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“Saranno giorni duri, ma resisteremo”. C’è consapevolezza, forza, coraggio nelle parole che Joshua Wong ha pronunciato prima di essere riportato in cella con i suoi due compagni di detenzione dopo la condanna a 13 mesi e mezzo di reclusione inflitta per aver protestato, l’anno scorso, contro la dura repressione cinese, l’uso sproporzionato della forza da parte della polizia, gli abusi, le violenze, per difendere la libertà di Hong Kong e contro una legge sull’estradizione liberticida e pericolosa poi ritirata.

Ma c’è anche, in queste parole, un appello a tutta la comunità internazionale a non rinunciare alla battaglia per i diritti umani, il rispetto della legge, delle convenzioni, degli accordi come quello che nel ’97 fissò il principio di “una Cina, due sistemi” che dovrebbe valere per tutti almeno fino al 2047 e non unilateralmente violato anche con una inaccettabile repressione di ogni forma di dissenso.

Far sentire la voce forte e unita degli Stati nazionali democratici, dell’Europa, dell’Italia, contro violenze, abusi, torture, attacchi ai diritti civili, umani e alle libertà umane fondamentali, non è ingerenza: è un atto dovuto di civiltà, di responsabilità, di rispetto dei valori su cui si fonda la nostra Costituzione, il nostro vivere comune, il nostro ruolo nel mondo.

Nei mesi scorsi il Parlamento italiano si è mobilitato con mozioni e interrogazioni affinché su Hong Kong non calasse silenzio e indifferenza.

Questa mobilitazione va rilanciata, in Italia e in Europa, per vigilare sulle condizioni di detenzione degli oppositori politici di Pechino e perché, in merito all’autonomia e la salvaguardia dei diritti civili di Hong Kong, il Governo cinese non venga meno agli accordi internazionali sottoscritti.

La battaglia non è finita e al fianco di Joshua e di tutte le altre ragazze e ragazzi, le donne e gli uomini che si sono battuti per l’autonomia e la libertà e, anche all’interno di un carcere, continueranno a farlo, anche noi resisteremo.

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Di Valeria Fedeli

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