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Gli Stati Uniti avranno presto un’altra flotta destinata all’Indo-Pacifico, l’ambito geopolitico in cui si concentra il confronto con la Cina. Il Navy Secretary Kenneth Braithwaite, durante il Naval Submarine League’s annual symposium, ha annunciato l’intenzione strategica del Pentagono, che intende riattivare la Prima Flotta, un nuovo comando navale che si andrà a posizionare a cavallo dell’Oceano Indiano e Pacifico.

La AoR definisce già l’importanza che il comando avrà tra le operazioni statunitensi indirizzate a creare deterrenza militare per spingere il contenimento politico, economico, diplomatico di Pechino. E non a caso l’annuncio arriva a poco più di una settimana dalla fine dell’esercitazione “Malabar”, quest’anno condotta per la prima volta in modo congiunto tra tutti e quattro i poli del Quad, l’alleanza con India, Giappone, Australia che Washington vuole istituzionalizzare come platea di fondazione per la struttura di contenimento anti-Cina.

L’ambito operativo specifico andrà dalle acque del subcontinente indiano fino a quelle del Pacifico occidentale, dove si trovano le rotte cruciali della Malesia, dell’Indonesia, delle Filippine e degli arcipelaghi a nord dell’Australia. Un contrasto diretto alle ambizioni cinesi, che si muovono necessariamente attorno allo Stretto di Malacca, ambito talassocratico cruciale per l’India tanto quanto per la strutturazione dell’accordo Rcep.

L’enorme sistema di partnership commerciale che la Cina ha catalizzato è una mossa ad excludendum per gli Usa, su cui chiaramente Washington non vuole restare indietro. Sia per la sua importanza intrinseca (il valore economico-commerciale), sia per quella estrinseca, ossia modellare un ordine regionale alternativo a quello americano che il Partito/Stato vuole indurre a partire dall’intesa. Sfruttare la dimensione a Est di Malacca è il vettore principale su cui gli americani intendono esercitare un vantaggio.

La Cina non a caso sta creando la propria copertura per quell’area. Dopo Gibuti, la prima istallazione militare cinese extra-territoriale, è in arrivo infatti un bis a Gwadar, in Pakistan, e un’altra base è pronta in Cambogia. A questo punto, la Prima Flotta statunitense potrebbe essere basata a Singapore.

La città-Stato, che ha già aderito alla Via della Seta-americana chiedendo l’acquisto di uno squadrone di F-35 (il sistema aereo che traccia le alleanza strategiche statunitensi), ha capacità logistica perfetta. Posizionata tra i due oceani, su Malacca e gli altri stretti regionali, ha un vantaggio geografico rispetto alle altre potenziali basi: che siano Guam, Diego Garcia, o l’Australia.

La nuova flotta, come già faceva fino al 1973 (anno del suo smantellamento), opererà sotto l’IndoPaCom, che ha sede ad Aiea, vicino Honolulu nelle Hawaii, e che per ora ha una flotta designata, la Settima, basata a Yoksuka, in Giappone.

Per dare la dimensione a quanto le attività del comando dell’Indo-Pacifico siano nevralgiche per il futuro statunitense bastano alcune fotografie: coprono l’area occupata dalla più grande democrazia del mondo (l’India), dal Paese più popoloso (la Cina) e da quello con maggior numero di musulmani (l’Indonesia); nove dei dieci più grandi porti della terra si trovano in quel quadrante, tagliato dalle più importanti rotte commerciali del pianeta; ci sono cinque potenze nucleari, e cinque delle dieci forze armate più importanti.

La Prima Flotta sarà la seconda a essere riattivata recentemente, a dimostrazione di come per gli Stati Uniti i mari profondi sono tornati un concetto strategico prioritario. Due anni fa, infatti, la Seconda Flotta è stata rimessa in operazione, con base a Norfolk, in Virginia, e con l’obiettivo di tenere sotto controllo l’Artico e l’Atlantico del Nord, ambienti di elevato interesse sia per la Russia che per la Cina – anche in vista delle modifiche dell’habitat naturale che saranno imposte dai cambiamenti climatici (lo scioglimento dei ghiacci renderà più facilmente navigabili quelle rotte).

(Foto: Flickr, Us Indo-Pacific Command, il segretarioBraithwaite in visita a Pearl Harbor)

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