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Circolano le prime indiscrezioni sulla riunione fra il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Oggetto del summit, la consegna della bozza aggiornata di Recovery Plan con alcune modifiche apportate a margine del confronto con le forze di maggioranza. Però nonostante alcune migliorie “più che un piano organico, la bozza assomiglia a un collage di cose da fare, senza un’anima precisa e una visione”.

L’analisi di Mauro Magatti, sociologo ed economista parte dal rilevare “la fatica a vedere un’idea del Paese che si vuole costruire. Sono convinto che l’unico modo per mettere a frutto in maniera efficace la spinta propulsiva che arriverà dall’Europa sia legata a una progettualità a lungo termine”.

Quello che Magatti lamenta è la mancanza di “sinergia e di contatto con il mondo degli investitori privati: si spera che qualcosa si muova e che gli investimenti privati facessero da moltiplicatori al Recovery fund. È chiaro però che questo sottende a un progetto concreto, di ampio respiro”. Secondo il sociologo questo è indice di “una debolezza politica che riflette un governo in cui non c’è un’unità sostanziale d’intenti, ma un collante determinato dall’opportunità politica”. Posto che le risorse arrivino e ammesso che si giunga ad una decisione unitaria su come investire i fondi europei, c’è uno scoglio da superare che pare insormontabile: “La burocrazia”.

“Sappiamo benissimo che il governo e le forze politiche stanno discutendo senza grande costrutto da mesi su cosa inserire all’interno del Recovery Plan, mentre sappiamo che dovremo mettere mano, prima di tutto, a una struttura burocratica che attualmente non è in grado di garantire investimenti e procedure veloci”. Anche sull’istituzione della cabina di regia, a detta di Magatti, “le posizioni che si sono contrapposte non colgono il nodo centrale del problema. Infatti il premier Conte ha ragione a criticare la struttura burocratica. Aveva altrettanto ragione chi sosteneva che non aveva senso creare una struttura parallela per la governance del Recovery Fund”.

Tra queste due posizioni, analizza il sociologo, “non è emersa una posizione che aggredisse il problema: in tempi brevi occorre fare investimenti per evitare un crollo del Paese e per evitare che l’opportunità del Recovery Plan sfumi”. Dal momento che “anche l’Europa ha posto condizioni di efficienza nell’utilizzo ottimale di queste risorse”. Dunque la sintesi di Magatti è che non si debba “immaginare una sovrastruttura ma fare un ragionamento serio sull’amministrazione e muoversi nella direzione dell’efficientamento”.

Altro nodo da sciogliere, sul quale peraltro si gioca una porzione sostanziosa di stabilità per il governo è il ricorso al Meccanismo europeo di stabilità. Come è noto, visto come fumo negli occhi dal Movimento 5 Stelle. “La considerazione è che il Mes – analizza il docente – come peraltro una parte del Recovery, è costituito da fondi che andranno restituiti. Il tema è che noi ci siamo abituati a spendere male i fondi europei, indebitandoci. In questi anni infatti abbiamo usato le risorse dell’Ue per aumentare il debito a breve termine e soddisfare qualche appetito politico, accusando Germania e istituzioni sovranazionali di essere troppo severe nei nostri confronti”.

I 209 miliardi sono ‘L’occasione di Machiavelli’. “Avere tutte queste risorse per l’Italia è un’occasione enorme e irripetibile – ammette Magatti – . La cosa che mi mette più in ansia è che non vedo, nella classe politica, la capacità di cogliere la portata e il significato che questa occasione si porta in dote”. Anche perché, in questi giorni più che altro si parla di rimpasti, rimpastini e crisi di governo. Tra i politici che sicuramente stanno minando maggiormente la stabilità del Conte II c’è il leader di Italia Viva Matteo Renzi. Che, dice l’accademico, “adduce anche argomentazioni sensate. Peccato che siano quasi esclusivamente pro domo sua”. Quindi la concentrazione dovrebbe essere massima, secondo Magatti, nella costruzione di un progetto di investimento serio anche perché “se perdiamo questo treno, l’equilibrio pur precario dell’Italia in Europa rischia di crollare. E il Paese affonda”.

Dopo una gestazione neanche troppo protratta nel tempo, dopo il voto in Senato, è arrivato il via libera definitivo alla Manovra della quale il ministro Gualtieri è entusiasta. Eppure Magatti ridimensiona la prospettiva. “Nessuno ha la soluzione in tasca – ammette – ma sicuramente non si può neanche continuare a dire agli italiani che le cose vanno tutte bene. Il Pil è crollato e il numero di morti cresciuto in maniera vertiginosa. Questa è una manovra di compromesso. Ma occorre che la classe politica dica la verità, spiegando la gravità della situazione e che indichi un percorso incardinato su una programmazione del futuro, che vada oltre i limiti di una legislatura”.

Recovery Plan senza anima né visione. Magatti spiega perché

La mancanza di una visione strutturale, la politica inadatta e la debolezza del governo. Il sociologo ed economista Mauro Magatti spiega perché l’Italia non può permettersi di perdere l’opportunità del Recovery Fund. E il Mes? “Sono comunque soldi che vanno restituiti”

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