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Il 2025 è cominciato da soli sette giorni ed ecco che in Cina è già tempo del primo brivido. Che per la seconda economia mondiale l’anno non sia cominciato nel migliore dei modi è noto: troppe le ombre che si sono allungate sul finire del 2024 sul Dragone, a cominciare da una ripresa che doveva arrivare e che invece è ancora latitante. Nel mazzo dei grandi guai cinesi, ce ne è uno in particolare che esprime tutto lo scetticismo intorno alle politiche di rilancio messe a terra dal governo di Xi Jinping: la debolezza dello yuan.

Tanto è vero che in queste ore le autorità di regolamentazione si stanno affannando, forse come non mai, per rassicurare i mercati e gli investitori circa la sostanziale tenuta della moneta nazionale e anche degli stessi listini del Dragone. E questo alla luce di un dato. L’indice di riferimento CSI 300 della Cina continentale ha registrato, tanto per fare un esempio, un calo dello 0,2% in apertura di settimana delle Borse, seguito da un crollo del 4,1% nei primi tre giorni di negoziazione dell’anno, segnando il peggior inizio del 2025 tra i principali indici asiatici. Non è finita.

Lo yuan è scivolato sempre in queste stesse ore ai minimi da 15 mesi, nonostante la People’s Bank of China (Pboc), ovvero la Banca centrale cinese, abbia mantenuto stabile la sua fascia di trading (compravendita di titoli, ndr) giornaliera per il renminbi onshore. Tutto questo, ironia della sorte, mentre le stesse autorità monetarie e finanziarie tenevano incontri con gli investitori internazionali e la stessa Pboc ribadiva la sua determinazione a mantenere stabile la valuta. Come si spiega tutto questo?

Gli analisti hanno pochi dubbi. Dietro la ormai atavica debolezza della moneta cinese c’è da una parte la sfiducia del mercato, che non crede all’efficacia dei piani del governo per il rilancio dell’economia e del settore immobiliare. Dall’altro, c’è una certa tensione per il secondo insediamento, tra pochi giorni, di Donald Trump alla Casa Bianca. I mercati sanno fin troppo bene che una nuova guerra commerciale, a base di dazi, è altamente probabile. E questo crea una situazione di attesa che si riflette sull’umore degli investitori. “Al momento tutti si chiedono cosa porterà Trump bis”, ha affermato Jason Lui, responsabile della strategia azionaria e Asia-Pacific presso Bnp Paribas.

Nelle more, Pechino sta cercando di frenare una serie di detenzioni da parte delle autorità locali ai danni di dirigenti aziendali. Arresti che stanno alimentando l’ansia tra gli imprenditori, riducendo gli sforzi per stimolare la crescita economica. Il problema è grosso. I manager di non meno di 80 società quotate tra Shanghai e Shenzhen sono stati arrestati nel corso del 2024. E non ci sono solo le prime linee, ma anche presidenti e azionisti. Al punto che dal partito sarebbe partito l’ordine all’indirizzo delle amministrazioni locali, secondo il Financial Times, di rendicontare arresti e fermi, per capire cosa stia effettivamente succedendo.

La Cina parte già spompata. Lo yuan è sempre più debole

​Il nuovo anno sembra già confermare gli atavici problemi di cui soffre il Dragone, a cominciare da una moneta che non sembra in grado di risollevarsi. Nonostante Pechino si affanni a rassicurare il mercato

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