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L’avevano anticipato, dopo le elezioni presidenziali di novembre, a Formiche.net Lindsay Gorman, emerging technologies fellow presso l’Alliance for Securing Democracy al German Marshall Fund, e Brian Katulis, senior fellow del Center for American Progress. L’ha ribadito nei giorni scorsi, sempre in un’intervista al nostro giornale, Marta Dassù, direttrice di Aspenia e senior director of European Affairs presso The Aspen Institute. La linea statunitense sul 5G non subirà grandi variazioni nonostante il cambio alla Casa Bianca con l’uscita di Donald Trump e l’ingresso di Joe Biden.

È stato proprio il presidente a confermarlo. Ieri Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca, ha spiegato “le apparecchiature per le telecomunicazioni prodotte da fornitori non affidabili, tra cui Huawei, rappresentano una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e dei nostri alleati”. E ancora: “Faremo in modo che la rete di telecomunicazioni americana non utilizzi apparecchiature di fornitori non affidabili e lavoreremo con gli alleati per proteggere le loro reti di telecomunicazioni e faremo investimenti per rafforzare la produzione di apparecchiature per telecomunicazioni da parte di società di fiducia statunitensi e di alleati”.

Come agirà la nuova amministrazione contro la società cinese accusata di spionaggio degli 007 statunitense (e anche in Italia dal Copasir) però non è ancora chiaro. Il predecessore Trump aveva lanciato una campagna globale per convincere gli alleati a escluderla e l’aveva inserito in una blacklist commerciale. Ora c’è attesa per le mosse del nuovo segretario al Commercio: se confermata, Gina Raimondo, oggi governatrice del Rhode Island, ha promesso linea dura contro la Cina (c’è anche una questione personale: il padre Joseph perse il lavoro all’età di 56 anni quando l’azienda di orologeria per cui lavorava, Bulova, spostò la produzione in Cina chiedendo la fabbrica a Providence). Raimondo, però, ha rifiutato di impegnarsi a mantenere Huawei nella blacklist. Mercoledì prossimo la commissione Commercio del Senato deciderà se confermare la sua nomina o meno. La strada non sembra in salita, nonostante qualche contestazione tra i repubblicani per le parole su Huawei.

Ciò, però, non significa che Huawei possa tirare un sospiro di sollievo né per le sue attività negli Stati Uniti né per quelle nei Paesi alleati di Washington, a partire dall’Italia. Infatti, non svaniranno le preoccupazioni degli 007 statunitensi, che non mancheranno di ribadirle a tutta l’amministrazione.

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