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Chi impartirà la benedizione Urbi et Orbi dopo la fumata bianca e l’habemus papam? Assieme al mondo se lo chiede la bimillenaria coscienza della Chiesa, alla vigilia di un Conclave che abbraccia tutta la storia della gloria in excelsis Deo e il valore di vivere pienamente la fede nel presente, secondo il concetto filosofico latino: “Ultima semper est maxime momenti”, l’ultimo momento è sempre il più importante, intorno al quale spesso si sono sviluppate le riflessioni di Seneca.

Simbolo della tradizione e memoria dei travagli delle precedenti elezioni dei pontefici, il quarto Conclave Vaticano dall’inizio del XXI secolo ha già assunto la rilevanza di un epocale check up della dell’Ecclesia Universale. Una sorta di sismo-barometro fondamentale per scandagliare in profondità cosa muove le aspirazioni e le speranze del mosaico delle oltre 2900 Diocesi sparse in tutto il mondo, ma anche per vedere in anticipo il sole o le nuvole, i temporali, le tempeste oppure gli arcobaleni che si scorgono all’orizzonte.

Un Conclave che è la summa dell’esercito invisibile del papato, molto più numeroso del miliardo e 406 milioni di cattolici ufficialmente censito. Una cospicua moltitudine della popolazione mondiale, animata dalla mistica intensità del proprio credo religioso ed in stato di mobilitazione permanente che preoccupava Stalin. “Quante divisioni ha il Papa?” arrivò a chiedere il dittatore sovietico dubitando del ruolo e dell’autorità spirituale internazionale del pontefice.

La risposta la diede San Giovanni XXIII a Nikita Krusciov il nuovo segretario del Pcus, che nel frattempo aveva denunciato i terribili crimini del predecessore. Con la sola “religious suasion”, papa Roncalli convinse in extremis i russi e il primo presidente cattolico degli Stati Uniti, John Kennedy, a non scatenare la prima ed ultima guerra nucleare ed a ripercorrere la via della pace.

Mentre un altro papa proclamato Santo, il polacco Giovanni Paolo II, con una sola frase “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!” ha destabilizzato il comunismo russo fino a provocarne il crollo ed appena 10 giorni addietro l’impalpabile e commovente “pope power” di Jorge Mario Bergoglio ha fatto convergere a Piazza San Pietro tutti i potenti, capi di Stato, leader, re regine della Terra, per i funerali di un Pontefice umile e anticonformista ma già venerato come Santo.

Quanto è lunga la strada dell’impegno ecumenico unitario della Chiesa Cattolica? Si chiedeva nel 1995 l’enciclica Ut unum sint di Karol Wojtyła. A 30 anni di distanza, è una delle principali risposte che si attendono dal 112° Conclave che si riunisce dal 1058, da quando l’elezione dei Pontefici è prerogativa del Collegio dei Cardinali.

Una risposta che è direttamente proporzionale al numero degli scrutini che si susseguiranno prima di liberare la fumata bianca nel cielo di Roma e del mondo. Le ore o i giorni misureranno nel tabernacolo del Conclave lo stato di salute e l’unità della Chiesa.

Le altre risposte riguardano la volontà e la precedenza che verrà data dal 267° successore dell’Apostolo Pietro nell’armonizzare, con un saggio mix di novità nella continuità, l’Ecclesia all’evoluzione tecnologica, scientifica e sociale dell’umanità.

Per non parlare dei nodi che prima o poi dovranno essere sciolti, a cominciare dall’abolizione del celibato e dall’ordinazione sacerdotale delle donne. Riforme epocali che bussano da decenni alle porte delle comunità ecclesiali, destinate a rivificare l’essenza del credo religioso presso i fedeli e l’opinione pubblica mondiale ed a marcare ulteriormente la differenza culturale ed esistenziali con altre religioni che non concepiscono la parità uomo donna e predicano la guerra, accrescendo il carisma del primato e del prestigio del papato.

La scelta di un Papa “fuori sincrono” o peggio inadeguato, vanificherebbe tutti gli sforzi per non incrinare il delicato equilibrio fra vita consacrata, secolarizzazione, agnosticismo e contesto sociale ed azzererebbe il notevole recupero di popolarità e l’incisività dei 12 anni di Pontificato di Francesco.

A distanza di duemila anni l’intrinseco valore spirituale del messaggio e dell’esempio di Gesù Cristo sono rimasti inalterati, ma sono radicalmente cambiati i destinatari.

Il “Christus vincit, Christus regnat” o il “Magnificat”, che solennizzano l’annuncio cristiano, pervadono ora le ultime generazioni di un’amanita globalizzata culturalmente e tecnologicamente evoluta, distante anni luce dall’oscurantismo medievale e dal dogmatismo dell’infallibilità ex cathedra.

Un messaggio cristiano mai come ora attuale nel contesto di conflitti e disumanità che stravolgono il pianeta, ma che presuppone l’adeguamento delle capacità di testimoniarlo da parte dei “portavoce ed interpreti “ ecclesiali: ordini religiosi, Sacerdoti, Vescovi, Cardinali e Pontefici, dottrinariamente e gerarchicamente ancorati a strutture vaticane e ad una ritualità liturgica e cerimoniale pluri secolari.

Un adeguamento delicatissimo e graduale, da avviare e proseguire costantemente con infinita e misericordiosa pazienza, come aveva iniziato a fare papa Francesco destrutturando la Curia, le Diocesi le nomine episcopali e dei Porporati. Una profezia rimasta incompiuta. Scenari ben presenti nella Cappella Sistina, dove assieme all’affresco di Michelangelo sul giudizio universale sono raffigurate le genesi bibliche e della vita di Cristo, dalla storia di Mosè, al discorso della montagna, all’ultima cena, alla resurrezione.

Scenari possenti che prospettano al Conclave non solo la capacità ma la possibilità con una scossa spirituale di imprimere una svolta esponenziale alla Chiesa, congiurando la desertificazione delle Parrocchie e delle Basiliche dove, soprattutto in occidente, si entra sempre più sovente soltanto per battesimi, matrimoni e funerali.

Un crollo verticale della religione che comporta il rischio di come il mondo sconvolto dalle guerre e obnubilato dal web, possa chiedersi se è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa.

Senza trovare sufficienti risposte nelle parole di un papa appena eletto da un Conclave che non è riuscito ad aprire il tabernacolo dello Spirito Santo della Cappella Sistina.

Vi racconto il tabernacolo del Conclave che custodisce il futuro della Chiesa

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