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Doveva essere il primo, vero duello a favor di telecamere. Si è ridotto a uno scontro a bassa intensità, non senza qualche colpo basso. Enrico Letta e Matteo Salvini si incontrano sul ring dell’Ispi (Istituto di studi di politica internazionale), il prestigioso think tank guidato da Giampiero Massolo.

Alla presentazione del “Rapporto Ispi 2021”, insieme ad Emma Bonino e al direttore di Repubblica Maurizio Molinari, il leader della Lega ha il suo primo faccia a faccia (virtuale) con il neo-segretario del Pd, dopo due settimane di stilettate a distanza.

Sarà il palcoscenico, sarà il nervosismo fatto trapelare dal premier Mario Draghi per la contesa senza esclusione di colpi fra i capi-partito, il confronto inizia con l’irruenza di un convivio in una sala da tè.

“Con Salvini siamo nella stessa maggioranza – esordisce serafico Letta, calato al Nazareno dopo aver lasciato la sua cattedra parigina a Sciences Po – dobbiamo vincere la partita per rendere permanente il Next generation Eu”. “Occorre concentrarsi e affrontare insieme alcuni grandi temi – ragiona Salvini sull’Europa, con tanto di assist al “pragmatismo alla Draghi”.

La tregua dura, per un po’. Finché Letta non rompe gli indugi e tocca un tasto dolente del suo avversario-alleato, la “conversione europeista” della Lega. “Non sto a sindacare sulla rapidità del cambiamento”. Pausa. “Certo, vorrei togliere al Pd i panni della protezione civile, quest’idea che siccome gli altri sono anti-europeisti allora, per forza, dobbiamo andare noi al governo”.

Mentre l’ex premier sale in cattedra e sfoglia i cahiers de doléances leghisti il volto di Salvini si incupisce. “Noto un’evoluzione di Lega e Cinque Stelle sulla vicenda europea rispetto al 2018, sostengono il governo Draghi, il più europeista che ci sia stato”. Poi l’affondo: “Sarei contento se Salvini e la Lega si avvicinassero al Ppe”. Infine la provocazione: “Mi dichiaro sovranista anch’io, ma sovranista europeo”.

In verità Salvini ha appena chiuso le porte al Ppe e in Europa vuole andare col sovranista Viktor Orban. Ma questo Letta lo sa. “Nessuno è legittimato a dare patenti di democrazia – risponde il “Capitano” incalzato da Massolo – e la coerenza, quando ripete un errore, non è coerenza, è autolesionismo”. Niente “derby fra europeisti e sovranisti”, aggiunge poi, “l’Europa deve fare più e meglio su alcuni grandi temi, la politica estera, la difesa, la salute, i vaccini”.

Già, i vaccini. “Chi oggi sta vincendo la battaglia è il Regno Unito, la “perfida Albione” che con la Brexit avrebbe dovuto morire di fame, stenti e Covid e invece ieri Londra ha contato zero morti”. Salvini si tiene alla larga dalla vera patata bollente, la Russia. Con cui, ci tiene comunque a precisare, è necessario “mantenere un dialogo e un’interlocuzione per non lasciarla in mano ai cinesi”.

Per una volta, niente pubblicità al vaccino russo Sputnik V, in attesa dell’approvazione dell’Ema. Dopotutto non serve: i governatori Pd, Nicola Zingaretti e Vincenzo De Luca in testa, sono i suoi più rumorosi sostenitori, tanto da aver provocato un richiamo all’ordine dal responsabile Sicurezza del partito e membro del Copasir, Enrico Borghi.

Salvini riserva perfino una bacchettata al gasdotto russo Nord Stream II che gli Stati Uniti di Joe Biden vogliono fermare a suon di sanzioni. Forse perché, a questo giro, nel mirino Usa c’è la Germania di Angela Merkel.  “Ci sono cinque aziende europee azioniste del gasdotto, i diritti umani e le libertà civili o valgono sempre, o non valgono mai”.

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