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Dalla riunione tenuta dal Majlis insieme al ministro per l’Intelligence Mahmoud Alavi per “indagare l’assassinio” dello scienziato a capo del programma (clandestino) nucleare militare iraniano, Mohsen Fakhrizade, esce la linea dura di Teheran – d’altronde i conservatori, e gli ultra-conservatori, detengono la maggioranza parlamentare dopo le elezioni di febbraio. Nel meeting a porte chiuse è stato deciso “a stragrande maggioranza” di mettere in moto una mozione che esorta il governo a discutere con “massima urgenza” un’espansione del programma nucleare del Paese – e d’altronde la decisione a stretto giro dopo l’attacco con cui un commando ha ucciso Fakhrizade nell’hinterland di Teheran non poteva portarsi dietro posizioni differenti.

Il testo appena approvato, chiamato Piano di azione strategica per la rimozione delle sanzioni, era stato presentato in Parlamento i primi di novembre. Tra le altre cose, il disegno di legge prevede che l’Organizzazione per l’energia atomica iraniana aumenti al 20 per cento e oltre il livello di arricchimento dell’uranio e sospenda l’applicazione del cosiddetto Protocollo addizionale degli accordi con l’Aiea. Una doppia mossa che porta la Repubblica islamica a violare ulteriormente i limiti imposti dal Jcpoa (l’accordo per il congelamento del nucleare iraniano raggiunto nel 2015, da cui gli Stati Uniti sono unilateralmente usciti nel 2018) e contemporaneamente limita le possibilità di condurre ispezioni nei siti nucleari sospetti all’agenzia internazionale delle Nazioni Unite.

Mentre il corpo dello scienziato ucciso è stato portato al santuario dell’ottavo imam sciita, Reza, nella città nord-orientale di Mashhad in attesa della sepoltura, che ci sarà domani al cimitero Behesht-Zahra (ma prima del rito sarà esposto anche nel santuario della sorella di Fatima Masoumeh, a Qom, e nel mausoleo dell’imam Khomeini a Teheran), i parlamentari dichiarano che “la miglior risposta” per vendicare (intanto) l’uccisione di Fakhrizade è rivitalizzare la nostra brillante industria nucleare mettendo fine all’applicazione volontaria del Protocollo addizionale ed evitare il regime di ispezioni dell’Aiea”. Una mossa preparata e non certo disattesa. Come attesa era l’aggiunta della denuncia al “regime sionista”, Israele, come autore della killing missioni che ha ucciso l’ingegnere.

Il presidente Hassan Rouhani, che vede la sua azione politica pragmatico-riformista schiacciata dai conservatori e minata da certi eventi, ha accusato anche lui lo stato ebraico di aver agito come “mercenario” per conto degli Stati Uniti. Una posizione che ha trovato l’avallo di Turchia e Oman. Ankara: “Condanniamo questo vile omicidio e porgiamo le nostre condoglianze al governo iraniano e a coloro che sono vicini al defunto […] La Turchia si oppone a qualsiasi iniziativa che cerchi di disturbare la pace nella regione ed è contraria a tutte le forme di terrorismo, indipendentemente dai suoi autori e dai suoi obiettivi”. Muscat: “Il Sultanato condanna questo atto, e tutto ciò che è incompatibile con le leggi divine, umane e internazionali”.

Posizioni critiche sono arrivate anche dall’Occidente. L’ex direttore della Cia, John Brennan: “Questo è stato un atto criminale e altamente sconsiderato. Rischia ritorsioni letali e un nuovo round di conflitto regionale. I leader iraniani farebbero bene ad aspettare il ritorno di una leadership americana responsabile sulla scena globale e a resistere all’impulso di rispondere contro i presunti colpevoli”. Un appello a Teheran che si allinea con un’analisi fatta su queste colonne da Annalisa Perteghella, che parlava della possibilità che l’Iran giochi la carta dell’attendismo aspettando l’insediamento di Joe Biden. Sotto questo punto di vista, l’annuncio parlamentare sulla “rivitalizzazione” del nucleare potrebbe essere una mossa più propagandistica che di sostanza.

Dal Regno Unito, il segretario di Stato Domenic Raab, ha parlato della vicenda a Sky News: “Vogliamo vedere una de-escalation delle tensioni”, ha detto prendendo una posizione simile al collega tedesco sulla richiesta di moderazione, e poi ha aggiunto: “Stiamo ancora aspettando di capire pienamente l’accaduto, ma direi che ci atteniamo al diritto umanitario internazionale che è chiaramente contrario all’uccisione di civili”. In realtà Fakhrizade probabilmente non era un civile: il ruolo di docente universitario di Fisica potrebbe essere stato semplice una copertura, mentre in realtà il suo vero incarico era essere il fulcro del programma segreto con cui gli ayatollah puntano all’atomica; per questo sembrerebbe che fosse inquadrato come alto ufficiale all’interno del corpo militare teocratico dei Pasdaran.

Anche alla luce di questa situazione non-ufficiale ma ben nota alle intelligence, e davanti alle continue accuse, da Israele è arrivata una prima reazione dura. Il ministro israeliano dell’Energia, Yuval Steinitz, ha detto alla rete televisiva Kan che chiunque sia stato l’autore dell’uccisione dell’ingegnere nucleare iraniano si è trattato di “un atto utile non solo a Israele, ma all’intera regione e al mondo”. Ancora più severo è stato il ministro dell’Intelligence, Eli Cohen, che ha risposto alla dichiarazione con cui l’Unione europea ha definito l’uccisione di Fakharizade “un atto criminale” che non rispetta il diritto internazionale. Sentito dalla Radio dell’Esercito, Cohen, membro del partito del premier Netanyahu, ha detto: “Invece di prendere una posizione chiara sulle sanzioni necessarie a garantire che l’Iran non ottenga un’arma nucleare, li vediamo di nuovo (la Ue, ndr) nascondere la testa nella sabbia”.

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