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Dopo ore di intensi scontri armati, è tornata una calma tesa a Tripoli, teatro dell’ennesima resa dei conti tra milizie rivali che riflette il fragile (dis)equilibrio del potere in Libia. Le violenze, culminate nella notte, hanno contrapposto le forze fedeli al primo ministro del Governo di Unità Nazionale (Gnu), Abdul Hamid Dbeibah — tra cui la 444ª Brigata guidata da Mahmoud Hamza — alle milizie comandate da Abdulghani al-Kikli (detto “Ghaniwa”), legate al Consiglio Presidenziale e presenti nell’area di Abu Salim.

L’episodio scatenante sarebbe stato l’uccisione di al-Kikli, tra i leader del sistema di milizie che ha una fortissima influenza sul potere, avvenuta nel corso di un incontro militare nel quartiere Salaheddin, dove si era recato per discutere una tregua. Secondo i media locali, al-Kikli è stato colpito mortalmente insieme ad alcune guardie del corpo durante uno scontro con membri delle altre milizie. Da quel momento, il ministero della Difesa ha avviato un’operazione militare che ha portato alla presa delle caserme e delle sedi dell’Apparato di Supporto e Stabilizzazione da lui diretto, nonché all’incendio della sua abitazione nel quartiere Hadaba.

In una nota ufficiale, il ministero ha confermato il pieno controllo sull’area di Abu Salim, evidenziando che l’operazione si è conclusa “con successo e in tempi record”. Anche la potente 444ª Brigata, insieme alla 111ª, ha rivendicato l’esito positivo dell’intervento, definendo le forze avversarie “le più brutali dal 2011”. Entrambe le brigate ora presidiano i punti nevralgici della capitale insieme alle forze del Ministero dell’Interno.

Le ragioni dell’operazione militare sono state chiarite anche dall’analista libico Ali al-Windi, secondo cui il casus belli immediato è stato il raid condotto da al-Kikli contro la sede della Libyan Telecommunications Holding Company, durante il quale il comandante avrebbe sequestrato e ferito con un colpo d’arma da fuoco il nuovo presidente del consiglio d’amministrazione, nominato da Dbeibah. Le autorità militari avevano chiesto la consegna dei responsabili, richiesta che al-Kikli ha respinto. A quel punto, sottolinea al-Windi, “il ministero della Difesa ha lanciato un’operazione militare per smantellare l’apparato guidato da al-Kikli — e l’operazione è stata portata a termine con successo in tempi rapidissimi”.

Secondo al-Windi, l’eliminazione di al-Kikli si inserisce in una più ampia strategia volta a ristrutturare l’apparato militare nell’ovest della Libia, riducendo la frammentazione delle milizie e favorendo il loro assorbimento nelle strutture ufficiali del ministero della Difesa e del ministero dell’Interno. Si tratterebbe, quindi, non solo di un’azione repressiva, ma di un passo verso la ricentralizzazione del potere armato sotto l’egida dello Stato.

Intanto, le autorità hanno invitato i cittadini a rimanere in casa per motivi di sicurezza, mentre la missione Onu e l’ambasciata statunitense hanno lanciato appelli alla calma. Nonostante la ripresa parziale della normalità — con il traffico aereo all’aeroporto Mitiga proseguito fino alle 22:00 — la situazione nella capitale resta instabile. Il premier Dbeibah ha elogiato l’efficacia dell’intervento delle forze di sicurezza, ribadendo l’impegno a imporre l’autorità statale.

L’uccisione di al-Kikli, figura centrale durante la difesa di Tripoli dall’assalto del generale Haftar nel 2019, ha scatenato la reazione immediata delle sue forze, con scontri che si sono estesi a diversi quartieri della città. Ma questa volta, a differenza di quanto avvenuto in passato, l’apparato militare governativo sembra aver imposto una linea chiara: ridimensionare l’autonomia delle milizie e consolidare le leve della sicurezza sotto un’unica catena di comando.

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