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Oggi la Commissione europea ha annunciato la sua stretta normativa sul digitale e sui colossi della tecnologia. Da un lato c’è la proposta di regolamento sui servizi digitali (Digital Services Act). Dall’altra quella di regolamento sui mercati nel settore digitale (Digital Markets Act). A queste si aggiunge una proposta di direttiva su misure per un alto livello comune di cybersicurezza nell’Unione.

“Non diciamo che” le Big Tech “sono troppo grandi, ma diciamo che più le società sono grandi, più devono rispondere a obblighi e responsabilità”, ha spiegato il Commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, presentando il nuovo pacchetto europeo con la titolare della Concorrenza, Margrethe Vestager. Le norme “non sono contro” qualcuno, “ma per i cittadini dell’Unione europea, le nostre impese, la democrazia, l’innovazione, la concorrenza leale”, ha aggiunto Breton tentando di sostenere quello slancio interventista della Commissione già diverse volte emerso con le entrate a gamba tesa da parte dell’Antitrust.

Serena Sileoni, vice direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni (Ibl), spiega a Formiche.net che “negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda le grandi imprese del digitale, la Commissione ha acuito quella tendenza protezionistica non del mercato in sé, ma degli operatori. Senz’altro questo atteggiamento crea una reazione non solo negli investitori attuali, ma anche in quelli potenziali, nei newcomer, in quelli che ancora devono nascere e, se riescono a nascere, lo fanno in contesti più dinamici”.

Nel caso dei pacchetti presentati oggi, aggiunge Sileoni, siamo dinnanzi a un “approccio piuttosto tradizionale” da parte dell’Unione: infatti, “nella visione europea il diritto alla concorrenza è, da un lato, un diritto anche di tutela dalla concorrenza (come se ci fosse una concorrenza buona e una cattiva), dall’altro un diritto da mettere a bilanciamento con altri diritti a cui si riconosce una dignità superiore”, dichiara.

“Le libertà individuali è come se fossero staccate rispetto alle libertà economiche, creando dei conflitti rispetto ai quali le seconde fanno un passo indietro. Lo fanno comunque in maniera, ancora, meno determinante che nel contesto nazionale”.

Viene dunque da chiedersi se alla fine non rimpiangeremo la web tax — come Sileoni, Carlo Stagnaro e Carlo Amenta hanno ironicamente titolato una recente puntata del poddcast LeoniFiles assieme a Franco Debenedetti. “Fuor di ironia”, risponde Sileoni: il pericolo “è che l’intervento europeo sul mercato digitale rischia di essere molto più pervasivo e determinante di una tassa che, rispetto alle ipotesi sul piatto di ‘correzione’ di quel mercato, rischia di risultare del tutto innocua”.

Vi spiego perché rimpiangeremo la web tax. Parla Sileoni (Ibl)

Oggi la Commissione europea ha presentato la sua stretta sulle Big Tech americane. Serena Sileoni, vice direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, spiega: “L’intervento sul mercato digitale rischia di essere molto più pervasivo e determinante di una tassa”

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