento al Recovery Plan e ai relativi finanziamenti per ottenere i quali “è necessario tracciare un quadro di riforme, prima fra tutte della giustizia, che dia idonee garanzie di conseguire gli obiettivi prefissati”. E dunque, come disse Draghi, non è più accettabile “una forma di egoismo collettivo” finalizzato all’immediato ritorno politico perché “privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”. Per questo, ha detto Curzio, “dobbiamo rimetterci al lavoro, ciascuno nel rispetto delle proprie competenze e in adempimento dei propri doveri”.

LA “RIVOLUZIONE” DI ERMINI

L’ex presidente dell’Anm Palamara, con le sue rivelazioni sulle deviazioni della magistratura tra inchieste “politiche” e spartizioni di posti, sta turbando i sonni di molte toghe tanto che il vicepresidente del Csm, David Ermini, ha indicato la strada del merito promuovendo quei magistrati non iscritti a correnti e “del tutto alieni da una pratica indecente” dopo una “degenerazione correntizia non più sostenibile”. Il Consiglio superiore, perciò, dovrà nominare i vertici apicali secondo la “rigorosa osservanza del metodo cronologico” senza cedere mai “alla tentazione di accordi preventivi volti alla ripartizione dei posti”. In aggiunta, serve un maggiore controllo sulla qualità del lavoro. Per Ermini sarebbe vana ogni sanzione decisa dalla Sezione disciplinare del Csm senza “un profondo cambiamento di mentalità, una vera e propria rifondazione morale che coinvolga tutta la magistratura”. A parole, una rivoluzione copernicana che auspica anche Curzio quando cita il giudice Rosario Livatino (ucciso il 21 settembre 1990) che nel suo diario scrisse “non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili”. “Forse – ha commentato Curzio – il segreto è semplicemente, per ogni scelta che operiamo, di chiederci quanto siamo credibili”.

LA “BULIMIA DI RICORSI”

Curzio ha affondato la lama sui problemi più evidenti che allungano i tempi della giustizia e complicano il lavoro della Cassazione incidendo anche sulla qualità delle decisioni che sono sempre più spesso contrastanti fra loro. Sul fronte dell’immigrazione, l’abolizione nel 2017 del grado di appello nella richiesta di protezione internazionale ha cancellato l’arretrato dalle Corti d’appello ingolfando però la Suprema corte come sede di legittimità. Questo settore e quello delle cause tributarie costituiscono il 55,3 per cento delle liti pendenti nel settore civile, una “bulimia di ricorsi” che se fosse ridotta migliorerebbe i tempi processuali “in maniera incisiva”. La Cassazione, ha detto Curzio, annulla il 45,6 per cento delle decisioni delle commissioni tributarie regionali, percentuale molto più alta rispetto agli altri giudizi civili di secondo grado. Per questo il Primo presidente considera urgente una riforma dell’appello tributario con giudici addetti a tempo pieno e in via esclusiva. In generale, Curzio sollecita un ampliamento dell’istituto della mediazione per velocizzare le cause civili insieme con “un giudizio di appello svolto bene, quello che ormai manca in molti settori dell’ordinamento processuale”. Alcune riforme degli ultimi anni hanno solo complicato il quadro complessivo. Curzio ha dedicato un altro passaggio all’immigrazione: dai dati delle Corti d’appello emerge un elevato numero di minori che fanno perdere le tracce forse perché diretti verso l’Europa settentrionale. Il presidente ha chiesto quindi un “diverso approccio complessivo” al fenomeno delle migrazioni unendo sicurezza e integrazione.

ORGANICI E RIFORME

Curzio ha chiesto una riforma che renda più semplice il giudizio di Cassazione, a cominciare dal processo telematico che non è ancora avviato per la Corte e dall’istituzione di un ufficio composto da giovani giuristi che studino i fascicoli e svolgano una ricerca delle decisioni dottrinali e giurisprudenziali in modo da creare la base delle decisioni. Ciò velocizzerebbe il lavoro anche perché oggi su 356 consiglieri previsti ce ne sono 274 e i presidenti di sezione sono 46 su 59. L’anno scorso, nonostante il blocco dovuto alla pandemia, nel civile sono state concluse circa 30mila cause e nel penale oltre 50mila, con tempi contenuti entro un anno.

LA PRUDENZA DI BONAFEDE

Il ministro Alfonso Bonafede è stato molto prudente dando quasi l’impressione che avrebbe fatto volentieri a meno di quell’appuntamento di fronte a un attentissimo Sergio Mattarella e agli altri vertici istituzionali. Infatti, ha escluso riferimenti politici visto che il governo è dimissionario, ha ricordato i 2,3 miliardi oggi previsti nel Recovery Plan per assunzioni nella giustizia e ha ricordato alcune riforme approvate nel 2020. Si è notata l’assenza della prescrizione che, seppure approvata nel 2019, resta sul tappeto essendo uno degli argomenti sui quale Italia viva e i partiti di opposizione sono nettamente contrari.

L’AUTODIFESA DI SALVI

Anche il procuratore generale, Giovanni Salvi, ha affrontato il tema delle accuse di Palamara. Ha addirittura ricordato il sacrificio del giudice Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto 1991, per “ricostruire la credibilità della magistratura, duramente scossa dalle indagini” che hanno fatto emergere “un sistema diffuso di asservimento del governo autonomo a logiche di interessi di gruppo, che ha consentito anche condotte di assoluta gravità”. Finora è stata esercitata l’azione disciplinare nei confronti di 27 magistrati “per 17 dei quali è già stato chiesto il giudizio che si svolge di fronte alla sezione disciplinare del Csm”. Palamara ha parlato anche dello stesso Salvi, denunciando una sorta di attività di autopromozione perché fosse scelto come procuratore generale della Cassazione: senza citare l’ex presidente dell’Anm, Salvi ha detto che “sono state emanate linee guida per l’esame dei molti casi emersi dalle indagini della procura di Perugia che hanno distinto i casi di effettiva rilevanza disciplinare” dalle condotte “che, pur in contrasto con precetti etici o deontologici, rientravano nell’attribuzione del Csm o dell’Anm, alla quale pure la legge attribuisce uno specifico ruolo, attraverso il suo codice etico” e da quelle che “non hanno alcuna valenza negativa”. Parole che sono state lette come un’autodifesa mentre nel mondo politico cresce la richiesta di una commissione d’inchiesta su quanto emerso negli ultimi mesi.

Sul fronte dei reati, per Salvi è allarmante il ripetersi di episodi di razzismo e antisemitismo che “si saldano a nuovi mezzi di comunicazione” e si richiamano al suprematismo bianco. Riguardo agli omicidi, siamo complessivamente uno dei Paesi con il minor numero al mondo, ma crescono i femminicidi che richiedono un impegno di tutta la società e non solo delle forze di polizia.

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