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Dopo essere stato il primo Paese firmatario, 10 anni fa, la Turchia ha deciso di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Con un decreto, il presidente turco ha annullato la ratifica del trattato, scatenando le proteste e critiche degli attivisti a favore dei diritti delle donne. Mentre centinaia di persone si sono radunate in piazza a Istanbul per manifestare contro la decisione, il partito di opposizione Partito Popolare Repubblicano si è rivolto al Consiglio di Stato per cercare di bloccare la decisione.

Per Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, “ora è il momento di mostrare leadership e rafforzare gli sforzi globali per combattere la violenza contro donne e ragazze, non di ritirarsi. Questo è il motivo per cui non possiamo che rammaricarci profondamente ed esprimere incomprensione nei confronti della decisione del governo turco di ritirarsi da questa convenzione che porta persino il nome di Istanbul”.

Secondo il capo della diplomazia europea, il ritiro “rischia di compromettere la protezione e i diritti fondamentali delle donne e delle ragazze in Turchia. Invia anche un messaggio pericoloso in tutto il mondo. Non possiamo quindi non esortare la Turchia a revocare la sua decisione. Ci auguriamo che la Turchia si unisca presto di nuovo all’Unione europea nella difesa dei diritti delle donne e delle ragazze, elemento fondamentale dei diritti umani, della pace, della sicurezza e dell’uguaglianza nel XXI secolo”.

Marija Pejcinovic Buric, segretaria del Consiglio di Europa, ha definito la scelta “devastante”: “Questa mossa è un’enorme battuta d’arresto ed p tanto più deplorevole perché compromette la protezione delle donne in Turchia, in tutta Europa e oltre”.

In Turchia, la notizia del ritiro di Erdogan dalla Convenzione non è stata una sorpresa. La proposta per il dietrofront dal trattato era nell’aria già dall’anno scorso, quando settori ultraconservatori turchi hanno cominciato a diffondere la tesi che la missione dell’accordo era eliminare la famiglia tradizionale. Come argomento hanno usato molti articoli in cui c’è riferimento ai conviventi e diversità di orientamento sessuale.

Erdogan aveva dichiarato che si sarebbe ritirato dalla Convenzione se fosse stato un desiderio della maggioranza dei turchi. I sondaggi però non hanno mai evidenziato un consenso popolare sul ritiro.

Il dibattito si è spento verso l’estate del 2020 non solo a causa dell’emergenza sanitaria globale, ma soprattutto in seguito alle posizioni a favore del trattato della moglie del presidente, Emine Erdogan, e la figlia Sümeyye Erdogan Bayraktar, vicepresidente di un’associazione di donne islamiche chiamata Kadem.

Ad agosto dell’anno scorso, l’organizzazione aveva dichiarato in un comunicato “l’importanza della Convenzione nella protezione delle donne contro ogni tipo di violenza”, scongiurando l’ipotesi di attentato contro la famiglia tradizionale.

Ora che il patriarca Erdogan ha deciso il ritiro, Kadem ha fatto marcia indietro. In seguito all’annuncio, l’associazione ha diffuso una nota in cui sostiene che “la Convenzione di Istanbul è stata un’importante iniziativa per combattere la violenza contro le donne. Al punto in cui siamo arrivati, ha ormai perso la sua funzione originaria e si è trasformata in una ragione di tensioni sociali”. Per Kadem, la decisione del ritiro della Turchia è proprio una “conseguenza di queste tensioni”.

Certo è che le statistiche di omicidi e violenze contro le donne in Turchia restano allarmanti. Secondo la Piattaforma per fermare i femminicidi, nel 2020 ogni 20 ore è stata uccisa una donna. Dal 2009 il numero di femminicidi si è triplicato e, da qualche anno, le istituzioni hanno smesso di contarli in report ufficiali.

La first lady turca, Emine Erdogan, ha preferito non pronunciarsi sulla scelta del presidente. Ha preferito abbracciare un’altra iniziativa, la Giornata mondiale della sindrome di Down. Su Twitter ha invitato “tutti a stare accanto a tutte le persone con sindrome di Down, in modo che possano partecipare allo stesso modo alla vita. Desidero legarmi gli uni agli altri tramite il potere dell’amore”.

Oggi invece è stato il turno della Giornata Mondiale dell’Acqua. Emine Erdogan ha diffuso un comunicato in cui sostiene che “l’acqua, che è risorsa di vita per tutti gli esseri umani, è necessaria in quantità uguali per l’umanità. La quantità di acqua diminuisce ogni giorno. Milioni di persone hanno il problema di fornitura dell’acqua, e ogni giorno migliaia di persone muoiono per mancanza di accesso ad acqua pulita”.

Pensare che l’8 marzo, in occasione della Giornata Internazionale delle Donne, aveva scritto su Twitter: “Ogni volta che le donne si fanno male, l’umanità si fa male. Nella nostra lotta contro tutte le forme di violenza, saremo uniti. Continueremo a lavorare per responsabilizzare le donne in ogni campo. Ci auguriamo che tutte le donne siano determinanti per una nuova consapevolezza. #8MartDünyaKadınlarGünü Mi congratulo con te”.

“Invito le donne a lavorare per un futuro in cui tutti abbiano un posto e i valori della civiltà siano preservati – aveva proseguito Emine -. La Turchia è forte, ma credo fermamente che sia possibile con donne potenti”.

Convenzione di Istanbul. Che cosa (non) fanno Emine e Sümeyye Erdogan

Erdogan aveva dichiarato che si sarebbe ritirato dalla Convenzione di Istanbul se fosse stato un desiderio della maggioranza dei turchi. I sondaggi però non hanno mai evidenziato un consenso popolare sul ritiro. Il dibattito si è spento verso la scorsa estate non solo a causa dell’emergenza sanitaria globale, ma soprattutto in seguito alle posizioni a favore del trattato della moglie del presidente, Emine Erdogan, e la figlia Sümeyye Erdogan Bayraktar, vicepresidente di un’associazione di donne islamiche chiamata Kadem. Ma adesso le due non sono più intervenute sull’argomento

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