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“Ora abbiamo una road-map verso una soluzione complessiva della crisi, con la creazione di una nuova autorità esecutiva, rappresentativa di tutte le regioni della Libia, e un traguardo fissato al 24 dicembre 2021 in libere elezioni parlamentari e presidenziali nel Paese. Si tratta di sviluppi indubbiamente positivi, ed è importante che siano affiancati e sostenuti da analoghi avanzamenti nel campo della sicurezza”. Così il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha fotografato la situazione libica aprendo il Med Forum 2020, l’appuntamento annuale con cui l’Ispi analizza — attraverso ospiti di rilievo — il teatro geopolitico mediterraneo.

Nel quadrante la crisi libica non è solo il punto più infuocato sul piano dei combattimenti — che si sono fermati solo pochi mesi fa — ma anche il contesto in cui si dipanano apertamente le tensioni regionali. Da un lato, quello del governo onusiano di Tripoli, vediamo muoversi la Turchia nella sua forma più esplicita della proiezione internazionale: il mix di operazioni militari ibride in ambienti critici, con cui trasformare l’intervento a supporto di un lato in sfera d’influenza. Dall’altro lo schieramento composto da Egitto, Emirati Arabi (principali nemici intra-sunnismo della Turchia) e Russia, che hanno appoggiato le ambizioni dei ribelli orientali assiepati in Cirenaica dopo essere stati respinti dalla Tripolitania proprio a seguito dell’intervento turco. Su tutto, pesano come accennato le divisioni sull’interpretazione dell’Islam sunnita come altre crisi regionali, ad esempio quella nel Mediterraneo orientale (che vede coinvolta sempre la Turchia), o l’instabilità libica.

Sulla crisi libica “rimane essenziale conseguire l’obiettivo di assicurare l’unità, l’integrità e la sovranità del Paese, attraverso una soluzione politica complessiva dell’attuale impasse e a beneficio di tutta la popolazione libica”, ha aggiunto Di Maio. Il ministro italiano, che nel periodo del suo incarico si è recato diverse volte nel paese nordafricano dove l’Italia mantiene un proprio peso politico grazie anche alle relazioni costruite dall’Aise, ha sottolineato già come la stabilizzazione sia interesse nazionale italiano. Al Med2020 ha ricordato che “alla Comunità internazionale tutta resta l’obbligo di rispettare e proteggere da interferenze straniere e interne lo spazio di dialogo che i libici, anche grazie all’iniziativa di Unsmil (la missione Onu guidata dall’americana Stephanie Williams, ndr), sono riusciti a crearsi in questo cruciale passaggio. Ma è chiaro che per l’Italia la stabilizzazione della Libia e il ripristino dello stato di diritto su tutto il suo territorio riveste un’importanza assoluta e prioritaria”.

Sul dialogo libico oggi c’è un altro intervento interessante, quello dell’ex inviato speciale della Casa Bianca obamiana, Jonathan Winer, che intervistato da Agenzia Nova dice che il futuro segretario di Stato dell’amministrazione Biden, Tony Blinken, “favorirà il dialogo per garantire l’allineamento multilaterale quando l’allineamento multilaterale conta, come avviene in Libia”. Winer, tra coloro che hanno portato i libici a siglare l’accordo di Skhirat, l’intesa su cui si basa l’intero processo negoziale Onu e il Gna, aggiunge che “troppo tempo è stato speso cercando di affrontare le agende dei Paesi stranieri e non abbastanza tempo è stato utilizzato a lavorare per ottenere accordi tra i libici. L’attuale dialogo politico potrebbe riuscirci. Se così sarà, il lavoro di Nikolaj Mladenov (ex ministro degli Esteri bulgaro e attuale coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente, in predicato di passare alla guida di Unsmil. Ndr) sarà quello di garantire che le elezioni libiche si svolgano effettivamente il prossimo dicembre 2021”.

Una linea sovrapponibile a quella espressa da Di Maio, e questo significa che se la presidenza Biden e il segretario Blinken seguiranno le previsioni di Winer, l’Italia potrebbe trovare negli Usa una sponda in questi ultimi anni mancante. Sollecitato da Nova su una domanda specifica riguardo alla riapertura dell’ambasciata americana a Tripoli, Winer ha mostrato perplessità su ciò che l’italiano ha definito “il campo della sicurezza”. La vicenda dell’attacco al consolato di Bengasi è ancora una ferita aperta, nonostante siano passati otto anni. Winer considera la presenza di miliziani stranieri — che siano vettori di presenza come i siriani spiatati dai turchi o i professionisti russi della Wagner, oppur i sudanesi pagato dagli emiratini per costruire le prime linee haftariana — come la principale problematica di sicurezza nel paese. Anche in questo, Di Maio è stato già piuttosto chiaro col predecessore di Blinken, il segretario tutt’ora in carica, Mike Pompeo.

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